Cinema e sonoro un binomio indissolubile. Migliaia di film, entrati negli annali della storia del cinema, conservano voci di doppiatori italiani che rimarranno per sempre. Uno dei padri di questa straordinaria arte è stato Feruccio Amendola, a lui è dedicata la biografia. “Le voci del tempo perduto”, un volume scritto nel 2004, con uno scopo meramente divulgativo, dallo storico Gerardo Di Cola.
Indimenticabile la voce di Amendola di attori del calibro di: di Robert De Niro, Sylvester Stallone, Dustin Hoffman e Al Pacino. Si lamentava dei limiti temporali ed economici che tutt’oggi fanno diminuire i margini di autonomia professionale dell’attore – doppiatore e non permettono ai giovani di crescere. “Vengono chiamati i più bravi, diceva, perché non c’è tempo di imparare. Vanno avanti quelli che riescono ad imparare da soli. Chi vuole iniziare a fare il doppiatore deve comunque frequentare una scuola di recitazione”.
Gli italiani sono considerati fra i migliori al mondo. Le principali città in cui operano sono Roma, dove si doppia dal1932, eMilano, che ha iniziato intorno agli anni settanta.
Dei siciliani il più importante dei doppiatori è stato Tonino Accolla, scomparso 5 anni fa. Originario di Siracusa, la sua voce è legata al personaggio di Homer Simpson e rimarrà indimenticabile nelle 23 stagioni andate in onda in tutto il mondo. Un legame fortissimo quello dell’attore siracusano con i Simpson; ha voluto doppiare Homer fino a pochi giorni prima del suo decesso, avvenuto purtroppo per un brutto male. La Sicilia ha dato i natali a un artista atipico, considerato, per le sue doti performanti, camaleontico, con una voce speciale, si ricorderà l’incredibile risata di Eddie Murphy. Accolla ha prestato la voce a Jim Carrey, Ace Ventura nel film: “Una settimana da Dio”, Ben Stiller in “Tutti pazzi per Mary”, Gary Oldman in “Léon”, Tom Hanks in “American Graffiti”. In una intervista televisiva dichiarò di non avere mai dimenticato le sue origini; si definiva infatti un “Picciuttazzu di strada”; da bambino si bagnava il dito con la saliva per assaggiare il sapore della terra.
Accolla, come molti doppiatori, ha esordito nel teatro; così anche Massimo Lopez che lo sostituì nei Simpson e Angelo Maggi (voce del Commissario Winchester, Iron Man e Tom Hanks). Tanta recitazione e un lunghissimo lavoro di perfezionamento della voce. Per molti infatti doppiare non significa utilizzare soltanto lo strumento della voce, ma occorrono doti performanti e interpretative tipiche dell’attore.
La voce ufficiale italiana di Michelle Pfeiffer, Emma Thompson, Robin Wright, Rene Russo, solo per citarne alcune, Emanuela Rossi, intervistata dal sito “Eccellenze italiane” ha detto: “la voce è la colonna sonora della mia vita; è uno strumento che abbiamo a disposizione, ma è anche una espressione della nostra anima e della nostra emotività. Chi fa il doppiatore deve avere una dote particolare, quella di provare emozioni e saperle trasferire agli altri. E questo non può insegnartelo nessuno. Per arrivare a grandi risultati c’è tanto studio dietro”.
Oggi il settore del doppiaggio può essere una interessante opportunità lavorativa per molti giovani. Si contano un migliaio di occupati; l’Associazione nazionale degli attori e doppiatori (Anad) conta circa 300 soci a Roma, ma è ipotizzabile che siano almeno il doppio i liberi professionisti o coloro che sono associati nelle cooperative. La paga media è di 5 mila euro lordi al mese. I professionisti più ricercati, Giancarlo Giannini (Jack Nicholson, Al Pacino), Luca Ward (Pierce Brosnan, Russel Crowe e Samuel L. Jackson) per citare i più famosi, possono arrivare a guadagnare oltre 100 mila euro lordi annui prestando la voce a pochi film con budget alto. La richiesta di frequentare le scuole di doppiaggio è molto elevata; in realtà, come per recitazione, si contano poche istituzioni d’eccellenza, molti sono corsi bluff. Il percorso formativo non dura mai meno di 3 anni, con una serie di esami intermedi con prove al microfono che impietoso, svela anche i più piccoli difetti della voce. Attori-doppiatori, non ci si improvvisa: l’età media è tra i 22 e i 23 anni. Come ha spiegato Carlo Valli, storica voce di Robin Williams, “bisogna essere attori e non basta avere una bella voce”. Due le famiglie italiane che si dividono circa il 60% del mercato: Izzo e Acerbo, quest’ultima pseudonimo degli Ancidoni. Non sempre i nomi sono famosi; uno che non ha fatto la scuola di doppiaggio ma che ne ha studiato i meccanismi è l’informatico Salvatore Aranzulla, nato a Mirabella Imbaccari, in provincia di Catania e che oggi, con i suoi 2 milioni di euro di fatturato, è considerato il solutore, attraverso gli articoli del suo sito internet, di ogni problema legato al mondo delle tecnologie. In questi giorni è in sala il film della Disney: “Ralph spacca Internet”; Aranzulla si è cimentato nell’inedito ruolo del disturbatore di popup, ovvero la pubblicità invasiva. Con lui, in veste di doppiatori, anche Favij e l’ex modella Gamer.
