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Eventi

Emanuele Fonte, premio di giornalismo

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Non conoscevo Emanuele Fonte, apparteneva a una generazione che, probabilmente, oggi potremmo definire dei bisnonni. Eppure quando ne ho sentito parlare per la prima volta mi è stato detto che era un importante giornalista che si occupava da tanti anni della nostra città, Enna. Allora ho chiesto informazioni a mio zio, Ivan Scinardo, che anche lui ha fatto per tanti anni il giornalista come direttore dell’unica emittente della città, Tele Enna. Ecco la mia intervista su Emanuele Fonte:

Zio chi era Emanuele Fonte?

caro Stefano, con questa domanda accendi un ricordo in me che mi fa commuovere e mi riporta indietro di 30 anni, quando giovane adolescente, sentivo forte la passione per la cronaca e il giornalismo.

Come hai iniziato la tua carriera e quando hai conosciuto Emanuele Fonte?

Ho iniziato a 16 anni, leggendo i notiziari in una delle più importanti radio della Sicia, Radio Express. Ogni giorno andavo, in via Rosso di San Secondo, nella zona mulino a vento di Enna alta e dedicavo gran parte della mia giornata a scrivere articoli e andare in onda con i radiogiornali. Mi colpì molto una frase del direttore della radio, Salvatore La Placa che mi disse: “la tua fonte di notizie è “Fonte”. A me sembrò uno scioglilingua ma poi capii quando, per la prima volta mi venne detto di andare a casa di Emanuele Fonte, nei pressi del Tribunale, per prendere le “veline”. Non sono le attuali ballerine di Striscia la notizia, caro Stefano, ma la copia in carta velina di una matrice di articoli che Fonte, spediva con il “fuori sacco” busta singola tutti i giorni alle 14 dalla Sais alla redazione del quotidiano “La Sicilia” di Catania.

Quando hai conosciuto Fonte per la prima volta che impressione hai avuto?

Devo confessarti che quando suonai al citofono della sua abitazione, lui si affacciò da una veranda, e con voce burbera e robusta mi disse, “cu si tu”? Io risposi che ero di Radio Express. Allora lui mi aprì il portone, feci una rampa di scale e senza salutarmi mi scaraventò fra le braccia una risma di carta velina. Erano gli articoli del giorno, che sarebbero stati pubblicati l’indomani. Pensa che privilegio avere fra le mani notizie che nessuno aveva ancora letto.

A quel punto cosa hai fatto?

Devo dirti che l’emozione era grande; ho fatto la strada a piedi, tutta in salita fino alla sede della radio, leggendo e divorando ogni pagina, ancora sporca di inchiostro. Fonte usava 2 fogli, l’originale su cui scriveva con quella straordinaria macchina “lettera 22”, che fu uno dei prodotti di maggior successo della Olivetti negli anni cinquanta, poi metteva fra i due fogli la carta carbone, e quindi il secondo foglio di carta velina. Era così leggera che a volte si faceva tanta fatica a leggere l’articolo.

Cosa ti colpì subito di quest’uomo?

Intanto le mani; aveva i polpastrelli sporchi di nero proprio per l’uso della carta carbone, poi il suo carattere un pò burbero e scontroso. Ma ero molto affascinato dalla sua persona; aprivo il giornale La Sicilia, (probabilmente lui ha battuto il record assoluto di articoli pubblicati), mi saltava agli occhi sempre la sua firma.

Forse zio la tua passione per il giornalismo è nata anche da questo?

Si Stefano, avevo tanta voglia di imitarlo e di diventare famoso come lui. Ricordo che iniziai a seguire i primi consigli comunali e mi proposi come collaboratore del Giornale di Sicilia. Allora vendeva pochissime copie a Enna ed era raro vederlo in giro; tutti leggevano La Sicilia. Ma come tutte le sfide che mi sono imposto nella mia vita, diventai un suo “concorrente” nel senso buono del termine, e quindi il primo collaboratore del corrispondente del quotidiano di Palermo, Flavio Guzzone.

Parlami di lui e del rapporto che aveva con Emanuele Fonte.

Guzzone e Fonte erano molto legati; erano prima di tutto grandi amici. A volte si scontravano ma la loro intesa, fatta di confronti e di scambio delle informazioni era per me una grande occasione di crescita. Entrambi mi accolsero, io allora quasi diciottenne, preferivo stare con loro, al tavolo della stampa, a sala Euno, dove si svolgeva il consiglio comunale ennese, anziché uscire con i miei coetanei. Mi sentivo un piccolo principe fra due re dell’informazione. Un privilegiato!

C’è un episodio che ti ha colpito mentre lavoravi con Emanuele Fonte?

