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Cinema

“Il cinema italiano è morto con Pasolini”

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“Il cinema italiano è morto con Pier Paolo Pasolini”, lo dice Pasquale Squitieri nel corso del convegno a lui dedicato, alla Sala Fellini di Cinecittà, da Primo Piano sull’autore, la rassegna di cinema italiano che si sta svolgendo tra Roma e Spoleto. “Sono sempre stato un regista scomodo – ha proseguito Squitieri – non acclamato per il mio valore ma per i temi scottanti affrontati nei miei film. Sono stato perseguitato dall’invidia, ma nonostante le aggressioni e il carcere ho realizzato ben 24 opere. Ora sto preparando un film sullo scultore e disegnatore napoletano Vincenzo Gemito. Non mi arrendo”. E Squitieri ricorda un suo incontro con Fidel Castro e quando presentò Il prefetto di ferro ai presidenti Carter e Gorbaciov. “Regista fuori del coro, anticonformista per le tematiche scelte, la seduta del suo cinema non è mai accomodante ma genera il dubbio”, sottolinea la scrittrice Silvia Contini.

L’esperienza forte e decisiva sul suo set è restituita dalle testimonianze di Ottavia Fusco Squitieri – attrice teatrale e cantante, moglie del regista – di Lino Capolicchio, Enrico Lo Verso, Leopoldo Mastelloni. Claudia Cardinale ricorda un sodalizio artistico durato 40 anni, “grazie a Pasquale ho interpretato personaggi di donne forti in Atto di dolore, I guappi, Il prefetto di ferro, Claretta”.
Il critico Valerio Caprara legge la lettera a lui indirizzata e scritta da Pasquale Squitieri il 5 agosto 1981 quando si ritrovò all’improvviso in carcere. “Vivo con amarezza questa situazione – scrive – l’articolo che hai scritto su di me sul ‘Mattino’ e la tua solidarietà mi ha aiutato. Vivo una realtà d’isolamento ma non intendo sfuggire. Sto affrontando un’accurata persecuzione e il vostro appoggio mi sta aiutando a non affondare”. A completare il convegno sono stati proiettati Piazzale Loreto (2006) e L’altro Adamo (2014).

Giovani registi, attori, produttori e distributori del nostro cinema – Alberto Caviglia, Piero Messina, Toni Trupia, Marco Danieli, Ilaria Borrelli, Enrico Maria Artale, Alessio Di Cosimo, Valentina Petrella, Lorenzo Corvino, Fabrizio Maria Cortese,  Massimo Righetti, Elena Tenga, Kassim Yassin Saleh, Mario Lucarelli, Marie Loche – erano presenti all’incontro “Tradizione e modernità: 8½ incontra i protagonisti del nuovo cinema italiano”, promosso e organizzato dalla rivista edita da Luce Cinecittà, moderato da Marco Spagnoli e coordinato da Francesca Piggianelli.
Per il regista Adriano Valerio (Banat) il rischio dei nostri cineasti è quello di prodotti uguali, omologhi per adeguarsi alle regole del mercato, per autocensura. “La mia opera prima anomala e di rottura è stata vista da pochi per colpa delle dinamiche distributive – afferma Alberto Caviglia (Pecore in erba) – E’ stata sopravvalutata la presenza del film alla Mostra di Venezia e non si è investito nella promozione”.
Per Marco Danieli (La ragazza del mondo), dopo tante difficoltà produttive l’esordio alla regia è stato un miracolo, ma non tutte le colpe sono del sistema distributivo. “Il pubblico del cinema di qualità è andato sempre più diminuendo, si è spostato sulla serialità televisiva eccellente, e il cinema d’autore è divenuto uno spazio elitario. Lo spettatore è sempre più abituato alla narrazione delle serie tv”.

