Editoriali

“Prendi in casa”, parte la campagna per gli anziani

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Quanti anziani soli potrebbero ospitare giovani studenti universitari fuori sede, avere così compagnia e perché no essere aiutati nelle spese di gestione della casa? L’iniziativa partita da Milano ma che potrebbe sicuramente essere adottata da molte città, sedi universitarie, è promossa da una organizzazione denominata “Meglio Milano”, con l’obiettivo di offrire ai giovani non residenti un’alternativa economica e solidale per la permanenza in città, valorizzando le risorse abitative e relazionali del territorio. Il progetto è nato per unire due mondi con esigenze diverse ma compatibili: da una parte giovani (18-35 anni) non residenti a Milano che si trasferiscono nel capoluogo lombardo per motivi di studio o di lavoro in cerca di casa che si scontrano con un mercato spesso irregolare, speculativo e che offre affitti generalmente molto alti; dall’altra anziani che hanno concluso l’attività lavorativa ma sono ancora attivi, che vivono in appartamenti diventati troppo grandi e costosi per le loro necessità e avvertono un senso di solitudine. Possono aderire tutti i nuclei familiari che dispongono di una camera libera in cui ospitare il giovane e che hanno la volontà di vivere un nuovo modo di abitare, l’Abitare Collaborativo. “Prendi in casa” ha l’obiettivo di offrire alloggi a prezzi accessibili per i giovani. I residenti (proprietari di casa o titolari di contratto di affitto) possono condividere le spese di casa, creando un contesto familiare, di sostegno reciproco, relazioni e dando ai giovani, appena arrivati a Milano, un appoggio, un punto di riferimento per ridurre il senso di solitudine che la grande città può dare a molti, in particolare a giovani, anziani e single. Rappresenta inoltre un’opportunità per dare alloggio a prezzi sostenibili a giovani fuori sede, italiani e stranieri, che scelgono di trasferirsi a Milano. E’ un nuovo modo di convivere all’interno di nuclei familiari, attraverso quello che viene chiamato: “abitare collaborativo”, una risposta a nuove necessità sociali, oltre che essere un’occasione di rilancio del territorio. La convivenza solidale prevede che tra giovani e nuclei familiari ospitanti non esistano obblighi di assistenza reciproca, bensì la volontà di condividere spazi, momenti di convivialità, le spese di casa, un aiuto reciproco nelle piccole incombenze della quotidianità, nel rispetto degli impegni individuali. La coabitazione è regolata da un accordo di ospitalità che definisce le regole di una buona convivenza e stabilisce il periodo di permanenza, solitamente tra i 4 e gli 11 mesi con la possibilità di rinnovare annualmente. I giovani contribuiscono alle spese di casa con un rimborso mensile. L’organizzazione che promuove il progetto ha il compito di gestire tutti i passaggi che precedono e seguono l’avvio di una convivenza: si occupa di raccogliere le adesioni, fissare incontri conoscitivi approfonditi e proporre gli incontri sulla base della compatibilità di esigenze, preferenze, caratteristiche e aspettative rispetto all’esperienza. Durante la permanenza vengono organizzati incontri di gruppo per conoscere gli altri partecipanti, condividere le esperienze e stimolare la conoscenza del territorio. Numerosi gli enti pubblici e privati che hanno aderito spontaneamente a sostenere economicamente questi giovani, in testa la Camera di Commercio. Piccoli contributi economici che servono per il sostentamento del giovane e dell’anziano solo che lo accoglie nella sua casa. Di fronte a una iniziativa così interessante e utile per molte famiglie che devono sostenere gli studi dei loro figli fuori dalla loro terra, sarà difficile dalle nostre parti scardinare il concetto di “mettersi un estraneo in casa”, eppure l’idea di combattere la solitudine di molti anziani soli che vivono in case anche abbastanza grandi, potrebbe sviluppare un nuovo sistema di solidarietà sociale degno di nota

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