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Ora è il momento di una riflessione

Dopo la giusta reazione emotiva suscitata nell’opinione pubblica dalla tragedia di Crotone, è forse il momento di una riflessione critica che ci consenta di andare oltre la commozione e l’indignazione immediate e ci permetta di cogliere il senso politico di quanto è accaduto la notte tra sabato 24 e domenica 25 febbraio.

Non sappiamo ancora, ovviamente, quali saranno le conclusioni della magistratura. Ma una lunga esperienza, nel corso di questa Seconda Repubblica, ci ha insegnato che la verità e la giustizia processuali, pur pienamente legittime, non coincidono spesso con quelle reali. Perciò non ci si deve attendere – neanche in questo caso – che siano le sentenze dei giudici a sciogliere i nodi della politica, che invece vanno affrontati guardando alla realtà.

I fatti

E, nel caso del naufragio di Crotone, la realtà dei fatti è ormai abbastanza chiaramente accertata. Ricostruiamone brevemente lo svolgimento. Sono le 22.30 quando un aereo Frontex (l’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera), segnala la presenza di un barcone a 40 miglia dalle coste crotonesi e indica le coordinate. Fa anche sapere che, dal monitoraggio satellitare, è possibile rilevare la presenza di una «significativa risposta termica». Insomma, che quella barca è stracolma di persone. Viene inoltre rilevato che a bordo c’è un telefono cellulare turco. Dunque, si tratta di una imbarcazione di migranti. Viene informata, per conoscenza, anche la Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma.

Poco dopo la mezzanotte partono due mezzi della Guardia di Finanza. Ma il mare è troppo agitato – forza 5, a tratti forza 6 – e le motovedette delle Fiamme Gialle sono costrette a rientrare. Non essendo destinate ai salvataggi, ma alla “intercettazione”, non sono equipaggiate per il mare grosso. Verso le due un nuovo tentativo, anche questo vano.

Alle 4,10 di domenica 26 una telefonata al 112, partita da un cellulare internazionale – in cui si sentono le voci concitate delle persone che invocano aiuto – mette in moto i soccorsi, ormai tardivi: il barcone si è spezzato e in mare e sulla spiaggia ci sono quasi soltanto cadaveri.

Tra le 22,30 e le 4,10 c’era tutto il tempo per soccorrere l’imbarcazione dei migranti. Bastava che, invece delle motovedette della Guardia di Finanza uscissero quelle della Guardia costiera, attrezzate anche per affrontare il mare più agitato e dunque in grado di portare soccorso al barcone. Perché non lo hanno fatto?

La risposta che è stata data – secondo cui la comunicazione dell’aereo di Frontex non parlava di una situazione di pericolo – è evidentemente inadeguata. Il fatto stesso che per due volte le motovedette delle Fiamme Gialle abbiano dovuto tornare in porto per la violenza del mare forza 6 dimostrava con chiarezza che il pericolo per l’imbarcazione dei profughi in arrivo c’era ed era grave.

E neppure è plausibile la giustificazione basata sul fatto che dal barcone non è arrivato nessun SOS. In un regolamento per i soccorsi in mare redatto nel 2020 dalla Capitaneria di Porto-Guardia Costiera, entrato in vigore dal 2021 – voluto dall’allora ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli proprio per cancellare le ambiguità su questo punto – , dice chiaramente che le operazioni di salvataggio devono scattare alla minima segnalazione: «Quando si presume che sussista una reale situazione di pericolo per le persone, si deve adottare un criterio non restrittivo, nel senso che una notizia con un minimo di attendibilità deve essere considerata veritiera a tutti gli effetti».

Una scelta politica

La sola spiegazione del mancato invio delle motovedette della Guardia costiera può essere che si è scelto di fronteggiare l’arrivo dei migranti con una operazione di polizia di frontiera – spettante appunto alla Guardia di Finanza – e non come una operazione SAR (dall’ inglese Search And Rescue: “ricerca e soccorso”). Non siamo in grado di dire chi ha preso concretamente questa decisione – sarà l’indagine giudiziaria a stabilirlo – , ma possiamo senza alcun dubbio individuarne la responsabilità politica nella linea della maggioranza al governo.

Già nel suo programma elettorale si leggeva, al punto 6, un preciso impegno: «Difesa dei confini nazionali ed europei come richiesto dall’UE con il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo, con controllo delle frontiere e blocco degli sbarchi per fermare, in accordo con le autorità del nord Africa, la tratta degli esseri umani». Dove l’espressione «difesa dei confini nazionali ed europei» implicava, già di per sé, l’assimilazione dei migranti a invasori da respingere.