Per Antonio Manca, cosceneggiatore de La ragazza del mondo, la serialità televisiva rappresenta una grande opportunità per i registi di cinema. Anche Enrico Maria Artale (Il terzo tempo) è convinto che il cinema d’autore non abbia più il pubblico di un tempo, “si dovrà rivedere il piano finanziario, sapendo che la serialità è un mondo in crescita”.
Piero Messina (L’attesa) aggiunge che il pericolo dell’omologazione è presente anche nel cinema d’autore e comunque un autore può scrivere una sceneggiatura di una serie tv e non firmare la regia, e viceversa. Ilaria Borrelli (Talking to the Trees uscirà il 17 novembre) sottolinea come per una donna sia difficile realizzare un film perché la discriminazione di genere è forte. Infine per Toni Trupia il nostro cinema d’autore è abituato a guardarsi allo specchio e forse il cinema in generale non ha più il peso specifico di un tempo

In chiusura della giornata Franco Mariotti, direttore artistico della Rassegna ha affermato: “Il terremoto ci ha costretto a spostare l’atto inaugurale della Rassegna 2016 a Roma. E’, però, fuori discussione che il resto degli eventi si terranno a Spoleto, non appena le condizioni lo consentiranno. Non abbiamo dubbi che Spoleto sarà, a lungo, la casa di Primo Piano sull’Autore.”   L’assessore alla Cultura e al Turismo di Spoleto, Camilla Laureti, ha consegnato a Pasquale Squitieri e a Claudia Cardinale la targa onorifica della città di Spoleto e ha dichiarato: “La rassegna e gli incontri con registi e studenti si svolgeranno molto presto nella nostra città presso la Sala Pegasus e la Sala Frau. Siamo molto soddisfatti che Primo Piano quest’anno si svolga a Spoleto dopo anni ad Assisi”. (fonte: Cinecittà news)

Cinema

Arriva in sala “Un altro ferragosto”

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Arriva in sala dal 7 marzo l’attesissimo sequel di Ferie di agosto. Paolo Virzì omaggia Natoli e Fantastichini nell’affollato cast che riunisce gli attori dell’epoca (Silvio Orlando, Sabrina Ferilli, Laura Morante, Paola Tiziana Cruciani, Gigio Alberti) con le new entry Christian De Sica, Andrea Carpenzano, Vinicio Marchioni, Emanuela Fanelli e Anna Ferraiol Ravel)

“Un Altro Ferragosto” di Paolo Virzì

I Molino e i Mazzalupi. Alzi la mano chi non ricordi i cognomi delle due famiglie agli antipodi che si fronteggiavano a Ventotene in “Ferie d’agosto“, il film di culto di Paolo Virzì che fotografava alla perfezione due stili di vita e due concezioni d’Italia datate 1996.

A distanza di 28 anni e a furor di popolo cinefilo rieccole ancora insieme in Una altro ferragosto, l’attesissimo sequel diretto dal regista livornese e dal quale mancano Piero Natoli ed Ennio Fantastichini (ma nel film appaiono in foto e in qualche nostalgica sequenza del primo film) nel frattempo prematuramente scomparsi. Cast affollatissimo (le new entry sono Christian De Sica, Andrea Carpenzano, Vinicio Marchioni, Emanuela Fanelli, Anna Ferraiol Ravel) e stessa location, con l’isola laziale in fermento per il matrimonio di Sabry Mazzalupi, la goffa figlia del bottegaio romano Ruggero, diventata una celebrità del web e promessa sposa ad un volgare speculatore tecnologico.

Mentre il vecchio giornalista dell’Unità, Sandro Molino (Silvio Orlando) rivede dopo anni il figlio, un 26enne imprenditore digitale che ritorna dall’America col marito fotomodello proprio mentre l’Alzheimer inizia a dare segnali preoccupanti. Due tribù di villeggianti in bilico tra passato, presente e futuro con le storie e la Storia d’Italia a darsi simbolicamente la mano in un trapasso generazionale non sempre convincente per toni e scrittura. E il senso della morte, incombente, a tramandare quel bisogno d’affetto e di condivisione che regola tutti i personaggi di “Un altro ferragosto“.

“Mi sono interrogato sul senso misterioso di aver finalmente deciso solo ora di girare questo sequel” dice Virzì che ha presentato il film proprio in occasione del suo 60mo compleanno. “Piero Natoli subito dopo il primo film voleva farne un altro ma a me sembrava una furbata. Gli promisi che comunque lo avremmo girato negli anni ed eccomi qui. Ho costruito sul lutto di due amici indimenticabili un romanzo d’appendice dell’800 che mescola vicende familiari e politiche”. “Il film si è scritto con la collaborazione di tutti gli attori che in tutto questo tempo hanno pensato a che fine avessero fatto i loro personaggi” continua il regista. “Un altro ferragosto è un bilancio amaro sul tempo che passa inesorabilmente e che dimostra che la maturità non sempre arriva con l’avanzare dell’età che anzi rende più fragili. Scrivendolo- con Francesco Bruni e Carlo Virzì– ho riflettuto sulla mia vita e sul mio tempo. Credo sia un miracolo che io sia ancora vivo a 60 anni, non me lo sarei mai aspettato” scherza ma non troppo Virzì.

