Editoriali

Generazione Z, la famiglia prima!

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C’è la famiglia al primo posto nella scala dei valori della “Generazione Z”, i ragazzi nati tra il 1997 e il 2012, conosciuti anche come “nativi digitali”, perché hanno visto nascere internet e quindi hanno sviluppato, fin dall’infanzia, tecnologia e social media. Sono stati spesso oggetto di critiche per via dell’utilizzo degli strimenti digitali che li avrebbero sempre più isolati dal mondo, perdendo quella socializzazione che si viveva un tempo. La ricerca contenuta nel “Report FragilItalia, I giovani generazione Z e il lavoro”, condotta da Area Studi Legacoop e Ipsos, ribalta i luoghi comuni che immaginano i giovani di oggi lontani dalla famiglia.  Il rapporto riguarda i giovani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni e mette al secondo posto il valore dell’amicizia (54%, media nazionale 59%) e dall’amore (50%, media nazionale 63%). Il lavoro occupa la sesta posizione con il 38% (rispetto alla media nazionale del 49%), preceduto da divertimento (46%) e cultura (44%). Riguardo al senso del lavoro, per quasi 6 giovani su 10 (il 58%) rappresenta una fonte di reddito (percentuale inferiore alla media nazionale, 71%), per la metà un’opportunità di crescita (43% la media nazionale) e per il 45% un modo per affermare la propria indipendenza. I dati riportati dall’agenzia di stampa nazionale Ansa, fanno riflettere sulla tendenza dei giovani che considerano il lavoro una fonte di reddito, ritenendo che unire lo studio con esperienze pratiche sia il modo migliore per ottenere un posto soddisfacente ma attribuiscono più valore alla flessibilità di orario e al tempo libero e pensano che all’estero ci siano maggiori opportunità per uno stipendio ed una carriera migliori. Secondo il  presidente di Legacoop, Simone Gamberini, “il mondo del lavoro cambia sotto i nostri occhi. Questi mutamenti vanno osservati mentre accadono, vanno interpretati a partire dal punto di vista, dalle attese, dalle speranze e dai comportamenti dei più giovani, che si affacciano al mondo del lavoro: perché del lavoro non mutano solo luoghi, tempi e modalità, ma il suo stesso senso. Di fronte ai grandi cambiamenti di questi anni stiamo tutti cercando un nuovo modo di vivere, più umano e migliore. Il lavoro è la cartina di tornasole di tutto ciò.  Servono politiche e nuovi assetti normativi che assecondino questo cambiamento ma garantiscano sicurezza, stabilità e benessere alle persone e alle comunità”. Riguardo al trattamento economico, 4 giovani su 10 preferiscono uno stipendio con una base fissa ed una componente variabile legata ai risultati raggiunti (contro il 26% della media nazionale). Riguardo ai timori, al primo posto c’e’ quello di essere sfruttati (48%), seguito da quello di non avere tutele (34%) e di non essere apprezzato (29%). I giovani appaiono più preoccupati della media complessiva per gli orari di lavoro, meno riguardo al non trovarsi bene con i colleghi e all’avere sopra di sé qualcuno che comanda, magari con competenze inferiori. Tra i fattori attrattivi, al primo posto per i giovani l’adeguata remunerazione, anche se con un’intensità minore rispetto alla media complessiva seguita dall’opportunità di fare esperienza e dall’avere un capo che ascolta e riconosce i meriti dei dipendenti (29%). Minore interesse suscitano invece l’essere apprezzato, il lavorare in un ambiente ben strutturato e organizzato, il poter esprimere liberamente il proprio potenziale.

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