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Editoriali

La sindorme del bambino “imperatore”!

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Gli psicologi la chiamano così questa sindrome, e si riferisce alla descrizione di un determinato bambino che soffre e che lo porta ad essere, suo malgrado, sempre scontroso e ad avere una eccessiva aggressività  nei confronti dei suoi genitori. Succede che questo modo di essere non si esaurisce in un vero e proprio scontro verbale ma può degenerare anche a quello fisico. Ecco perché è urgente intervenire e soprattutto diventa necessario mettere i genitori nelle condizioni di conoscere il problema e tentare di risolverlo per evitare, che di giorno in giorno, il bambino o il ragazzo possa degenerare ulteriormente.  Gli ultimi studi affermano che la sindrome del bambino imperatore sia molto diffusa più di quanto si possa immaginare. Incide intanto il fattore genetico, ma è chiaro che il contesto familiare è quello che la fa da padrone; nessuna regola, in termini di educazione, viene impartita dai genitori. Spesso accade che una mamma o un papà siano troppo buoni ed iperprotettivi nei confronti del loro figlio; ovviamente questo non è un comportamento idoneo. È anche sbagliato dare troppe sculacciate. Tutti fattori che possono porre le basi per lo sviluppo di questa antipatica patologia. Gli esperti consigliano di non accontentare mai in tutto e per tutto i capricci del proprio piccolo, facendolo sentire in ogni momento un re: non può in alcun modo ottenere tutto quello che vuole, come, ad esempio, lo smartphone. Dirgli sempre di sì risulterà essere nel tempo davvero deleterio. È importante negargli qualcosa al fine di evitare di crescere un bambino imperatore. La domanda più frequente che viene fatta dalle mamme è: quali sono i presupposti per capire se mio figlio soffre di questa sindrome?  Il bambino imperatore è quello che urla, insulta i propri genitori, batte i piedi per terra con crisi compulsive per ottenere qualcosa. Non chiede mai scusa, è aggressivo e ricorre anche a calci ed a pugni. Per quale motivo si parla di bambino imperatore? Proprio perché il bimbo tende ad comandare chi gli sta accanto. È lui a voler dettare le regole di casa. Come comportarsi nel momento in cui si è certi che il proprio figlio ha questa patologia? Da soli non si può agire, bisogna rivolgersi assolutamente ad uno psicologo. Nello stesso tempo non bisogna mai abbandonare il proprio figlio, ma cercare di stargli vicino per migliorare i suoi comportamenti eccessivi. Probabilmente un’arma vincente è l’ascolto!

 

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Editoriali

Una popolazione di anziani!

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Arrivano impietosi i dati dell’ultimo report dell’Istat, dal titolo “Noi Italia”. Secondo “Fanpage” in Italia gli anziani sono il doppio dei giovani; la fecondità diminuisce, la vita media aumenta e la popolazione invecchia. I ricercatori hanno analizzato 3 fenomeni che hanno guidato le trasformazioni demografiche degli ultimi anni: la diminuzione della fecondità, l’innalzamento della vita media e il tendenziale invecchiamento della popolazione. La fecondità è aumentata leggermente, con una media di 1,25 figli per donna, mentre l’età media al momento del parto è salita a 32,4 anni, risultando tra le più alte d’Europa. Su questo, tra l’altro, è noto da tempo come sia una questione legata a filo doppio al tema lavoro, su cui – sempre secondo i dati Istat – si conferma un’enorme disparità di genere. La speranza di vita alla nascita, invece, è arrivata agli 80,5 anni per gli uomini e agli 84,8 anni per le donne nel 2022. Il dato più inquietante è l’indice di vecchiaia, che continua ad aumentare in maniera inesorabile: nel 2022, in Italia, ci sono 187,6 anziani ogni cento giovani. Il dato è tra i più alti in Europa, e fotografa, in maniera puntuale, le difficoltà demografiche del Paese. La popolazione residente intanto è nuovamente in calo, con un meno 0,3% rispetto all’anno precedente, dovuto alla dinamica naturale: molti morti, poche nascite. E se da un lato la popolazione italiana va sempre più invecchiando con la progressiva diminuzione delle nascite, dall’altro Confindustria registra segnali positivi in termini di presenze di lavoratori stranieri; al primo gennaio 2022, risiedono in Italia circa 5 milioni di cittadini stranieri, che costituiscono l’8,5% della popolazione residente. L’83,8% vive al Centro-Nord. Degli stranieri, i non comunitari sono circa 3 milioni e 561 mila. Nel 2021, rispetto all’anno precedente, sono stati rilasciati più del doppio dei permessi di soggiorno. Nonostante il loro importante contributo, che secondo le stime della Fondazione Leone Moressa nel 2020 ha rappresentato il 9% del Pil nazionale, si trovano ancora mediamente in condizioni lavorative peggiori rispetto agli italiani. Svolgendo lavori meno qualificanti, con salari medi inferiori, e trovandosi più spesso coinvolti in situazioni lavorative di sfruttamento. Tra gli uomini stranieri risulta particolarmente elevata l’incidenza di lavoratori agricoli (8,9%). Una quota che, stando ai dati del ministero del lavoro, sale al 12,6% se consideriamo solo gli extra-comunitari. Secondo i dati presentati nel dossier Idos sull’immigrazione del 2021, si arriva a oltre il 40% per alcune specifiche nazionalità, come quella indiana. Una popolazione che invecchia dunque, il calo dermografico e l’aumento delle presenze straniere fanno dell’Italia un paese con troppi record negativi. Secondo gli autori di un libro dal titolo “La Trappola delle Culle” Luca Cifoni e Diodato Pirone, a proposito delle nascite mettono in evidenza le stime sugli animali domestici, un numero impressionante, vivono con gli umani tra i sette e i nove milioni, assai superiore a quello dei bambini fino a 12 anni, i quali, a inizio 2021 erano circa sei milioni e mezzo. Basta un dato così per fare riflettere molto.