Ci sono tante situazioni da raccontare ma una in particolare è rimasta nei miei ricordi e quando ci penso rido ancora; ci avevano convocati per una conferenza stampa al commissariato di Polizia di Piazza Armerina, nella notte avevano fatto degli arresti per droga. Lo “ziù Manuele”, lo chiamavamo tutti così, andava sempre di persona con la sua mitica 128 bianca. La macchina lo identificava anche perché ha avuto solo quella. Lo conoscevano tutti; ci presentammo all’ingresso del commissariato e Fonte, con il suo fare sicuro, andò dritto verso le stanze; fu bloccato dal piantone di Polizia che non lo riconobbe e pensando fosse un intruso, lo accompagnò fuori. Lui si offese, si mise in macchina e borbottando se ne tornò a Enna. Il commissario in persona prese una pattuglia e si mise a inseguire Fonte, che già era arrivato ai boschi della Bellia. Lo supplicarono di tornare anche perché lui minacciò di non pubblicare nulla. Alla fine si fece pregare come un bambino, nel senso più tenero del termine e la conferenza stampa iniziò con un’ora di ritardo.

Zio parlami di più sul tuo rapporto con lui

Dopo una lunga fase di accettazione, mi ha voluto bene come un nipote. Mi telefonava per passarmi le notizie; io impazzivo perché lui le aveva sempre in anteprima, grazie alla sua numerosa e fitta rete di informatori sparsi in tutta la provincia. Anni e anni di conoscenze che solo un cronista di razza come lui poteva coltivare a mantenere in rete. A volte sapeva le cose prima della Polizia e dei Carabineri. Spesso andavamo insieme, da bravi cronisti, sulla scena di un delitto e ci dividevamo le persone da intervistare, tanto scrivevamo per giornali diversi e potevamo passarci le informazioni. La mattina ci ritrovavamo io, lui e Guzzone davanti la caserma dei Carabinieri, spulciavamo il mattinale delle ultime 24 ore di ciò che era accaduto in provincia. Poi insieme andavamo al pronto soccorso anche qui a raccogliere notizie, quindi al Tribunale per la cronaca giudiziaria e chiudevamo il giro con la Prefettura – Questura, dove poi Fonte si ritirava nella sua stanza in per scrivere. Fare questo giro ogni mattina e per tanti anni ci portò ad una unione e condivisione lavorativa e professionale ormai rare nel nostro mestiere.

Zio dobbiamo chiudere questa intervista, come ultima domanda ti chiedo quale il ricordo più caro che conservi di Emanuele Fonte?

Ci sono tanti ricordi, ma uno in particolare lo conservo gelosamente perché riuscii con urgenza a fargli fare una visita all’Oasi di Troina, dove lavoravo come capo ufficio stampa, da un mio caro amico oculista, Alessandro Zagami. Negli anni Fonte era peggiorato nella vista a causa delle lunghe ore trascorse sulla macchina da scrivere. Qualcuno addirittura gli consigliò di fare causa al giornale per cui lavorava, ma come tutte le persone nobili d’animo, la vertenza all’editore Ciancio la considerava come una mancanza di rispetto. Il verdetto della visita fu impietoso, con la sua vista era a un punto di non ritorno. Questo mi fece molto male e mi legai ancora di più a lui. Poi purtroppo ci siamo persi di vista perché andai a lavorare dopo Troina a Catania e a Palermo, e seppi della sua dipartita.

Caro Stefano voglio concludere questa carrellata di ricordi dicendoti che per me Fonte è stato davvero una Fonte di grande ispirazione e di crescita professionale. Gli articoli pubblicati, che ogni anno faceva rilegare in dei libroni, rimangono la testimonianza viva di un giornalista straordinario, che aveva fatto della cronaca la sua ragione di vita, con uno sguardo di grande umanità che solo lui riusciva ad avere.

Grazie Stefano, grazie alla tua insegnate per questa opportunità che mi avete regalato di ricordare Emanuele Fonte.

 

Cinema

Giancarlo Giannini e le sue invenzioni

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Giancarlo Giannini e le sue invenzioni infiammano il pubblico del Teatro Doglio di Cagliari. Protagonista di Sardegna Mediterranea – L’isola del Genio e dell’Ingegno, evento promosso dalla Fondazione Mont’e Prama con la Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine, l’attore ha ripercorso la sua carriera cinematografica, lunga 70 anni, attraverso una serie di aneddoti e racconti legati proprio alle sue invenzioni. Del resto, ammette Giannini, “sono arrivato alla recitazione per caso, da sempre la mia passione è stata l’elettronica, sono un perito elettronico industriale. Noi abbiamo uno strumento straordinario, le mani, e grazie a queste mani, posso svolgere tantissime attività. Mi conoscete tutti come attore e doppiatore, ma io sono anche un falegname, un fabbro. Visto che di mani parliamo, sono anche uno straordinario cuoco”.