Doppiare significa in qualche modo donare valore aggiunto all’ attore; rimarranno nella memoria il grido, uscito dalle corde vocali di Ferruccio Amendola: “Adriana!” nel film Rocky; o il balbettio di Woody Allen dell’esilarante Oreste Lionello o la possente voce di Massimo Decimo Meridio, alias Luca Ward ne: ”Il Gladiatore”. Tra i migliori anche Pino Insegno e Francesco Pannofino. In termini occupazionali è innegabile il contributo internazionale, che sta offrendo a molti doppiatori, Netflix con le sue centinaia di serie, in cui lo spettatore può scegliere la lingua e i sottotitoli. Un successo clamoroso per questa public company fondata, nel 1997, in California da Reed Hastings e Marc Randolph, che offre lavoro continuo a tanti doppiatori. I consigli per i giovani che vogliono intraprendere questa carriera, considerata a tutti gli effetti un mestiere del cinema, li ha dati, in una intervista, Mino Caprio, fra i più noti doppiatori di film d’animazione: “Recitare all’oratorio, a scuola ovunque; leggere, vedere film e registrare la propria voce mentre si ripete; essere autocritici di se stessi e, quando si è pronti, mettere su una compagnia con amici che la pensano un pò come te”.
Nel 1946 divenne socio della Cooperativa Doppiatori Cinematografici (C.D.C.), diventando per circa un ventennio il doppiatore piu rappresentativo. Divenne la voce italiana ufficiale o ricorrente delle piu celebri star maschili della storia del cinema, come Gary Cooper, Clark Gable (doppiati precedentemente dal collega Romolo Costa ), John Wayne, Gregory Peck, Burt Lancaster, William Holden, Jean Gabin, Randolph Scott, Joel McCrea, Howard Keel, Stewart Granger, George Sanders, Joseph Cotten, Charles Boyer, Henry Fonda, Orson Welles, Richard Burton, Charlton Heston, Robert Ryan, Sterling Hayden, Jeff Chandler, Vincent Price e Humphrey Bogart .
Famoso per la sua eccentricità in fatto di film, Charlie Kaufman non ha mai negato o confermato le miriadi di teorie di critici, giornalisti, addetti dello spettacolo che hanno analizzato le sue opere. Per questo motivo, è interessante analizzarlo nuovamente ora, a distanza di oltre vent’anni.
Con la regia di Spike Jonze e la sceneggiatura di Charlie Kaufman, duo che ci meraviglierà a distanza di tre anni con il capolavoro “Il Ladro di Orchidee” (2002), viene elaborata un’opera filmica totalmente differente da tutte le altre. Per entrambi infatti era la loro opera prima; nonostante ciò, il film è stato candidato agli Oscar per la regia, la sceneggiatura più originale e per la miglior attrice non protagonista (Catherine Keener).
Dall’unione di questi due rivoluzionari, nasce un capolavoro di una prospettiva mai vista prima.
L’opera tratta di un burattinaio fallito e ambulante, Craig Schwartz, che un giorno, dopo l’ennesima negazione al suo talento, decide di trovare lavoro come archivista. Il lavoro, però, è situato al settimo piano e mezzo di un edificio e nel proprio ufficio troverà una porta con una galleria che gli permetterà di entrare dentro la mente dell’attore John Malkovich.
Charlie Kaufman sembra sviluppare la novità prospettica di Quentin Tarantino in Pulp Fiction (1994) colorandolo con il suo estro: il taglio prospettico che utilizza è la struttura interna del viso da cui lo spettatore assiste alla scena solo attraverso due fori, ovvero gli occhi.
