Editoriali

Famiglie in fuga. Nuclei di profughi in cerca di una meta

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“La Santa Famiglia rifugiata di Nazareth, che fugge in Egitto, è l’archetipo di ogni famiglia rifugiata. Gesù, Maria e Giuseppe, in esilio in Egitto per scappare dalla furia di un re cattivo sono, per tutti i tempi e tutti i luoghi, l’esempio e i protettori di ogni migrante, straniero e rifugiato di qualsiasi tipo, che forzato dalla paura di persecuzioni o da necessità, è costretto a lasciare il suo paese natale, gli amati genitori e parenti, gli amici più stretti, e cercare un paese straniero”.  Lo scrive l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, missionario di San Carlo, scalabriniano, che dopo diversi incarichi nella diplomazia pontificia e come segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti della Santa Sede, dal 2016 è segretario delegato del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale. L’alto prelato fa riferimento a  «Exsul Familia», pubblicata l’1 agosto del 1952 con un titolo scelto da Pio XII per esplicito riferimento alla Famiglia di Nazareth costretta a migrare. A sessantasei anni da quel documento la situazione attuale è sotto gli occhi di tutti. Scrive Tomasi: “Per i rifugiati e per gli operatori sociali impegnati nell’accoglienza, la Fuga in Egitto nelle sue varie interpretazioni è più di un simbolo, è occasione di riflessione e di contemplazione. La bellezza dell’opera d’arte diviene uno stimolo all’azione, alla solidarietà e alla ricerca di nuove relazioni tra Paesi e di nuove politiche che facciano delle migrazioni una scelta e non una penosa necessità”. Un noto opinionista, Marco Roncalli, ha raccolto le riflessioni del vescovo e ha scritto: “la comunità internazionale si trova di fronte a un flusso di rifugiati e richiedenti asilo dai numeri impressionanti: oltre 65 milioni di persone obbligate ad abbandonare la loro casa, di cui quasi 23 milioni sono riconosciuti come rifugiati (metà dei quali hanno meno di 18 anni),  con un dato agghiacciante: si stima che negli ultimi vent’anni più di 60mila migranti siano morti cercando di arrivare a destinazione”.  Che già duemila anni fa una famiglia sia stata costretta a fuggire dovrebbe allargare l’orizzonte e mettere nella giusta prospettiva il dibattito corrente sull’accoglienza e l’integrazione. Inoltre la situazione storica della famiglia di Nazareth offre un’altra lezione importante: mostra il potere che opprime e uccide impunemente per il suo interesse ma anche che, al di là della sofferenza e dell’ingiustizia che la genera, un disegno più grande si sta realizzando e non può essere soppresso. La famiglia di Nazareth costretta a fuggire ritorna dal suo esilio e porta a compimento la sua missione. Gli sconfitti del potere, protagonisti nel piano divino, possono aprire strade nuove per la convivenza dell’unica famiglia umana. È la speranza che l’icona della Fuga in Egitto continua a comunicare anche oggi”.

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