Giancarlo Giannini

Una delle invenzioni più famose di Giancarlo Giannini è stata una giacca speciale che costruì per Robin Williams nel film Toys, il film di Barry Levinson del 1992: “Una giacca parlante, capace di emettere suoni e di parlare 6 lingue, compreso il giapponese. Me la chiesero i produttori americani. Per realizzarla lavorai 6 giorni e 6 notti, senza sosta. La caratteristica speciale è che tutto l’impianto, con le luci, doveva essere esterno, perché il pubblico doveva vedere che si trattava di un oggetto speciale”.

Intervistato da Ivan Scinardo, Giornalista e Direttore della Sede Sicilia del Centro Sperimentale di Cinematografia, Giancarlo Giannini ha ripercorso alcune tappe fondamentali della sua carriera. Dal debutto al cinema, nel 1965, ha interpretato oltre 150 film, ottenendo anche una nomination all’Oscar, fino al riconoscimento sulla Walk of Fame, l’unico attore italiano insieme a Rodolfo Valentino.

Ivan Scinardo, Giornalista, Direttore della Sede Sicilia del Centro Sperimentale di Cinematografia

Si emoziona quando sullo schermo viene proiettata la foto insieme alla regista Lina Wertmüller: “Lei era quella brava, era grandissima, le devo tutto. Aveva una visione unica sulle cose del mondo, sulla vita, sul cinema”. E il pensiero ritorna indietro, al 1974, a quella scena memorabile girata insieme a Mariangela Melato in una Sardegna selvaggia, la spiaggia di Cala Fuili, in quella pellicola che è entrata a pieno diritto nella storia del cinema mondiale: “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto”.

Giannini ha recitato anche in Hannibal, il film diretto da Ridley Scott nel 2001, appartenente alla saga de Il silenzio degli innocenti, ispirato ai romanzi di Thomas Harris. Nella pellicola interpreta il ruolo del commissario Rinaldo Pazzi. Altre scene memorabili, come il dialogo serrato con Anthony Hopkins (Hannibal Lecter): “Lui è un attore pazzesco, dalla punta dei piedi fino all’ultimo capello della testa. Lavorare con lui ha significato imparare tante cose. Guardavo come si muoveva, come parlava, scrutavo le sue espressioni facciali durante le scene. Lui è uno di quelli che bisogna guardare, per assimilare l’arte della recitazione, per imparare. Nella mia carriera ho avuto dei maestri straordinari, registi e colleghi che mi hanno aiutato a diventare quello che sono”.

Come doppiatore, ha prestato la voce a Jack Nicholson e Al Pacino in diverse significative interpretazioni. Il pubblico di Cagliari è rimasto ancora una volta affascinato nel vedere una delle scene più famose di Shining, il film del 1980 diretto e sceneggiato da Stanley Kubrick, insieme a Diane Johnson. È la scena di “Wendy, dammi la mazza”, un altro pezzo di storia del cinema che, secondo alcuni, soltanto Giannini poteva interpretare come doppiatore italiano. “Doppiare certe scene è davvero difficile, anche per la quantità di parole e la velocità che caratterizzano i dialoghi. Credo che in questo caso mi abbia aiutato anche la mia propensione allo studio. Sono un perfezionista, leggo e rileggo il copione fino all’ultimo secondo, dovunque mi trovi. Solo così – ha concluso Giannini – si ottengono grandi risultati”.

Fonte: https://www.tortohelie.it/notizie/sardegna-mediterranea-giancarlo-giannini-una-star-del-cinema-con-la-mania-delle-invenzioni/

Il servizio di Roberta Lai per  Telesardegna:

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Cultura

“Sembra vivo!” Reportage a palazzo Bonaparte a Roma

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Entrare a palazzo Bonaparte a Roma, nella centralissima piazza Venezia , per vedere la mostra “sembra vivo!” e’ un ‘esperienza unica, stupefacente ed emozionante.

Salendo per le scale si ha gia’ l’ impressione di cloni umani, dal ragazzo che guarda verso la finestra alla ragazza seduta e poi..

Ecco si palesa la mostra in carne e ossa..

‘Sembra vivo! ‘è una mostra iperrealista che induce il visitatore a riflettere sull’essenza della realta’ e su cio’che si vede e sulla relativa percezione.

te a Jago e a Leandro Erlich, diffonde la cultura di un’arte profondamente innovativa, stravolgente e travolgente l’osservatore.

Gli artisti esposti sono 29 e costituiscono il gotha nello scenario internazionale: da Maurizio Cattelan (presente con opere iconiche quali i piccioni dell‟installazione “Ghosts” o la famosa banana, meglio detta “Comedian”) a Ron Muech che espone anche una gigantesca testa di uomo “Dark Place”, fino a George Segal, Carole Feuerman, Duane Hanson et alii.

