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Teatro

In mio onore

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“A tutti quelli che hanno lottato per noi, con indosso una giacca bianca e in mano un fiore rosso da interrare e coltivare ancora” “In Mio Onore” è una preghiera di redenzione, per rendere omaggio a quelle persone che combattono ogni giorno contro la mafia e continuano a edificare il loro lavoro, conducendolo a quella fine che stenta ad arrivare, ma che arriverà presto. Scritto e diretto da Elisa Parrinello con La Compagnia di Folleria del Teatro Ditirammu

La Sicilia, vittima e carnefice di se stessa, meta difficile da raggiungere intimamente se non ci sei nato e cresciuto, terra fertile per una natura che nessuno conosce, un universo straordinario, audace pericoloso. Giovani attori siciliani, consapevoli nelle parole, nei gesti e negli sguardi, narrano una storia con un soggetto ispirato all’antica e ancora attuale e difficile realtà, quale è la Mafia.

Sinossi

Lo spettacolo ‘In mio onore’ (ATTO III) in alcuni quadri fornisce una versione molto realista della ‘corrosione mafiosa’ sia dal punto di vista tradizionale che da quello attuale. L’aspetto coreografico e scenografico è più onirico e intimamente suggestivo in alcuni momenti, oltrepassando due ‘Battaglie Immaginarie tra l’esercito degli Angeli e i Demoni dei massacri, utilizzando le tecniche del “Cunto” e i movimenti coreografici dei Pupi Siciliani.

Storia ATTO III

In Mio Onore Atto III, è la terza composizione del testo di “In Mio Onore”, già scritto nel 2014 andato in scena in forma privata nel 2015.

Nel Maggio 2016, la seconda stesura è andata in scena presso l’Atrio della Biblioteca Comunale di Palermo “Atrio Paolo Borsellino” e successivamente al Teatro Biondo di Palermo.

La terza composizione, ancora inedita, mostrerà gli aspetti più surreali del “male di mafia“.

Lo stesso male sarà travestito da tre “Megere incantatrici” che scaglieranno un maleficio sulla terra di Sicilia, mentre I Martiri della Mafia invieranno i loro Angeli Paladini a sterminare il male e a redimere gli aguzzini degli attentati di ‘Cosa Nostra’.

L’esercito degli Angeli li esaspereranno, li tormenteranno cercheranno in ogni modo di conquistare il cuore di ognuno, fino alla resa dei conti, che porterà alla liberazione agognata, quella liberazione che capovolgerà gli eventi.

Alla fine, l’austera e indomabile crudeltà della Mafia insieme alle sue infami Megere, sarà messa in ginocchio dalle voci di chi è rimasto con il peso e con il dolore; voci delle vedove, figli senza padri, madri e fratelli, quelle il cui nome richiama subito un’emozione forte.

La voce di quel dolore innaturale che è rimasto e che continua a lottare “In Onore loro”.

Sceneggiatura, messa in scena e regia Elisa Parrinello.

In scena la Compagnia S’Kalsa insieme alla Compagnia di Folleria

Le musiche e le danze appartengono a studi e ricerche della tradizione popolare in Sicilia.

Cori degli Angeli, dei Demoni, delle Megere e dei Paladini sono di Daniele Billitteri

Lettera “A morti ra Mafia” di Michela Buscemi;

Canti (Rosa Mistretta)

Parti recitate audio (Gigi Borruso) sono tratti dalla rappresentazione “Martorio parti di la simana Santa” di Vito Parrinello;

Tamburi e Tammorre: Giovanni Parrinello


Musiche: artisti vari

Foto di scena Barbara Milici e Giuseppe Sinatra

Video Trailer: Alessandro Vancardo

Link Youtube Trailer dello spettacolo:

https://www.youtube.com/watch?v=sd2QG_qUwt0

Produzione: Associazione Piccirè in coproduzione Associazione Ditirammu, patrocinata dal Centro Studi Paolo Borsellino.

