Editoriali

Giovani disallineati

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Avete mai provato a chiedere a un giovane se ciò che ha studiato a scuola o all’università è attinente  al lavoro (per chi ce l’ha) che svolge? Le competenze acquisite con gli studi vengono realmente spese  in termini professionali? Il ritratto dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni di età e delle loro modalità di approccio alla ricerca di un lavoro, emerge da una indagine realizzata dalla Fondazione Censis,  e disegna un mondo di persone quasi sempre sfiduciate, costrette a rinunciare a sogni e passioni, ma anche, a volte, disinformate sui principali strumenti delle politiche attive del lavoro.  Il dato preoccupante che salta agli occhi è quel 50% dei casi, convinti, quando hanno una occupazione, che l’attività che svolgono sia poco o per nulla attinente al percorso di studi e di formazione che hanno scelto. La ricerca, pubblicata dal Sole 24 ore ha preso in esame un campione di mille giovani, appartenenti ad ogni tipo di condizione professionale (occupati, disoccupati e non attivi). L’assenza di un collegamento tra ciò che fanno e ciò che hanno studiato è maggiore tra i giovani che dispongono della sola licenza media, e che svolgono in prevalenza attività di tipo prettamente esecutivo, e diminuisce progressivamente tra i diplomati e i laureati. Anche tra questi ultimi resta però elevata (38,1%) la quota di chi non individua alcun collegamento tra la propria formazione e il proprio lavoro: un dato significativo se si considera il lungo investimento in capitale umano, anche superiore ai vent’anni, in caso di dottorati e master post laurea.  “Oggi i giovani si sentono soli di fronte a un mercato del lavoro così difficile da interpretare – spiega Giuseppe De Rita, presidente della Fondazione Censis – e si muovono in maniera randomizzata, guidati dall’istinto, dal passaparola o da qualche consiglio acquisito per le vie informali. Si sentono anche piuttosto sfiduciati, non solo per i primi inevitabili insuccessi, ma anche a causa di una pervasiva narrazione sul lavoro che non c’è e che, se c’è, è per pochi privilegiati: le briciole a tutti gli altri. Ora però – continua De Rita – l’economia italiana mostra segni di ripresa. Bisogna lavorare per ottimizzare l’incontro tra domanda e offerta. Sia per i giovani, sia per le stesse aziende, che hanno bisogno di competenze». Anche perché il lavoro, sottolinea il responsabile della ricerca, Marco Baldi, continua a rimanere centrale nelle strategie di vita dei giovani italiani. Viene considerato l’unica chance di affermazione sociale”.  Per fronteggiare il problema della disoccupazione gli intervistati hanno chiamato in causa in particolare le istituzioni pubbliche. Alle quali chiedono soprattutto più incentivi per supportare l’imprenditoria giovanile ma anche lo sblocco del turn over nella Pubblica amministrazione e un maggiore sostegno all’apprendistato e all’alternanza scuola-lavoro”

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