E come tali sono stati trattati i profughi poi annegati sulla spiaggia di Crotone. Questo spiega anche perché, mentre il presidente della Repubblica e la segretaria del maggior partito di opposizione si sono recati a rendere omaggio alle loro salme, nessun esponente del governo ha ritenuto di doverlo fare. Per il nostro esecutivo erano solo clandestini, fuori-legge che venivano a violare i nostri confini.

Naturalmente ciò non significa che se ne volesse direttamente la morte. L’importante è che i migranti non vengano a “invaderci”. E questo in concreto si traduce in una drastica alternativa: annegamento nel Mediterraneo o blocco delle partenze. La seconda ipotesi è quella preferita: già nel programma sopra citato, il riferimento all’«accordo con le autorità del nord Africa» allude alla soluzione più volte indicata dalla Meloni, che prevede di fermare i migranti prima che partano.

Il blocco delle partenze

È una strada già inaugurata dal ministro dell’Interno del governo di centrosinistra guidato da Paolo Gentiloni, Marco Minniti, che nel febbraio del 2017, con l’accordo della UE, ha firmato un “Memorandum d’intesa” col governo libico in cui si concedevano aiuti economici e supporto tecnico, in cambio dell’impegno di quel governo di controllare più strettamente le partenze dei migranti dalle sue coste, facendone bloccare i barconi dalla sua Guardia costiera e trattenendo le persone in appositi “centri d’accoglienza”.

Un accordo bollato con parole durissime dall’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Raad al Hussein: «La politica Ue di assistere le autorità libiche nell’intercettare i migranti nel Mediterraneo e riportarli nelle terrificanti prigioni in Libia è disumana. La sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità».

Coerentemente con il suo programma – peraltro approvato dagli elettori -, il nuovo governo di destra ha rinnovato l’accordo. Anzi, a suggellarne la continuità, il nostro premier, Giorgia Meloni, lo scorso 28 gennaio, in occasione della sua visita in Libia, ha concordato la consegna di cinque motovedette alla Guardia costiera. È significativo che questa ultima intesa sia stata firmata dal nostro presidente del Consiglio il giorno dopo la “Giornata della memoria” celebrata, in ricordo dell’Olocausto, all’insegna del grido unanime: «Mai più!».

Pochi giorni prima, la Meloni si era visibilmente commossa parlando delle vittime delle persecuzioni razziali durante la cerimonia per la festa ebraica Hannukkah al museo ebraico. Il suo intervento è iniziato asciugandosi le lacrime: «Noi femmine ogni tanto facciamo questa cosa un po’ così… Di essere troppo sensibili… Noi mamme in particolare…».

I migranti morti a Crotone non venivano dalla Libia, ma da terre non meno devastate dalla violenza e dalla miseria: Afghanistan, Siria, Iraq e Pakistan. C’erano a bordo molte donne con i loro bambini. Chi sa se Giorgia Meloni ha versato anche per loro qualche lacrima di mamma…

L’ alternativa è la morte

Quel che è certo è che, al di là delle emozioni, la sola alternativa prevista dal governo da lei presieduto rimane quella sopra detta: se non si riesce a bloccarne la partenza, la sola soluzione non è che i migranti – uomini, donne, bambini – vengano salvati, ma che anneghino. Se ciò accade, dunque, è colpa loro.

È quello che, ingenuamente, ha detto, senza i giri di parole dei diplomatici, il ministro Piantedosi. La sua colpa è di essere stato chiaro – da buon “questurino”, come lui stesso si è vantato di essere – , nell’esprimere il punto di vista del governo: «L’unica vera cosa che va detta e affermata è: “Non devono partire”. [Non si può] immaginare che ci siano alternative da mettere sullo stesso piano – salvare, non salvare…». La sola vera alternativa è la morte.

Lo ha ripetuto in un tweet anche Vittorio Feltri, giornalista storico della destra e ora anche rappresentante di FdI in Lombardia: «Agli extracomunitari ricordo un vecchio detto italiano: partire è un po’ morire. State a casa vostra».

Per questo il governo ha varato un “Decreto sicurezza” che cerca di eliminare la falsa “terza alternativa” costituita dal «salvare», cercando di limitare e ostacolare il più possibile l’attività di soccorso delle ONG. O non si parte, o bisogna sapere che se si parte si muore.