Spike Jonze, invece, arricchisce e fortifica la trama complessa e a tratti pesante con un ritmo incalzante fitto di tanta suspense che riesce a magnetizzare lo sguardo di chi lo guarda, permettendo di non perdere l’attenzione sulla trama altamente articolata di elementi, riuscendo con estrema tecnica a valorizzare tutti gli elementi senza far prevalere nessuno di essi.
La scarsità di dettagli della macchina da presa, e la scelta di crearli quasi esclusivamente all’inizio del racconto, sulla scena dei burattini in strada (scena chiave, in quanto motrice di tutta la trama) sembra a tutti gli effetti un chiaro intento di sottolineare il senso metaforico di tutto il film. La genialità più eclatante, però, è la rappresentazione iniziale dell’istinto umano come piacere fisico e carnale, che accompagnerà da quel momento in poi tutti i personaggi principali della storia, ma non apparirà più nell’arte del protagonista.
Questo film, come anche i successivi di Kaufman, deve la sua particolarità agli infiniti livelli e sottolivelli di comprensione che l’opera ci dà e soprattutto ci sprona a sviluppare autonomamente.
Scena madre che esplicita questa intenzione è il paradosso creato da Malkovich che entra dentro la porticina, dunque nella sua stessa mente. Quello che vediamo è un mondo distorto in cui esiste soltanto lui, ogni parola detta dai personaggi è solo “Malkovich” e ogni figura possiede il suo volto. Il primo livello di comprensione, quello logico, ci impone una scelta di senso: Malkovich non può rimanere dentro la sua mente, in quanto passare da quella porta, si scoprirà in seguito, permetterà a chiunque si trovi all’interno della sua coscienza di possederlo per sempre compiuti i suoi quarantaquattro anni. Dunque il tunnel deve per forza impedire a Malkovich di restarci; nonostante ciò, secondo un altro livello di comprensione, potrebbe rappresentare la zona più profonda e pura della nostra mente, quella in cui un essere umano non potrebbe mai arrivare da solo. L’essere umano esiste in quanto ha una coscienza, e se riuscissimo ad entrare nella nostra stessa anima,non significherebbe vedere soltanto “se stessi”?
Addirittura qualcuno ha voluto vederci la metafora dei social media ante litteram. Questa teoria, dovuta al fatto che la porticina rappresenterebbe una visione limitata della vita (in coerenza con il taglio prospettico) e filtrata dal fatto di essere un’altra persona davanti agli altri, è interessante quanto poco probabile, ciononostante , non toglie dubbio alla stupefacenza dovuta all’immaginazione di questo sceneggiatore visionario.
Altro elemento curioso tra quelli usati da Kaufman è la giustificazione psicologica delle azioni dei personaggi quasi totalmente assente ma mai incoerente, anche se a primo impatto potrebbe confondere lo spettatore.
Il duo evita di inserire frasi che facciano comprendere i veri pensieri dello spettatore ad eccezione dell’inizio, rendendo lo svolgimento molto realistico. È come se dessero allo spettatore gli ingredienti senza inserire nessuna indicazione sulla preparazione allo spettatore; esistono le installazioni inserite nelle prime scene e successivamente chi guarda può soltanto abbandonarsi al fluire degli eventi e situazioni in costante divenire.
A confezionare perfettamente è stata la scelta degli attori. John Cusack (“Il cacciatore di Donne”, 2013), attore e sceneggiatore statunitense, interpreta il protagonista mostrandoci una profonda depressione che si sviluppa in una coerente psicosi. John Gavin Malkovich (“Impero del Sole”, 1987), attore statunitense, qui in vesti di un personaggio che in comune con la propria persona soltanto il nome. Inizialmente non voleva interpretare il ruolo, poiché anche lui inizialmente convinto di dover interpretare se stesso, bensì l’intenzione di Kaufman è quella di mostrare un fantoccio, un personaggio convenzionalmente famoso, dove proprio la caratterizzazione del personaggio è quella più superficiale, in quanto Malkovich nel film è solo un manifesto di quello che tutti guardano negli altri, ci viene mostrata solo la facciata del personaggio. Questo perché Kaufman vuole rappresentare come noi vediamo gli altri. L’interpretazione dell’ “altro” di John Malkovich è infatti ponderata quanto ricercata.
