Hand in cap (Dott.M.Milazzo)

La vita, le parole e gli obiettivi di Andrea Fornaia

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Andrea Fornaia

Ho puntualmente osservato che diventare “prossimo” di un disabile ha vari effetti benefici. Uno di questi è quello liberatorio rispetto alla nomenclatura della disabilità stessa e a tutti i nomi utilizzati per definire chi ne è portatore: disabile, diversamente abile, portatore di handicap, diversabile, ognuno con una componente più o meno stucchevole. Ne conosci profondamente uno e, come per magia, tutte le parole che, nel tempo si erano accumulate nel tuo pensiero, scompaiono lasciando spazio solo all’idea di persona.

Andrea, che abita ad Enna, per me è stato uno dei primi a guidarmi in questa comprensione. Quando mi capita di avvistarlo da lontano, lo riconosco subito, per la sua andatura tipica, lenta. Trentasette anni, affetto da tetraparesi spastica, lo definisco un “pedagogista della disabilità”: così come altri che conosco profondamente, egli svela chi è il disabile oltre le apparenze, insegna a non averne paura e mostra quale valore possa rivestire per la comunità. Solo per questo gli dovrebbe essere riconosciuto un titolo, oltre a quello che già possiede, ed una retribuzione. Se poi lo vedi da vicino non puoi non restare colpito dal suo sguardo sorridente, dalla sua capacità d’ascolto, dalla sua vivida intelligenza e della sua vis comica.

Ci sediamo in un bar. Un caffè, un ginseng e un po’ di domande, alle quali risponde con sorridente pazienza se per caso gli chieda di ripetere la risposta, perché la sua tetraparesi coinvolge anche i muscoli fonatori.

La tua fanciullezza fu caratterizzata da un episodio terribile. Ci racconti?

E’ vero. Un giorno seppi che mia madre era morta poco dopo avermi messo al mondo: la mia vita iniziò così. Dopo qualche anno mio padre si risposò con Maria, la mia seconda mamma. Lei, innamorata di papà e dei suoi figli, fu consapevole che il suo “si” aveva in sè un “di più”: un “si” d’amore per il suo sposo, per me, mia sorella e per la volontà di Dio, da credente quale era. E subito si mise al lavoro. Mamma Maria, una brava maestra dell’infanzia, fu la prima che non permise che mi sentissi diverso dagli altri. Per questo mi inserì fin da subito in una classe con bambini della mia età. Col senno di poi oggi mi rendo conto che iniziare così le scuole è stato fondamentale per ricevere la forza necessaria che mi permise anche di laurearmi.

D’altra parte un problema c’era, quello della mia autonomia: fino all’età di nove anni non riuscivo a fare un passo senza aiuto. Sono stati papà, mamma e i fisioterapisti del centro A.I.A.S. Onlus di Enna a darmi gli stimoli giusti per mettermi in piedi ed iniziare a camminare. A volte, pur di facilitare i miei spostamenti, avrei desiderato una sedia a rotelle, ma i miei genitori, che vedevano in essa una resa alla mia disabilità, non hanno mai permesso che la usassi, certi che in questo modo avrei camminato prima. E non si sbagliavano. Adesso esco da solo e cammino per molti metri.

E Andrea studente?

I miei successi scolastici iniziarono solo dopo la scuola dell’obbligo, perché fino ad allora studiai senza mai impegnarmi molto. Al liceo misi la testa a posto ma solo dopo un periodo molto difficile: conseguita la licenza media, caddi in uno stato d’ozio, arrivando a guardare anche dodici ore al giorno la TV, senza mai uscire di casa. Alle mie capacità credettero più i miei insegnanti che io stesso: non volli tornare sui banchi ma pensai di frequentare un corso per imparare ad usare il computer, anche per il fatto che mi sarebbe stato utile per vivere meglio la mia disabilità. Ma dentro di me ebbi ben presto la consapevolezza che se non avessi continuato a studiare, il pc sarebbe stato solo uno strumento inutile un pò come quando hai un’automobile senza possedere la patente. Stanco di stare a casa, decisi di frequentare il liceo ma nel frattempo giunse novembre e l’unica scuola che accolse la mia domanda di iscrizione fu il Magistrale. Questa circostanza rappresentò per me una vera fortuna: per i miei compagni di classe, anzitutto, che non mi fecero mai pesare la mia disabilità, per una in particolare, Sonia, con la quale iniziò una sana competizione per chi fosse il più bravo, e per i miei bravi insegnanti: fu davvero un’esperienza di vera inclusione, che mi portò a condividere con i miei amici pure le “caliate” (1) , oltre che, per esempio,  esperienze come i laboratori teatrali con gli stage a Taormina.

