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Cultura

Profeti di pace, a lezione con Mons.Giuseppe Baturi

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La beatitudine

Beati gli operatori di pace”  risposta al comandamento dell’amore verso il prossimo attraverso anche la ricerca del bene comune impegna ogni cristiano ad essere “artigiano di pace”, dando concretezza alla cultura della pace che non è soltanto assenza di guerra, ma espressione del ben-essere sociale e civile dell’intera società umana.

Le persistenti ombre nere delle guerre nelle diverse nazioni e quella vicina tra Russia e Ucraina pongono alla ribalta il valore della pace che va coltivato e custodito.

Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Vice presidente della CEI, alla luce anche degli incontri con autorità ed ecclesiastici dei Paesi che vivono il dramma della guerra: un Vescovo del Congo  e l’arcivescovo Mieczysław Mokrzycki  durante la sua ultima visita a Leopoli ha sollecitato ad un concreto impegno di “educazione alla pace”.

Comunione e  Liberazione”

All’incontro del 6 febbraio, promosso da “Comunione e  Liberazione” introdotto dal prof. Alfonso Ruggiero con la partecipazione di un folto pubblico, presso la sala teatro  dell’Istituto Ventorino  con  la presenza di Mons Salvatore Pappalardo e Mons. Michele Pennisi, il Relatore ha tracciato un percorso di ricerca che trova le radici dei conflitti di guerra nell’idolatria, come aveva già affermato don Giussani.

Ricordando il 60° dell’enciclica Pacem in terris di Papa Giovanni XXIII e rileggendo la lettera di San Giacomo, i testi conciliari e le espressioni forti e decise di Papa Francesco, ha riproposto l’attenzione agli interrogativi della lettera indirizzata al popolo ucraino: «Nella croce di Gesù oggi vedo voi, voi che soffrite il terrore scatenato da questa aggressione. Sì, la croce che ha torturato il Signore rivive nelle torture rinvenute sui cadaveri, nelle fosse comuni scoperte in varie città, in quelle e in tante altre immagini cruente che ci sono entrate nell’anima, che fanno levare un grido: perché? Come possono degli uomini trattare così altri uomini?».

Educare alla pace

Insieme alla costante preghiera per la pace, Mons. Baturi ha elencato i compiti che rendono concreta l’educazione alla pace.

Nelle scuole tale attività viene promossa tramite concorsi e disegni, e si evidenzia come alla tradizionale simbologia di rami di ulivo, colombe, mani che si intrecciano.  Una ragazza, con immaginazione creativa, invece, ha disegnato un telescopio spaziale che manda raggi d’amore sulla terra, affermando che la pace viene dal cielo, è dono di Dio e come tutti i doni si espande nel tessuto sociale.

Alcuni anni fa, durante la Messa, quando non avveniva lo scambio del segno di pace, era frequente il canto: “Pace a te, fratello mio, Pace a te, sorella mia, Pace a tutti gli uomini di buona volontà. Pace nella scuola e nella fabbrica, nella politica e nello sport, Pace in famiglia, Pace in automobile, Pace nella Chiesa”. La Pace, infatti, coinvolge tutta la persona e l’intera società in tutte le sue articolazioni ed ogni azione rende ciascuno operatore di pace.

La verità, la giustizia e la libertà, che sono i pilastri della pace sono valori che necessitano azioni concrete e coinvolgenti in un “pellegrinaggio di verità e di bellezza”, rispondendo all’idolatria dell’oggi che innalza l’altare dell’economia, del guadagno, del denaro  e mortifica l’educazione e i valori umani.

Giuseppe Adernò

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Cultura

Sant’Agata e i Bambini, il loro omaggio

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Tradizionale omaggio dei bambini a Sant’Agata, protagonisti di un gesto di carità

Riproponendo un gesto della tradizione antica, quando, il 2 febbraio, festa della presentazione di Gesù al tempio, le nobildonne catanesi portavano i loro bambini in chiesa e venivano donati i vestiti ai bambini poveri, com’è rappresentato dal dipinto di Giuseppe Sciuti (1898) nel secondo altare di sinistra della chiesa di S, Agata La Vetere, la prima cattedrale di Catania.

