Editoriali

Meno figli più anziani, la speranza nel recovery

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“Il recovery è un piano che guarda alle prossime generazioni, riconoscendo la nostra realtà demografica. Siamo uno dei Paesi con la più bassa fecondità in Europa: meno di 1,3 figli per ciascuna donna contro quasi 1,6 della media Ue. Per mettere i giovani nella condizione di formare una famiglia si deve rispondere a 3 richieste: un welfare adeguato, una casa e un lavoro sicuro”. Lo ha detto il presidente del Consiglio nella presentazione ufficiale del piano. Lo stato dunque interverrà in maniera massiccia a sostegno della natalità, per spingere le giovani coppie a guardare al futuro e formare una famiglia. Lo stanziamento è di 20 miliardi recuperati dalle vecchie misure più 6 miliardi extra. Il beneficio verrà attribuito a lavoratori dipendenti, autonomi o incapienti. Potranno fare richiesta tutte le mamme dal settimo mese di gravidanza. Dai 18 anni di età, inoltre, una somma ridotta rispetto all’assegno potrebbe essere accreditata direttamente al figlio se è iscritto all’università, è un tirocinante, è iscritto a un corso professionale, svolge il servizio civile o un lavoro a basso reddito. Sono misure che si incrociano con altri indicatori per i quali i soldi in arrivo da Bruxelles serviranno a coprire l’enorme gap economico creato dalla pandemia. L’attenzione rivolta alle famiglie costituite e quelle ancora da formare, si fa dunque massima in un  momento storico decisivo per il rilancio del paese. Al primo gennaio 2021 i residenti nella Penisola ammontano a 59 milioni e 259mila. Ininterrottamente in calo da 7 anni consecutivi, e specificamente dal 2014, quando raggiunse la cifra record di 60,3 milioni di residenti, l’ammontare della popolazione registra nel 2020 una riduzione di 384mila unità sull’anno precedente (-6,4 per mille residenti). Lo conferma l’Istat, spiegando che si registra un minimo di nascite e un massimo di decessi: 7 neonati e 13 decessi per mille abitanti. Cifre impietose che hanno spinto la cabina di regia del governo a individuare risorse necessarie per fare fronte all’emergenza demografica. E se da un lato non si fanno più figli dall’atro non si ferma l’invecchiamento della popolazione; l’eta’ media è in ulteriore rialzo, pari a 46 anni al primo gennaio 2021. Per l’istituto di statistica gli uomini sono più penalizzati, si legge nel report: la loro speranza di vita alla nascita scende a 79,7 anni, ossia 1,4 anni in meno dell’anno precedente, mentre per le donne si attesta a 84,4 anni, un anno di sopravvivenza in meno. Un dato impressionante che fotografa una vera e propria crisi demografica. “Si tratta di un fenomeno certamente acuito dalla pandemia, le cui cause, tuttavia, vanno ricercate anche nella stagnazione economica e nella svalutazione delle tutele che hanno caratterizzato in particolare il mondo del lavoro in questo decennio. Le difficoltà che nella fase attuale i lavoratori si trovano ad affrontare non hanno precedenti nella storia repubblicana, pertanto occorrono misure shock per rilanciare l’occupazione mediante incentivi alle assunzioni e il taglio del cuneo fiscale sul lavoro”. Lo ha dichiarato Paolo Capone, Segretario Generale dell’UGL, in merito ai dati Istat sul calo demografico.

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