Editoriali

Giovani sempre più precari. Crescono gli esodi

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Nei giorni scorsi è stata presentata una indagine statistica, elaborata dal Centro Studi e Ricerche IDOS, in cui emergono sostanzialmente due fatti preoccupanti: si fanno meno figli e si emigra in maniera massiccia. Rispetto a quest’ultima tendenza è stato osservato che anche gli stranieri, residenti in Italia, preferiscono andare via alla ricerca di un lavoro stabile.  Secondo Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS, questi dati dimostrano come l’Italia fatichi a offrire condizioni sufficienti per dissuadere un giovane, italiano o straniero che sia, a restare nel paese per costruire il suo futuro. “Al di là della falsa credenza che il lavoro non c’è per colpa degli stranieri, che lo ruberebbero agli italiani, dice Di Sciullo, la realtà è che i giovani vengono indistintamente convogliati verso impieghi più precari, sottopagati, di breve durata, esposti a sfruttamento, con scarse possibilità di migliorare la situazione lavorativa e sociale. Il risultato è che, frustrati nelle loro prospettive di realizzazione, sia nativi sia immigrati condividono sempre più anche il desiderio di andarsene. Del resto, continua il ricercatore, occorre smettere di guardare all’emigrazione italiana con un approccio nostalgico, in cui prevale il rammarico per i cervelli italiani che vanno via e che si vorrebbe trattenere: in un mondo globalizzato è normale e positivo che i talenti viaggino, allargando i propri orizzonti a contatto con altre culture, mentre incrementano il bagaglio di competenze. Il problema è semmai come rendere anche l’Italia un luogo competitivo di attrazione per giovani provenienti dall’estero e come incentivare un “rientro”, non tanto fisico ma in termini di saperi e professionalità acquisiti dagli emigrati, attraverso collegamenti con centri di eccellenza esteri nei quali i talenti italiani si siano inseriti. Un obiettivo che richiede uno svecchiamento del sistema di formazione e produttivo, ancora stratificato e ingessato su vecchi schemi, incompatibili con prospettive di lavoro transnazionali”. L’analisi del centro studi è rigorosa e lascia aperto il campo delle riflessioni soprattutto sul tema dell’emigrazione giovanile. Nei discorsi che fa  il primo cittadino di Palermo Leoluca Orlando, spesso parla dei suoi figli residenti all’estero. “La speranza, dice Orlando, è sempre quella che i giovani vadano a specializzarsi fuori e poi ritornino con un bagaglio di esperienze e professionalità acquisite da spendere in Sicilia”. Ma forse questa rimane ancora una utopia anche perché un giovane che viene apprezzato all’estero come talento e viene anche ben retribuito, difficilmente starebbe alle condizioni dei datori di lavoro “nostrani”!

 

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