Piantedosi non ha capito che era meglio non dire queste cose nel bel mezzo di una commozione collettiva. Anzi, è stato così sprovveduto da esplicitare un punto che nemmeno Giorgia Meloni finora aveva avuto il coraggio di dire, continuando a trincerarsi dietro il solito «Aiutiamoli a casa loro». E cioè che gli stranieri che hanno problemi devono cercare di aiutarsi da sé – come hanno insegnato al ministro fin da bambino – , perché noi italiani, più in generale noi europei, non abbiamo nessuna intenzione di farlo.

E quando i nostri politici continuano a ripetere che è l’Europa a dover intervenire per risolvere il problema dei flussi migratori, non pensano certo che debba farlo per sanare le piaghe economiche e politiche di paesi come la Libia o la Siria o l’Afghanistan (qui non ci sono riusciti neppure gli Stati Uniti in vent’anni di occupazione…), ma per rendere sempre più efficiente il servizio di pattugliamento poliziesco di Frontex e impedire che questi migranti vengano a naufragare sulle nostre coste, disturbando la tranquillità delle nostre coscienze.

(Fonte:Tuttavia.eu)

Giusepe Savagnone (Responsabile del sito della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo, www.tuttavia.eu.
Scrittore ed Editorialista)

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Cultura

Matilde Capizzi, sindaco dei ragazzi dell’Istituto John Dewey

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Originale lezione di Educazione civica al Palazzo degli elefanti.

Un concorso per il “bollino blu di qualità- città pulita” per i bar, ristoranti negozi e chioschi che occupano il suolo pubblico.

Una nuova primavera per Catania  

Giuro di essere fedele alla Repubblica…. di osservare lealmente le leggi dello Stato. M’impegno a collaborare per il bene della scuola, piccola città e per la crescita sociale e civile della Comunità scolastica“,  sono queste le  parole che Matilde Capizzi, alunna di quarta primaria, dell’Istituto Paritario “John Deweyha pronunciato con emozione nella splendida sala consiliare di Palazzo degli Elefanti, prima di indossare la fascia tricolore di “sindaco dei ragazzi”

Nel corso della solenne cerimonia, coordinata dal preside Giuseppe Adernò, ideatore del progetto e presidente dell’Associazione dei Consigli Comunali dei Ragazzi, sono stati evidenziati segni e simboli di Educazione Civica: la Costituzione, il bacio della bandiera, la fascia tricolore, l’atto di giuramento firmato dalle Autorità presenti ed anche dai genitori, come segno di collaborazione tra scuola e famiglia nella condivisone del progetto didattico

E’ la prima volta che l’Istituto John Dewey, scuola paritaria ad indirizzo internazionale, realizza il progetto del Consiglio comunale dei Ragazzi e gli alunni della classe quarta, fortemente emozionati sono stati protagonisti di una lezione di Educazione civica.

Alla presenza del vice presidente vicario del Consiglio Riccardo Pellegrino, dell’assessore all’Istruzione Andrea Guzzardi,  dei responsabili della scuola Martina Formosa e Mariagrazia Puglisi, e dei i genitori  il sindaco Matilde Capizzi, il vice sindaco Matteo Angiolucci, il presidente del Consiglio, Mattia Biagianti,  hanno esposto programmi e progetti  da realizzare a scuola e in città.

Particolarmente significativa la proposta di un concorso che coinvolge i bar, ristoranti e chioschi e occupano il suolo pubblico al fine di assegnare il “bollino blu di qualità, città pulita” ai titolari degli esercizi commerciali cha mantengono pulito e decoroso lo spazio pubblico occupato.

Il sindaco dei ragazzi ha nominato gli assessori: Chiara Asero, all’ambiente e alla custodia del creato: Annaflavia Augusto, alla solidarietà e alla gentilezza; Manuel Morillo allo sport, Antonio Pampallona alla cultura e all’istruzione e Vittorio Virgilio alla musica e all’armonia.

Il presidente del Consiglio, Mattia Biagianti  ha presentato i consiglieri: Andrea Giuffrida, Nathaniel Broomal e Thomas Romano.

Insieme, tutti i ragazzi, anche se ancora piccoli, sono come le rondini e annunciano per la città di Catania una nuova primavera di cittadinanza attiva e responsabile.

Giuseppe Adernò

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Arianna

Rome International Documentary

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La terza edizione del Rome International Documentary Festival, il Festival del documentario creativo di Roma, torna al Nuovo Cinema Aquila con un programma ricco di film documentari provenienti da tutto il mondo, Masterclass con autori di fama internazionale, occasioni di incontro e momenti di scambio tra pubblico e professionisti del settore.