Differenze con Ferie d’agosto? “Quello era un film di passioni e sentimenti, di emozioni più che di tecnica. Dopo 28 anni credo di aver imparato la grammatica cinematografica e questo è un film girato in modo completamente diverso. Con Ventotene e il suo passato (nel film si ricorda che nell’isola, tra il 1932 e il 1943 furono costretti al confino 1000 oppositori che redassero il manifesto per l’Europa libera e unita) protagoniste e simbolo di quella convivenza civile del dopoguerra che dialoga coi nostri tempi dove la democrazia è in crisi e i nazionalismi avanzano”.

Ma le utopie della sinistra sono definitivamente franate, chiede qualcuno in riferimento al finale amaro del film. “Nel racconto ostinato di Sandro Molina a Tito, il nipotino di 10 anni che dimostra di recepirlo, forse c’è la speranza che non tutto sia perduto. Chissà, forse sarà lui in futuro il nuovo leader della sinistra…” .

Prodotto da Lotus Production e RaiCinema, Un altro ferragosto uscirà il 7 marzo distribuito da 01 in più di 400 copie.

Claudio Fontanin (Fonte: Cinemaitaliano.info)
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Cinema

L’85% degli under 24 in sala negli ultimi 3 mesi

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La generazione Z artefice del ritorno di fiamma tra italiani e cinema: oltre 6 italiani su 10 ci sono infatti andati almeno una volta negli ultimi 3 mesi, ma la percentuale si impenna oltre l’85% se si considerano i ragazzi tra i 18 e i 24 anni e oltre il 75% per le persone tra i 25 e i 34 anni. Particolarmente rilevante anche il pubblico dei “Boomers”. Tra i segreti del successo, l’investimento sulla stagione estiva.

CINEMA - L’85% degli under 24 in sala negli ultimi 3 mesi

La nuova luna di miele tra italiani e cinema si celebra nel segno della Generazione Z: se infatti nel 2023 si è registrato un boom di spettatori nelle sale (+60% sul 2022*), con presenze superiori persino al periodo pre-Covid, molto si deve ai giovanissimi. Oltre 6 italiani su 10 sono infatti andati al cinema almeno una volta negli ultimi 3 mesi, ma la percentuale si impenna oltre l’85% se si considerano i ragazzi tra i 18 e i 24 anni e oltre il 75% per le persone tra i 25 e i 34 anni. A rilevarlo, alla vigilia della notte degli Oscar, è l’istituto di ricerca Eumetra, che ha realizzato un’indagine qualitativa sul “nuovo spettatore”, analizzando anche le possibili cause che hanno riportato in auge una forma di intrattenimento che molti consideravano in via di estinzione.

Chi pensava che il cinema avrebbe finito per soccombere sotto la scure della pandemia e delle piattaforme di streaming deve dunque ricredersi. Il cinema” – ha commentato Matteo Lucchi, CEO di Eumetra – “è ancora un’esperienza a cui gli italiani non vogliono rinunciare e che, come testimoniato dalla nostra analisi, sta facendo breccia soprattutto tra i ragazzi, ma non solo. Ci sono diversi tipi di spettatore a cui l’industria cinematografica deve e può rivolgersi. Questa ripresa rappresenta non solo un’ottima notizia per i player del settore, ma anche un’opportunità per gli investitori pubblicitari interessati a raggiungere un determinato target“.

Se è vero infatti, secondo quanto evidenzia la ricerca Eumetra, che la frequentazione delle sale diminuisce progressivamente all’aumentare dell’età – tra i 35 e i 44 anni ci va il 66,5% delle persone, tra i 45 e i 54 anni il 61,4%, tra i 55 e i 64 anni il 60,5% e infine tra gli over 64 il 55% – è altrettanto vero che esiste una fetta consistente di aficionados cinefili “maturi”: un quarto circa dei cosiddetti Boomers frequenta le sale cinematografiche con grande regolarità, rappresentando un segmento di pubblico di grande rilevanza.