 

Venerdì 31 gennaio, per iniziativa del preside Giuseppe Adernò come già negli altri anni, è stata rinnovato il tradizionale incontro con Sant’Agata dei bambini della scuola primaria  ed hanno partecipato 180 bambini delle scuole: “Diaz -Manzoni”, “Santi Giuffrida “ e dell’Istituto Paritario “John Dewey”

 

Dopo la lettura dialogata del racconto del martirio di Sant’Agata, eseguita da Ivano, Lavinia, Angelo, Gabriele, Paula e Gloria, alunni della classe seconda dell’Istituto “John Dewey” , coordinato dal preside Giuseppe Adernò, tutti i bambini per classe hanno aperto i loro zainetti ed hanno presentato all’altare biscotti, pasta, zucchero, e cibi a lunga conservazione, che sono stati raccolti dai volontari della Caritas in 22 ceste.

Gli alunni della scuola Diaz-Manzoni, con la guida dell’insegnante Di Stefano, hanno eseguito in chiusura il tradizionale inno a Sant’Agata.

La visita ai santuari agatini, al santo carcere e alla fornace, ha arricchito di cultura e di storia la giornata scolastica in preparazione alla festa della Santa Patrona.

Il prossimo anno, lunedì 2 febbraio, la cerimonia del dono sarà ripetuta e coinvolgerà i bambini delle altre scuole della città

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Cultura

Il dongione del sapere

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A MOTTA prende avvio l’Università delle tre età, con un percorso di incontri di educazione permanente

E’ stata inaugurata sabato 11 gennaio l’Università delle tre età a Motta S Anastasia in collaborazione con l’Irsef  e l’associazione “Immagina “ in via terre nere.

L’incontro augurale dopo il saluto introduttivo del presidente di “Immagina” Matteo Gallone, ha visto protagonista il giovane talento di chitarra Kristiano Mavilla

Sono intervenuti il dott. Giuseppe Zappalà e la promotrice del progetto , prof. Angela Giardinaro, la quale ha illustrato la genesi dell’iniziativa che intende essere un servizio alla comunità cittadina ed un positivo contributo al processo di Educazione permanente che accompagna l’ordinarietà della vita quotidiana.

Gli incontri costituiscono, infatti, una breve sosta per pensare, e poi agire in coerenza ai principi e ai valori che ciascuno interiorizza

E’ stato presentato il programma di 15 incontri a cadenza settimanale che affrontano un molteplicità di aspetti culturali: i valori e i simboli della Repubblica, l’arte, la poesia, la tecnologia e l’intelligenza artificiale, la violenza di genere,  i miti religiosi  la biodiversità, la matematica dei codici, l’opera dei pupi, il ruolo della polizia postale, l’ambiente, il territorio e l’Etna, l’arte musicale, l’Alzheimer, il disagio giovanile, la storia di Sicilia  dallo sbarco allo Statuto.

Sono stati presentati alcuni dei relatori che hanno offerto la propria disponibilità in questo servizio culturale e civico. Sono intervenuti i presidi Giuseppe Adernò, già dirigente a Motta S Anastasia dal 1989 al 2000; Vincenzo Ligresti di Paternò, i docenti relatori: Margherita Platania, Rosanna La Malfa, Maria Teresa Moscato, Margherita Francalanza, Maria Dari, Graziella Priulla, Margherita Aiello, Angela Giardinaro; Vito Sapienza, Alessandro Puglisi, Luciano Signorelli, Alessandro Napoli, Giuseppe ed Emiliano Zappalà.

Un bianco albatros di cultura si pone sull’antico dongione normanno e dall’alto diffonde piccoli semi che germogliano nel fertile terreno della comunità mottese.

Il progetto prevede anche delle escursioni culturali a Catania per la festa di S Agata, al museo dello Sbarco e sull’Etna.

Il primo incontro, a cura del preside Giuseppe Adernò, avrà luogo mercoledì 15 gennaio, sul tema: “Valori e simboli della Repubblica, diritti e doveri del cittadino” .

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Cultura

“Ci hanno nascosto Danilo Dolci”

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Cosa accomuna un maestro elementare, Giuseppe Maurizio Piscopo,  40 anni trascorsi nelle scuole, spesso più difficili, a insegnare ai bambini la cultura della non violenza e l’impegno per la giustizia sociale, con l’intellettuale Danilo Dolci, anche lui  educatore, che fra gli anni ’50 e ’60 scelse la Sicilia per promuovere il suo pensiero  soprattutto alle giovani generazioni?