Il RIDF 2024 propone 11 film del concorso internazionale WORLD-DOC, tutte anteprime romane e 9 film italiani del concorso ITA-DOC, selezionati tra le migliori produzioni della stagione. Il concorso SHORT-DOC, 10 corti proiettati sia in sala che visibili gratuitamente in streaming sulla piattaforma MyMovies, durante le giornate del Festival.

Ogni giorno sono previste le proiezioni dei film in concorso dalle 15.00 del pomeriggio fino a tarda sera in due sale del Nuovo Cinema Aquila. Ad ogni film seguirà il Q&A con gli autori.

Dalle 18:00 alle 19:00 il Festival offre l’aperitivo Drink&Doc nel foyer del cinema, un’occasione per incontrare i registi dei film del giorno.

Oltre ai film il concorso il Festival propone 4 proiezioni fuori concorso:

No Other Land” (Norvegia, Palestina, 2024, 96’)
Giovedì 5 dicembre, ore 20.30
Film di apertura del Festival, realizzato da un collettivo israelo-palestinese premiato come miglior documentario al Festival di Berlino 2024. Interverrà in collegamento online il regista Basel Adra.

Brandy Hellville – L’inferno del Fast Fashion” (USA, 2024, 91′)
Venerdì 6 dicembre, ore 15:30
Il film della regista premio Oscar Eva Orner, è stato a lungo il documentario più visto in streaming negli USA, consigliato per partecipare alla masterclass della regista.

State Funeral” (Paesi Bassi, Lituania, 2019, 135′)
Sabato 7 dicembre, ore 15:00
Il film d’archivio del pluripremiato regista ucraino Sergei Loznitsa racconta il funerale di Joseph Stalin come il culmine del culto della personalità del dittatore. Verrà proiettato il giorno precedente la masterclass dell’autore.

“REAL” (Italia, Francia, 2024, 83’)
Lunedì 9 dicembre, ore 16:30
Il secondo lungometraggio di Adele Tulli, presentato al Locarno Film Festival, premio Miglior progetto agli Atelier del Milano Film Network e Prix du Jury del Festival del Cinema di Villa Medici Roma, verrà proiettato a precedere la masterclass della regista.

Anche quest’anno proponiamo le masterclass, organizzate in collaborazione con DAMS Università Roma Tre, con tre autori del documentario di fama internazionale:

Sabato 7 dicembre, ore 10:30 – Sala 1
Il segreto del successo nei documentari internazionali. Dalla concezione dell’idea al rapporto con le piattaforme
EVA ORNER (regista e produttrice)

Domenica 8 dicembre, ore 10:30 – Sala 1
Comprendere il presente
SERGEI LOZNITSA (regista)

Lunedì 9 dicembre, ore 18:00 – Sala 2
Cosa è reale?
ADELE TULLI (regista)

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Cultura

Compiti e funzioni del docente

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queste parole Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha dato avvio all’anno scolastico 2024-2025, ponendo al centro dell’azione didattica l’Educazione Civica, unica disciplina che porta ancora la denominazione di “Educazione”, termine che negli anni passati connotava tutte le materie scolastiche, convergenti nell’azione educativa e formativa dello studente, che si prepara ad essere “cittadino” attivo e responsabile al termine del percorso.

Il seminario di studio sul tema: “Compiti e funzioni del docente Referente dell’Educazione Civica” , promosso, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Territoriale di Catania, dalle Associazioni “CCcR. Consigli Comunali dei Ragazzi; Ambasciatori dell’Educazione Civica e UCIIM” offre una positiva occasione di riflessione sul modo di valorizzare la trasversalità della disciplina al fine di promuovere apprendimenti efficaci, e modificare il modo di pensare, di sentire e ai agire degli studenti.

Le nuove “Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione Civica” offrono molteplici spunti operativi e nel corso del seminario, moderato da Mariella Chiantello, intervengono, dopo i saluti istituzionali della dirigente del Convitto Nazionale, Anna Spampinato; del provveditore, Emilio Grasso e dell’Assessore Andrea Guzzardi; il preside Giuseppe Adernò, presidente del CCdR; il prof. Antonio Fundarò, dell’Istituto Tecnico di Partinico; il prof. Alessio Annino dell’Università di Catania.

Le riflessioni dei relatori saranno arricchite dalle testimonianze di Letizia Spampinato e Sandro Torrisi, dell’Associazione CCdR e dagli interventi dei docenti che operano sul campo, proponendo innovative strategie didattiche che producono efficaci apprendimenti

 

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In Tendenza