In Evidenza

Il racconto dell’ancella di Viola Graziosi e il distopico

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Viola Graziosi è un’attrice immensa e quando si fa dirigere dal marito, il grande attore di teatro Graziano Piazza, lo diventa ancora di più, in una performance artistica che impegna voce e corpo in quasi due ore di spettacolo.

Margaret Atwood

Interpretare June Osborne, la protagonista del racconto della scrittrice canadese Margaret Atwood, “Il Racconto dell’ancella”, andata in scena al teatro Libero di Palermo, non è facile, anche perché il pubblico negli ultimi anni ha tributato un grande consenso al romanzo distopico del 1985, che ha venduto milioni di copie, adattato per il grande schermo nell’omonimo film diretto da Volker Schlöndorff e nel 2017 per la televisione.

The Handmaid’s Tale

Tutte le stagioni sono su Prime video sotto il titolo di The Handmaid’s Tale. Il suo ideatore Bruce Miller, forse non si aspettava tanto successo, grazie all’attrice protagonista Elisabeth Moss che interpreta June. Sono molto simili la Moss e la Graziosi, nel cinema la prima è  dentro il regime teocratico totalitario di Gilead, catturata mentre tentava di fuggire in Canada con suo marito, Luke, e sua figlia, Hannah. Grazie alla sua fertilità, diventa una ancella del comandante Fred Waterford (da qui il nome Difred) e sua moglie, Serena Joy; l’altra Viola Graziosi, in Teatro, si immerge nel testo, tradotto da Camillo Pennati.

Viola Graziosi

Per lei tutto ha avuto inizio 5 anni su un input di Laura Palmieri di Radio 3 che le chiese di portare in scena questa incredibile storia, proprio il giorno della festa della donna. Il palco è come una sorta di anfiteatro dove tante paia di scarpe rosse, delimitano un semicerchio con al centro un abito rosso che ci richiama alle antiche vestali. Viola inizia il suo racconto illuminata soltanto da un occhio di bue che le delimita luci e ombre sul viso e sul corpo.

Un viaggio introspettivo

Lo spettatore vive una sorta di viaggio introspettivo amando il coraggio di una donna che diventa emblema anche  di alcuni movimenti di protesta a sostegno dei diritti delle donne. “Nolite te bastardes carborundorum” e “Ci sono domande?” Sono due frasi ricorrenti nell’opera, spesso usate come motto di emancipazione femminile, ed è proprio il racconto di Viola Graziosi che spinge il pubblico quasi a una catarsi liberatoria in cui in scena, attraverso la parola, il corpo si svela non soltanto come mezzo di procreazione.

La repubblica di Gilead

Nel racconto dell’ancella in versione teatrale e televisiva lo spettatore è spinto a detestare i comandanti di una Repubblica, Gilead, dove le donne sono asservite a loro per scopi riproduttivi e dove quelle non fertili o troppo anziane sono dichiarate “Nondonne” e quindi eliminate.

Sorvegliate e divise in categorie secondo il colore dei vestiti: azzurro le Mogli; verde le Marte, le domestiche; marrone le Zie, sorveglianti; rosso le Ancelle, le uniche in grado di procreare. Nessuna può disobbedire, pena la morte o la deportazione. Non hanno bisogno di leggere, di scrivere, di pensare, di stancarsi troppo. Non vanno in giro da sole di modo che non possano essere importunate. Sono vestite di rosso con un cappuccetto bianco, in modo tale da non venir troppo viste e possono anche evitare di guardare, se non vogliono.

Viola Graziosi, Ivan Scinardo, Graziano Piazz

E’ un racconto immaginato in un futuro irreale e forse Viola Graziosi, con questa “opera magna” vuole farci comprendere come la donna sia ancora oggi discriminata da una becera cultura maschile che non si rassegna!

 

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Teatro

“Nudi sul terrazzo”, Moschella & Mulè coppia vincente

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I buongustai avranno certamente colto le continue incursioni nel cinema ed è inevitabile che la formazione di Giuseppe Moschella peschi a piene mani dalla settima arte, già dalla prima stesura, avvenuta, per sua stessa ammissione, in pieno lockdown,  E’ una  commedia brillante, “Nudi sul terrazzo”, scritta assieme a Roberto Pizzo,  andata in scena al Teatro Sant’Eugenio di Palermo.