Poi ti sei iscritto all’università.

Anche in questo caso ebbi accanto un amico, Mario, che mi invogliò ad iscrivermi in Scienze politiche. L’inizio fu difficile: cambiare metodo di studio, la mancanza di una figura che mi facesse da insegnante di sostegno, gli spostamenti da casa all’università. Spesso accadde che mio padre, artigiano falegname, per quattro volte in un giorno doveva accompagnarmi e venirmi a prendere: scherzando, ma neanche troppo, tutt’ora parlo di lui come un uomo dotato di poteri speciali.

Al terzo anno fui affiancato da due “tutor alla pari”, che mi supportarono fino alla laurea. Ricordo anche le attenzioni della bibliotecaria, che mi diede una mano ben oltre il suo compito. E poi il rapporto con colleghi e professori, bellissimo. La laurea fu una grandissima festa per tutti i miei cari, oltre che per me.

E dopo?

Nel mio percorso di autonomia, che ha creato ai miei genitori molte… tachicardie per la mia inguaribile intraprendenza, mi sono ritrovato a fare esperienze molto interessanti.

Da poco tempo sono stato nominato Responsabile alla comunicazione del Comitato Consultivo dell’Asp di Enna è questo grazie a chi ha creduto in me: il dottor Gianluca Vece, Presidente Anmic di Enna e il dottor Tommaso Careri Presidente del Comitato Consultivo dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Enna. Spero che anche in questo nuovo compito sarò in grado di soddisfare le aspettative di coloro che hanno creduto delle mie capacità.

Ho anche svolto il ruolo di consigliere e vice presidente dell’A.I.A.S onlus di Enna, svolgendo in esso anche incarichi lavorativi. Il rapporto con i signori Zacco, responsabili del centro, e con i fisioterapisti, è una delle cose più belle che porto dentro di me.

E poi c’è il capitolo dell’UNITALSI. Da quando vi faccio parte, grazie alle persone che vi ho incontrato, e penso a Liborio, Marcella, Fabio, Adriana, Angelo, Laura, Gaetano e molte altre, sono riuscito a trovare un altro punto di riferimento per la mia formazione cristiana e per i miei processi di aggregazione. Nonostante sia un’associazione che sostiene le persone ammalate, anche lì mi sono sentito uno come tutti, tanto che una delle amiche volontarie, Laura, quando mi definisco “ammalato”, mi dice “malato, chi?” A volte sono io che mi sento diverso dagli altri ma solo quando mi pongo dei limiti. Poi mi accorgo di riuscire a raggiungere tutti gli obiettivi che mi prefiggo, con la mia forza di volontà.

Andrea continua la sua narrazione, parlando di giornalismo (scrive per Dedalo, un rotocalco ennese), del suo blog (“Informabilmente”), dei viaggi a Lourdes, dei suoi brevi incarichi lavorativi, della sua fede talvolta messa alla prova.  Parla con pacatezza, rammaricandosi, questo sì, delle inesistenti possibilità di lavoro che una persona disabile possa avere nel nostro territorio e del suo sogno, che sta costruendo con altri: una cooperativa sociale per dare lavoro ad abili e disabili. Parla molto dei suoi amici, ai quali è molto legato e grato, per l’aiuto che gli fanno giungere.

Ma, per quel meraviglioso e talvolta misterioso scambio di doni che è l’amicizia, chi ha la fortuna di conoscere Andrea sa bene quanto egli possa ricevere da lui, in misura assai maggiore di quanto possa a sua volta offrirgli.

  • In dialetto siciliano caliare vuol dire marinare la scuola.

Marco Milazzo

ass.vita21enna@gmail.com

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