Hand in cap (Dott.M.Milazzo)

Breve racconto autobiografico per la festa del papà

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Non ho mai portato baffi né coppola e le foto antiche che ritraevano madri in piedi dietro austeri padri seduti, circondati da tre, quattro figli maschi con le figlie femmine messe ai margini, mi hanno fatto sempre sorridere e riflettere sui tempi passati: allora il figlio uomo rivestiva valore superiore per il fatto che garantiva la continuità della stirpe e la prosecuzione del lavoro nei campi o nelle officine, entrambi motivi legati, in qualche modo, alla sopravvivenza.

Ma quando un’ecografia ci informa che nella primavera del 2008, a distanza di undici anni dall’ultima di tre figlie, avremmo ripreso ad acquistare pannolini non più con i disegnini rosa, devo ammettere che ho gioito pur considerando i rischi di una gravidanza di genitori più vicini ai cinquanta che non ai quarant’anni.

Altro effetto collaterale del referto è stato quello di fare scattare in me un mal controllato meccanismo chiamato “aspettativa”. L’aspettativa può essere un tipo di attesa profonda e leggera, ma può essere vissuta come pesante e vincolante, che grava su di noi inchiodandoci nel modo in cui gli altri ci vedono ed in cui noi stessi ci vediamo, togliendoci quindi libertà di visione e di scelte.

Sono l’unico fratello maschio insieme a due sorelle femmine e mio padre è figlio unico: il mio prossimo nascituro è quindi l’unica possibilità di non fare morire il mio cognome. Maschio e magari medico anche lui, come il nonno e il padre. Erano pensieri che affioravano, non lo nascondo, alimentando in me aspettative.

Nasce Stefano. Diagnosi di sindrome di Down quasi immediata. Ci sono voluti giorni, forse mesi, ci è voluta la mia famiglia, i miei amici, le mie radici cristiane, ma soprattutto ci è voluta la sua presenza nella mia vita per capire che lui non era il problema ma la soluzione, come può succedere per una medicina miracolosa che risolve una patologia grave senza provocare effetti collaterali.

Stefano guarisce la mia ammalata identità di genitore perché con lui la mia paternità si realizza in tutta la sua pienezza diventando libera, finalmente: le aspettative scompaiono per lasciare il posto al figlio generato non in quanto proiezione di me stesso ma in quanto persona con la sua identità, il suo progetto, il suo potenziale. E se un vero padre deve vivere perché il figlio realizzi il suo progetto di vita, con lui divento compiutamente padre.

C’è di più: questo figlio fa crollare le aspettative riposte nel progresso sociale e nelle scoperte scientifiche. Un contesto social-scientifico che ti invita quanto meno a prendere in considerazione la possibilità di non far nascere Stefano (ricordo la risma di documenti firmati per liberare medici e Stato dalla responsabilità di avere rifiutato l’amniocentesi per eventuali fini abortivi) quanto meno deve avere qualche falla.

Ancora. Stefano ci guida nel mondo della disabilità aiutandoci a scoprire che ciò che accomuna abili e disabili è il sentirci inadeguati di fronte al non previsto, al diverso e al bisogno di abilità. Ma lui è un esempio di realizzazione ed è perfettamente felice così come è. Se ne infischia dei buoni esempi: ha un progetto e vuole che si realizzi quello, non un altro. Dice Einstein: “Se chiedi ad un pesce di salire su un albero lui crederà per tutta la vita di sentirsi uno stupido”.

I figli disabili sono un’accusa formidabile contro il cliché dell’uniformità, contro la stupidità umana che affiora storicamente in tempi diversi ed in modi sempre nuovi, nel mito dell’essere perfetto, del corpo perfetto, degli occhi perfetti, della camminata perfetta.

Loro, inevitabilmente, entrano a far parte delle nostre comunità per far sbilanciare, da un lato, tutte le nostre certezze consolatorie su cui si fonda la comune visione del mondo e per renderci invece stabili, dall’altro, in quello che è il valore della persona: un essere-costruttore di relazioni autentiche fondate sulla reciprocità più disinteressata, che permette a ciascuno di liberamente amare e liberamente essere amati.

Scritto dal padre di un figlio disabile e dedicato a tutti i genitori.

Marco Milazzo – ass.vita21enna@gmail.com

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