Una vasta selezione di opere, provenienti da collezioni di tutto il mondo, che ha il sigillo del movimento iperrealista. Movimento che, dagli anni „70 in poi, e’cresciuto ,evolvendosi con tecniche innovative per realizzare opere verosimili da confondersi con quelle umane.

Le sculture sembrano essere incarnazione di quanto affermato da Albert Einstein:. ”la realtà è una semplice illusione , sebbene molto persistente “.

Le. sculture iperrealistiche emulano infatti le forme, i contorni e le texture del corpo umano , creando una strabiliante illusione visiva e un‟estrema verosimiglianza.

Si viene ingannati dalla pelle verosimigliante , dai capelli, dalle barbe, dalle dita e persino dagli occhi che riproducono il battere del ciglio Umano.

Sembrano effettivamente vive, manca loro la favella e “Sembra vivo!” e’ una cantilena ricorrente davanti alle incredibili opere di Maurizio Cattelan, Ron Mueck, George Segal, Carole Feuerman e tantissimi altri.

L osservatore viene totalmente ingannato da queste opere che nel circuito visivo talora non sempre distingue le opere dalle persone che visitano la mostra.

Le opere sono così reali da confondere i visitatori trasportandoli in un mondo al confine tra vero e l’illusione.

“Think different”è fondamentale, ovvero la mostra è un invito a guardare la realta’ con occhi diversi,con una mente volta al cambiamento e all‟ innovazione.

Laura Bisso

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Cinema

Taormina Film Fest e Taormina Arte 2023

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Dal 23 giugno al 31 agosto: una lunga cavalcata di cinema e di musica e anche il teatro è presente ma in minima parte.

Dopo i saluti del presidente della Regione Renato Schifani, l’assessore al Turismo Elvira Amata ha auspicato che “Il cartellone di Taormina possa durare tutto l’anno, accompagnato da eventi artistici internazionali”. Tra gli appuntamenti più importanti il Gala Pavarotti Forever prodotto con la Fondazione Pavarotti che vede la partecipazione di alcuni tra i tenori più famosi del momento: Marcelo Alvarez, Vittorio Grigolo, Placido Domingo che ormai canta da baritono e il soprano Aida Garifullina e il siciliano Mario Biondi. La settimana poi è dedicata al cinema, tra classici proiettati al Palazzo dei Congressi e prime assolute come Lo sposo indeciso con Giammarco Tognazzi e Francesco Pannofino. Tra gli artisti presenti John Landis e Abel Ferrara. Landis terrà una masterclass alla Casa Cuseni. Altra prima italiana è l’ultimo Indiana Jones e il quadrante del Destino” per la regia di James Mangold che vedrà la presenza di Harrison Ford al Teatro Antico.    Il sovrintendente Ester Bonafede ha chiarito che “Dopo il declino del Festival, dormiente per 10 anni e un debito che ammontava a 4 milioni di euro, il cammino è ripreso con un attenzione particolare al bilancio che deve essere attento e francescano. La Sicilia – ha aggiunto – è un palcoscenico naturale e occorre moltiplicare le produzioni cinematografiche che usano l’isola come set”.     La direzione artistica è affidata a Beatrice Venezi e a Barret Wissman, un veterano dei festival italiani, che in soli due mesi hanno messo insieme il nutrito programma. Wissman ha invitato Bella Thorne per una serata di gala dedicata al lavoro degli influencer e al ruolo che questi svolgono nei social media. La Thorne presenterà il suo primo cortometraggio Paint her red. Molte le prime italiane, tra cui Jeanne du Barry con Johnny Depp, o come Billie’s magic world con Alec Baldwin.    All’Hotel Timeo il primo luglio ci sarà la masterclass di Abel Ferrara e Willem Dafoe. Durante la consegna dei Nastri d’Argento sarà premiato il film di Roberto Andò La Stranezza.     Beatrice Venezi dirigerà Il Trittico di Giacomo Puccini sabato 8 luglio con Marcelo Alvarez, mentre il 21 luglio andrà in scena Turandot diretta da Gianluca Martinenghi. Molti gli eventi musicali come Le quattro stagioni alla Villa Comunale. Per il teatro Francesco, il giullare che inventò il presepe con Luca Lazzareschi o Io ti veglierò. Io ti proteggerò omaggio di Giorgio Pasotti a Gabriele D’Annunzio. Ma la danza si prende la scena con Eleonora Abbagnato in Giulietta e Jacopo Tissi in Past/Forward. Ancora lirica il 16 agosto con Cavalleria Rusticana e Pagliacci, il duo Mascagni e Leoncavallo con la direzione di Marco Guidari

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