3 anni di preparazione

Ci sono voluti quasi 3 anni di gestazione per quest’opera “leggerissima”, come la definiscono i due protagonisti, che nella vita sono coppia affiatata oltre che artistica. Giuseppe Moschella e Emanuela Mulè, in quasi due ore regalano al pubblico una serie di gags esilaranti e nello stesso tempo incollate alla realtà di tutti i giorni, dove le scene di gelosia non mancano con una girandola di attori azzeccati e scelti con cura.

Il dramma della gelosia

Forse il “Dramma della gelosia”, capolavoro cinematografico di Ettore Scola del 1970, con Vitti, Mastroianni e Giannini, ha un pò condizionato la scrittura di Moschella, da sempre affascinato da quel neorealismo che fece nascere la commedia all’italiana. E chi si aspetta che i due protagonisti finiscano davvero nudi sul terrazzo, deve aspettare quasi alla fine di un intrigata storia di gelosie e ripicche che in fondo non sono altro che il frutto di una subcultura popolare che affonda le sue radici nei fotoromanzi e nelle canzonette che nell’immaginario collettivo risuonano come ricordi incancellabili, è il caso della febbre del sabato sera.

Pubblico divertito

Pubblico coinvolto dalle perfomance artistiche di personaggi divertenti, in testa Emanuela Mulè che si riconferma attrice di talento capace di tenere la scena grazie alla sua bravura artistica e bellezza;  c’è il ruolo della suocera, una napoletana verace, Iaia Corcione, da qualche anno trasferita a Palermo, con una formazione da ballerina di danza a Napoli e poi come attrice a Roma, dove si è perfezionata anche nel canto. E’ lei il valore aggiunto di questa piece teatrale che vede anche la sensuale assistente dello scrittore, la bella Sonia Hamza; le sue movenze ricordano Jessica Rabbit, moglie del coniglio Roger, personaggio immaginario inventato dalla penna di Gary Wolf.

E’ lei al soldo della suocera di Giuseppe; e poi c’è Romeo che ci richiama al gattone degli aristogatti, lui è il manutentore di casa, Massimiliano Sciascia, ogni sua battuta è un mix di catanese e palermitano, che scatena sempre una risata collettiva. Arredi scenici rigorosamente allestiti dall’assistente alla regia, Elisabetta Loria. Bravi tutti

. Bravi tutti!

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Teatro Biondo, la stagione 23/24, Radici

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Il Ficus Magnolia è re della Sicilia ed emblema dell’anelito umano all’espansione del sapere, della ricerca di nuova conoscenza, della conquista della bellezza: ha radici profonde nella terra in cui germina, ne ha altre che escono dalla terra e creano arabeschi, ed altre ancora che si proiettano nell’aria per radicarsi più in là… ancora più in là. Così nutrito, l’albero diventa una cattedrale di bellezza. Siamo usciti dal tunnel dell’isolamento e della paura più insicuri: guerre, instabilità economica e allarme ambientale ci rendono fragili; perciò, più che mai ci interroghiamo sulla nostra identità.

L’albero

Come l’albero meraviglioso noi siamo ciò di cui ci siamo nutriti dalla nascita (radici profonde), ciò di cui abbiamo deciso di alimentarci in seguito (radici scelte), e ciò che vorremmo assimilare nel futuro, perciò lanciamo radici al vento per captare, per ricevere stimoli, per crescere. Il nostro lavoro in teatro continua in questa strada d’identità, di classici, di storie e artisti “nostri”, si arricchisce di letteratura e linguaggi di cui ci siamo innamorati, che ci hanno incantato; infine, gettiamo radici al vento per proporvi novità, curiosità, grafie ed espressioni nuove che chiedono di arricchire il nostro bagaglio culturale e il nostro pensiero, e di espandersi in tutti i terreni possibili. La stagione “Radici” offre un ventaglio di proposte per esplorare questi tre diversi sentieri e arrivare ai tre angoli della nostra identità… una Trinacria? Pamela Villoresi (direttrice artistica)

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