Giuseppe Maurizio Piscopo

E’ inevitabile, per chi conosce bene il poliedrico Piscopo, che è anche compositore e musicista, che il titolo che ha voluto dare alla sua ultima “creatura” editoriale: “Ci hanno nascosto Danilo Dolci”, pubblicato da Navarra editore, pensare che può essere una provocazione del nostro tempo. La sua è stata una ricerca sul campo, prima di scrivere questo prezioso volume, ha girato tante biblioteche non riuscendo quasi mai a trovare i libri di Dolci, autore di più di 80 pubblicazioni di cui 25 di poesie. Cita “Chi gioca solo” il volume di 328 pagine, pubblicato per la prima volta nel 1966 da Einaudi. Un’opera ancora oggi attuale che analizza le dinamiche sociali e politiche della Sicilia del dopoguerra, con particolare attenzione al fenomeno mafioso e alle sue connessioni con il potere politico. Piscopo si interroga come mai in Italia non c’è traccia del volume e nessuno ne parla mentre si continua a leggere in Inghilterra e in America? Danilo Dolci affermava che “Chi gioca solo non perde mai”, riprendendo un antico proverbio siciliano, e scrive: “Una delle risposte più illuminanti è condensata nel significato locale della parola “associazione”, che significa molto molto spesso “associazione a delinquere”: tutti coloro non vogliono dunque correre rischi, non mirano certo volentieri ad associarsi.”

Il pensiero di Dolci

Piscopo ci fa riscoprire con questo libro la bellezza del pensiero di Dolci, contro chi in tutti questo anni lo ha voluto oscurare, da qui il sogno di farlo inserire nei piani didattici dalla scuola elementare all’università. Oggi i giovani si infiammano contro la guerra, Dolci ha dimostrato che la nonviolenza non è rimanere passivi, anzi, significa sprigionare una forza attiva e potente per il cambiamento sociale. Riprendendo gli scritti, Piscopo  evidenzia quella partecipazione popolare capace di costruire una democrazia dal basso. Approccio ancora attuale se si pensa ai giganteschi numeri di chi sceglie di non andare a votare perché disilluso dalla politica.

 Il libro

Danilo Dolci

Il libro evidenzia bene la lotta di Dolci contro la povertà, la mafia e le disuguaglianze sociali, temi ancora di grande attualità che affliggono il mondo. Ecco perché ci ricorda l’importanza di impegnarsi per una società più giusta e inclusiva. Ma tornando all’attività di maestro elementare svolta da Piscopo, i suoi bambini di un tempo, sono gli adulti di oggi  e qualcuno lo ha pure associato alla maieutica di Socrate, la stessa tecnica utilizzata a Borgo Parrini da Dolci che mirava a fare emergere la consapevolezza e la creatività dei giovani, promuovendo in loro lo sviluppo personale e comunitario.

Dolci considerava l’educazione come uno strumento fondamentale per la crescita individuale e sociale. La sua attenzione all’educazione come motore di cambiamento è ancora attuale per formare cittadini consapevoli e responsabili. Lo conosce bene Piscopo il documentario realizzato da due ex studenti della sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia, Leandro Picarella e Giovanni Rosa, dal titolo: “Dio delle Zecche”. In questo lavoro i giovani cineasti raccontano la figura, la storia, le opere di Danilo Dolci, attraverso il viaggio che il figlio più giovane, En, percorre dalla Svezia, Paese in cui è cresciuto, fino a Trappeto. Un viaggio per luoghi e persone, ma soprattutto un viaggio attraverso il tempo, alla ricerca della memoria perduta di un intero paese. Una memoria fatta di lotte, di scioperi alla rovescia, di marce per la pace. Una memoria nonviolenta.

Il libro “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” con l’introduzione di Salvatore Ferlita e la post fazione di Amico Dolci, contiene interviste inedite e diverse fotografie concesse da Giuseppe Leone e Melo Minnella, alcune tratte dall’ archivio del Centro per lo Sviluppo Creativo “Danilo Dolci”. L’autore, assieme a Pier Paolo Petta, esegue con la fisarmonica la colonna sonora “Spine Sante”, trascritta da Gioacchino Zimmardi. Una vera chicca e un buon motivo per acquistare il libro.

Ivan Scinardo

 

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