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Editoriali

Noi adulti abbiamo smarrito la via!

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Sono le risposte dell’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, ai giornalisti di Repubblica, intervenendo sul palco, nei giorni scorsi, allestito di fronte la cattedrale, in occasione della Via dei librai. L’alto prelato ha ricordato gli eroi civili di Palermo, che con le loro battaglie “disobbedienti” per gli ultimi hanno cercato di sanare le ferite della città: padre Pino Puglisi, ucciso trent’anni fa dalla mafia, e Biagio Conte, il missionario laico morto tre mesi fa. “L’ingiustizia nasce dal cuore umano, ha detto, e si struttura in modo perverso. Penso al lucro attorno alla droga che sta uccidendo i nostri giovani. Una città che produce una struttura di peccato va abitata da persone che la riscattino dal male. La città deve sollecitare le istituzioni, deve essere un pungolo critico perché la politica tocchi con mano di cosa ha bisogno questa città. Ma c’è un passaggio del suo discorso, quando i giornalisti, Claudia Brunetto e Fabrizio Lentini lo hanno incalzato sui recenti fatti avvenuti nella scuola dello Zen, dove è stata arrestata la preside che tempo fa era stata insignita dal capo dello stato del titolo di Cavaliere della Repubblica, “..dobbiamo indignarci, ha risposto Lorefice, davanti all’antimafia ostentata, Pino Puglisi non andava in tv né in giro con il megafono. Ogni giorno allo Zen, in silenzio e senza proclami, ci sono persone che operano per il bene comune. E da lì bisogna ripartire, andrò allo Zen a sostenere il nuovo preside e il quartiere”. Una domanda posta sull’emergenza droga fra i ragazzi, ha spinto l’arcivescovo a osare nelle parole: “La crisi è di noi adulti, di noi educatori. Abbiamo grosse responsabilità. Palermo porta sempre alla ribalta la sfida educativa e formativa: noi adulti per primi abbiamo smarrito la via e creiamo attorno a noi il vuoto che può essere humus prezioso per i predatori”. Parole che fanno molto riflettere sulla crisi educativa e che non possono passare inosservate ai tanti genitori distratti o peggio indifferenti rispetto al silenzioso dramma di tanti giovani annoiati che vogliono provare nuove emozioni iniziando dalle droghe leggere.  Parlando di migranti ha detto: “E’ sotto gli occhi di tutti, se ci sono morti nel Mediterraneo e la politica non capisce l’evidenza di quel problema, significa che siamo in decadenza”

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Editoriali

I terribili “self cutting”. Genitori preoccupati

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Si respirava nell’aria, nelle chat di genitori preoccupati, adesso l’ufficialità è arrivata da parte di una voce autorevole, quella di un magistrato, nel corso di un convegno che si è svolto nei giorni scorsi a Palermo. “Il self cutting è un fenomeno di recente emersione”, ha dichiarato la sostituta procuratrice per i minorenni Paoletta Caltabellotta nel corso del convegno sul disagio giovanile nel periodo post pandemia, organizzato al tribunale per i minorenni. Un fenomeno in cui i partecipanti si riconoscono e si aggregano attorno ad un adolescente leader, la cui finalità è appunto quella di tagliarsi. Sulle piattaforme social, la costante condivisione delle prove fotografiche del proprio autolesionismo avviene instaurando una sorta di competizione, ha detto il magistrato. La ragione? Con questi atti, abrasioni alla pelle delle braccia o di altre parti del corpo, i ragazzi provano a coprire un altro dolore. Il sintomo di un disagio che sembra essere particolarmente forte tra i giovani palermitani, dato che qualche ragazzina ha rischiato anche la vita. L’adesione a quei gruppi secondo la dottoressa Caltabellotta, scaturisce proprio dal tentativo di superare le difficoltà collegate al disagio nella relazione con i pari, con i genitori, nella scuola. E se da un lato emerge l’incapacità da parte di molte famiglie di non sapere cogliere anche i più banai segnali di disagio da parte degli adolescenti dall’altro le forse dell’ordine hanno grosse difficoltà nell’intercettare queste situazioni. Lo ha detto e Jessica Barattin, del nucleo Investigativo dei carabinieri, vere e proprie task force che ogni giorno scandagliano il Web per prevenire ogni forma di reato. Le indagini della procura dei minori di Palermo sono partite proprio dalla segnalazione di genitori e insegnanti, che hanno notato segni di autolesionismo sui corpi di molti adolescenti compresi tra i 12 e i 14 anni. I magistrati hanno addirittura avanzato l’ipotesi di reato per istigazione al suicidio. Sono gli smartphone i custodi dei segreti di questi ragazzi. Non si placano infatti le polemiche legate all’incidente di Casal Palocco a Roma, dove ha perso la vita un bimbo di 5 anni a seguito di uno scontro tra una Smart e un Suv Lamborghini guidato da due youtuber intenti in una sfida sul web. A causare l’impatto frontale sarebbe stata invece una manovra spericolata da parte dell’autista del Suv all’incrocio, intento a filmare con il telefonino una challenge su Youtube. Gli investigatori stanno analizzando i video acquisiti per verificare chi li abbia realizzati, se il ragazzo che era alla guida o qualcuno dei compagni che era presente in auto al momento dello scontro. L’ipotesi che stessero realizzando un video per i social è rafforzata anche da quanto raccontato dai residenti che già ieri avevano avvistato il Suv con all’interno i ragazzi intenti a girare alcuni filmati.

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