Ma, al di là dei distinguo generazionali, cosa ha concretamente riportato gli italiani al cinema? Secondo l’analisi dell’istituto di ricerca sono numerosi i fattori che hanno portato a questi risultati: tra questi, l’iniziativa Cinema Revolution, promossa dal Ministero della Cultura e da tutte le componenti del comparto cinematografico, che prevede il prezzo ridotto del biglietto per un certo periodo di tempo e che, nel solo periodo giugno-settembre 2023, ha portato un milione e mezzo di presenze (+36,67% sullo stesso periodo 2022) in sala, di cui 1,1 milioni per i soli film nazionali. A questo si aggiunge che, per la prima volta nel 2023, si è scelto di investire sulla programmazione estiva, con sale aperte e uscita di titoli particolarmente attesi – tra luglio e agosto sono usciti due titoli particolarmente attesi come “Barbie” e “Oppenheime“r – che ha fatto scoprire (o riscoprire) agli italiani il gusto del cinema anche in vacanza. Nel corso di tutto l’anno, è inoltre stata introdotta un’ottimizzazione da parte della distribuzione dell’uscita dei film, non solo attraverso la creazione di veri appuntamenti al rilascio dei titoli più importanti della stagione (da ultimo, “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi), ma anche con un’offerta diversificata in funzione delle diverse tipologie di pubblico. Infine, non da ultimo, sono state adottate strategie di prezzo incentivanti in alcune sale.

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Cinema

Margherita Hack raccontata in “Margherita delle stelle”

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Margherita delle stelle è il titolo del film, per la regia di Giulio Base, che ha come protagonista Cristiana Capotondi nel ruolo di Margherita Hack. Il film evento, in onda il 5 marzo su Rai1, rende omaggio alla celebre astrofisica, morta il 29 giugno del 2013, e rinominata “l’amica delle stelle”.

Il film racconta in modo emozionante e suggestivo la straordinaria vita e carriera di Margherita Hack. Partendo dalla sua infanzia, esplora gli anni di giovinezza in cui viveva come una ragazza libera e anticonformista, per poi seguire il suo percorso accademico fino a diventare la prima donna a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste.

Membro anche dell’Accademia dei Lincei, dell’Unione Internazionale Astronomi e della Royal Astronomical Society, Margherita Hack è stata compianta in tutto il mondo dopo la sua scomparsa, quando si è scoperto dei problemi cardiaci nuovamente aggravati che sono stati la causa della morte.

Margherita Hack: la causa della morte dell’astrofisica

La vita di Margherita Hack è per lo più conosciuta, ora anche grazie al film Margherita delle stelle con Cristiana Capotondi. La vera causa della morte dell’astrofisica, tuttavia, non è così nota.

Da tempo, infatti, erano conosciuti i problemi cardiaci che l’affliggevano, anche se per un notevole lasso di tempo le sue condizioni di salute sembravano migliorate. In realtà, nella settimana precedente alla sua dipartita, Margherita Hack era stata ricoverata d’urgenza a Trieste.

La notizia del decesso dell’astrofisica è arrivata il 29 giugno 2013, con una nota del marito di una vita Aldo della Rosa, con cui è stata sposata per 70 anni. La causa della morte è quindi da ricondurre alla condizione cardiaca di cui soffriva da tempo.

Margherita Hack, tuttavia, ha sempre affermato di non aver paura della morte: ne è riprova la sua scelta, poco tempo prima, di rifiutare un intervento al cuore rischioso ma che avrebbe potuto migliorare in parte la sua condizione. In un’intervista a Il Piccolo aveva spiegato:

“L’intervento poteva essere risolutivo, ma presentava anche dei rischi: l’idea mi è venuta di notte, semplicemente. Mi sono resa conto che in ospedale mi mancavano la mia attività, mio marito, i miei animali e tutte quelle comodità, privacy compresa, che in ospedale non ci sono. Una vita a metà. Qui a casa, magari al rallentatore, ma faccio le cose normali. E allora, ho pensato: un’operazione a rischio, un’altra degenza e poi una lunga convalescenza? No, come va, va. Meglio un giorno da leoni”.

 

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