Editoriali

Non c’è apprendimento senza motivazione

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C’è una Italia che va come sempre a due velocità: un sud sempre più povero e un nord che si stacca, come una sorta di effetto pangea, dal resto d’Italia quando si parla di temi come scuola, famiglia e lavoro. Lo spunto per questo articolo arriva da un editoriale che don Gennaro Matino, teologo e scrittore, ha scritto nel blog della testata Huffingtonpost a proposito della riapertura delle scuole. “Nel nostro Paese, scrive Matino, la scuola cammina a doppia velocità. A chi ha puntato il dito verso gli insegnanti del sud, varrebbe la pena ricordare che proprio al Sud molte scuole, avvilite da strutture fatiscenti e da mancanza di fondi, vanno avanti grazie allo spirito di abnegazione di quei pochi insegnanti che ogni anno a settembre si trovano soli ad accogliere la platea scolastica. È vero che ovunque esistono buoni o cattivi docenti, a prescindere dalla loro provenienza geografica, ma è anche vero che in qualsiasi campo la professionalità si aggancia alla struttura che la sottende: anche il più eminente chirurgo se si trovasse ad operare nel terzo mondo non otterrebbe gli stessi risultati. Nello stesso Meridione, una cosa è insegnare in un quartiere benestante, altro è fare scuola nelle zone più degradate. Non è un caso, infatti, che il divario Nord-Sud è più ampio nelle classi sociali più basse e ridotto in quelle più elevate. Non c’è apprendimento senza motivazione e perché mai dovrebbero essere motivati allo studio ragazzini che dopo la scuola, quando riescono ad andarci, non hanno tempo né per fare i compiti, né tanto meno per giocare, perché devono aiutare la famiglia a sbarcare il lunario o devono badare ai fratellini più piccoli per consentire ai genitori di buscarsi la giornata? Perché mai dovrebbero essere motivati quando già sanno che terminato l’obbligo dovranno lasciare la scuola e imparare l’arte di arrangiarsi? Di fatto, i divari territoriali tendono a crescere durante il percorso scolastico. Quale professionalità, quali competenze, quali strategie dovrebbero mettere in atto i docenti delle scuole a rischio, là dove le famiglie degli alunni non credono nelle istituzioni, perché si sentono traditi da uno Stato che, con o senza la terza media, non offre lavoro, non offre niente, che impone l’obbligo scolastico, ma permette il caro libri”. Il teologo punta poi il dito sul concetto di “Buona scuola…”sperando che sia davvero “buona” per milioni di bambini e adolescenti, oltre la retorica del governo, oltre la propaganda politica, oltre le rivendicazioni sindacali. Un diritto costituzionale, l’educazione delle future generazioni, che non solo presuppone una famiglia, uno Stato attento alle dinamiche della crescita culturale dei giovani, ma che descrive la dignità di una nazione. Senza investire sul suo domani, sulla qualità etica, valoriale dei suoi cittadini, una nazione è destinata irrimediabilmente alla decadenza”. Un’analisi lucida ma nello stesso tempo spietata quella del teologo, che individua la scuola come una comunità dove s’impara, o almeno si dovrebbe, a crescere insieme in nome di valori condivisi, a diventare cittadini, persone che sanno pensare con la propria testa, ma se gli alunni sentono che quei valori professati sono appannaggio di pochi eletti, se già sanno che nel gioco della competizione saranno sempre perdenti, non hanno alcun interesse a sviluppare abilità e competenze.

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