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Cinema

Presentato il restauro di Rocco e i suoi fratelli

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Rocco e i suoi fratelli è stato un restauro doveroso, rappresenta un film poderoso e importante della storia del cinema.

Per Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, il nuovo restauro è stato supervisionato dallo stesso direttore della fotografia del film, Giuseppe Rotunno, che ha recuperato i tagli di censura avvenuti dopo la prima alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1960: in particolare, le due sequenze della violenza di Simone (interpretato da Renato Salvatori) su Nadia (Annie Girardot) e dell’omicidio ora restituite nella loro integrità. In film come questi, anche pochi secondi possono fare la differenza.

Quelle scene costarono caro a Visconti: il film fu osteggiato dai politici e bersagliato dalla censura, fu accusato di oscenità e dovette affrontare un processo che lo assolse soltanto sei anni dopo in modo definitivo, nonostante questi fattori incassò nelle sale di seconda e terza visione, in provincia più che nelle grandi città e fu molto apprezzato dalla critica.

In quegli anni il lavoro di Visconti era versatile e allo stesso tempo complesso, si impegnava non solo come regista di film così grandi, nel senso letterale del termine, ma anche in allestimento e regia di opere teatrali (collaborò molto conMaria Callas a cui era legato anche da una profonda amicizia), balletti, opere liriche. Tutto nei suoi lavori era curato, minuzioso, riusciva – nonostante i problemi di salute che già lo affliggevano all’età di 53 anni – a fare ‘tutto e bene’ come ricorda Caterina D’Amico. Quest’ultima ha poi svelato preziosi aneddoti circa la stesura del soggetto e della sceneggiatura e ha spiegato come l’inserimento di un’opera costituita come Rocco e i suoi fratelli nella carriera di Visconti non sia per niente casuale, ma frutto di un lavoro di ricerca, di fusione e contaminazione. La storia che ha dato origine al soggetto è stata stesa in un mese insieme a Suso Cecchi D’Amico e Vasco Pratolini e la sceneggiatura invece ha preso forma in un anno. La fusione di elementi di cronaca nera e elementi letterari ( tratti dal romanzo Il ponte della Ghisolfa di Giovanni Testori) è venuta fuori dalle menti e dalle penne di sceneggiatori dell’epoca giovani ma esperti, come ha sottolineato la D’Amico: oltre a sua madre Suso Cecchi D’Amico, si riferiva a Pasquale Festa CampanileMassimo FranciosaEnrico Mediolie Luchino Visconti stesso, il quale del film disse: “Tutto si può definire, tranne che un film naturalistico”.

Gian Luca Farinelli ha invece raccontato come il lavoro di restauro in collaborazione con Martin Scorsese sia stato avvincente: “Scorsese si nutre di cinema, di cinema italiano, fa cinema perché ritrova le sue origini ( i nonni erano siciliani, ndr). Nella sua fondazione a New York ci sono tutti uffici piccolissimi per i suoi collaboratori, al centro c’è una sala grande con uno schermo dove ci ha accolti e dove gli abbiamo presentato il restauro. Martin è un uomo preciso, ha appuntato tutto, ha studiato. Collaborare con lui è sempre sorprendente”.

Il risultato finale è stato originale, diverso dagli altri lavori, unico.

 

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Cinema

“Il mio clown”, il film di Francesco Lama

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Un uomo di circa 80 anni ogni giorno si reca in un centro diurno per persone con disabilità. Si veste puntualmente da clown e partecipa alle attività del centro immerso completamente nella parte. Questa è la storia di un clown! Diventato clown nell’età della sua fragilità. Questa è la storia di un clown, che è diventato clown per sostenere i fragili e gli ultimi. Questa è una storia! Scritto e diretto da Francesco Lama, il film #ilmioclown tocca argomenti sociali importanti.

Colonna sonora di Antonio Smiriglia, direttore fotografia D avide Cuscunà, musiche Tindaro Raffaele, prodotto dalla nucciarte produzioni con il sostegno della Fondazione Mancuso onlus, e Irritec

 
Trailer IL MIO CLOWN scritto e diretto da Francesco lama, iscritto in concorso ai premi DAVID DI DONATELLO 2025.
 
 
Guarda l’intervista al regista in Open day cinema a Radio In
 
 
 
 
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Cinema

Sonia Bergamasco, attrice e regista

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E’ considerata una delle attrici italiane più amate. In questi giorni al cinema nel film di Alessandro Tonda, Il Nibbio, nei panni della giornalista Giuliana Sgrena. Il suo debutto alla regia nel documentario biografico su Eleonora Duse, un’attrice leggendaria che ha illuminato la strada alle generazioni successive con l’energia dirompente del suo corpo di scena. Dando voce ai testimoni, di ieri e di oggi, il film cerca di fare luce sul corpo dell’artista come strumento da scoprire, per comporre un ritratto plurale dell’attrice al presente. Sonia sarà in scena il prossimo 9 maggio a Siracusa in “Elettra” di Sofocle, diretta da Roberto Andò.

Sonia Bergamasco è attrice e regista, musicista e poetessa, diplomata in pianoforte presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e in recitazione presso la Scuola del Piccolo Teatro[1]. Dopo il debutto in Arlecchino servitore di due padroni di Giorgio Strehler, ha lavorato nel Pinocchio di Carmelo Bene e con registi quali Theodoros Terzopoulos e Massimo Castri, in teatro.

Nel 2003 ottiene la candidatura ai Nastri d’argento e al Globo d’oro come miglior attrice protagonista per il film La meglio gioventù. Nel cinema ha recitato con registi come Silvio Soldini, Giuseppe Bertolucci, Liliana Cavani, Marco Tullio Giordana, Bernardo Bertolucci, Gennaro Nunziante. Nel 2016 è stata scelta come madrina della 73ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Sostiene l’organizzazione Medici Senza Frontiere. Nel 2017 ha visitato tre ospedali di MSF in Giordania per la campagna “Cure nel Cuore dei conflitti”[2].

Vita privata

È sposata dal 2000 con l’attore Fabrizio Gifuni e ha due figlie.

Guarda l’intervista a Radio In

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Cinema

La scuola romana delle risate

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Esce in sala il 17, 18 e 19 aprile, il film “La scuola romana delle risate”,  un documentario del regista Marco Spagnoli. Un tributo alla grande tradizione satirica di Roma, un’opera che celebra l’ironia e la creatività di una città che ha sempre saputo ridere di se stessa e della realtà che la circonda. Con una narrazione coinvolgente, a cura di Carlo Verdone,  il film esplora il modo in cui la capacità di ironizzare su tutto sia diventata parte integrante dell’identità romana, un’arte unica in Italia che si rinnova costantemente e continua a conquistare il pubblico di ogni generazione.

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