Cameron Diaz (“Charlie’s Angels, 2000; “The Mask – da zera a mito”, 1994), iconica attrice di San Diego con 4 candidature ai Golden Globe, una ai Premi BAFTA e 3 agli Screen Actors Guild (tra cui la candidatura come miglior attrice non protagonista ai Golden Globe e al premio Bafta e agli Screen Actors Guild proprio per il film in questione), interpreta la moglie del protagonista che tocca tutte le sfaccettature dell’animo femminile dalla moglie amorevole alla donna indipendente che sa che cosa vuole, un personaggio in un’evoluzione costante che non perde mai di interesse proprio per l’interpretazione di alta qualità dell’attrice. Infine abbiamo Catherine Ann Keener (“Truman Capote – A sangue freddo”, 2005), anch’ella attrice statunitense, che interpreta il vero personaggio motore di tutta l’opera. Maxine, colei che aggira, manipola, manovra, seduce e conquista gli altri personaggi, una burattinaia nella vita reale. L’interpretazione raffinata ed elegante avvalora ancora di più il personaggio.
Il ruolo delle donne in questo film ha una particolare attenzione, solo loro avranno un lieto fine. Un’ipotesi interessante tratterebbe della concezione sull’approccio della vita, diverso tra uomo e donna secondo Kaufman. Le donne svilupperebbero la propria intelligenza sul piano teorico mentre gli uomini su quello pratico. Dunque, nel momento in cui ci si vede da un’altra prospettiva, le donne svilupperebbero un desiderio materiale all’interno della mente ospite, e Lotte è un esempio, mentre gli uomini si ritroverebbero nel piano concettuale con un desiderio di conquista, da qui la facilità di Craig nel possedere Malkovich. Una delle pochissime affermazioni di Kaufman è stata proprio la centralità del ruolo delle donne, che infatti sono le uniche che non hanno mai varcato la porta (Maxine) oppure hanno deciso di abbandonare l’esperienza metafisica (Lotte).
Una cosa è certa, questo film a distanza di vent’anni continua a non lasciare indifferenti chi lo guarda.
Cinema, la Regione presenta la guida alle location nell’Isola. Amata: «Investire in questo segmento produttivo»
È stata presentata questa mattina, nella sede Sicilia del Centro sperimentale di cinematografia ai Cantieri culturali della Zisa (Sala Bianca), a Palermo, la nuova “Location Guide” dell’assessorato regionale del Turismo, dello sport e dello spettacolo – Sicilia Film Commission, una mappa multimediale altamente professionale al servizio di tutte le produzioni cinematografiche che intendono investire nell’Isola.
A illustrare il nuovo strumento di promozione del territorio l’assessore regionale al Turismo, allo sport e allo spettacolo, Elvira Amata, e la presidente della Fondazione Centro sperimentale di cinematografia, Marta Donzelli, che hanno firmato anche il rinnovo della convenzione tra la Regione Siciliana e il Csc per il mantenimento della sede Sicilia della Scuola nazionale di Cinema per gli anni 2024-2025, cui fanno capo le attività didattiche legate ai bandi in corso di definizione.
«Abbiamo fatto un lavoro di squadra per ottenere due risultati – dichiara l’assessore Amata – fornire una guida multimediale delle location da offrire ai produttori cinematografici, realizzandola con il lavoro degli ex allievi. Programmazione, investimenti, formazione sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi, in particolare quello di offrire opportunità di crescita e di lavoro ai nostri giovani. Il cinema si interessa alla Sicilia perché la Sicilia è cinema, come diceva Leonardo Sciascia, è già un set all’aperto. La Regione ha interesse a implementare questo segmento produttivo, perché è naturale farlo e crediamo sia un’opportunità importante per creare sviluppo economico: abbiamo un ritorno immediato quando le produzioni arrivano in Sicilia, ma anche dopo, con l’indotto turistico, quando da tutto il mondo decidono di scegliere questi luoghi visti sullo schermo. Inoltre, è importante che le istituzioni collaborino per fornire sempre maggiori servizi alle produzioni».
Il progetto “Location Guide”, interamente realizzato dalla sede Sicilia del Centro sperimentale di cinematografia, ha visto il pieno coinvolgimento degli ex allievi e ha richiesto quasi un anno di riprese. La copia cartacea della mappa, pubblicata nel 2009, è adesso affiancata da una versione più evoluta, composta da foto e video ad altissima risoluzione. Un archivio multimediale imponente, che la Sicilia Film Commission potrà mettere a disposizione delle produzioni e più in generale di tutti gli operatori del settore audiovisivo interessati a scoprire le opportunità che l’Isola offre in termini di location cinematografiche, dai luoghi più noti e frequentati alle ambientazioni più insolite e fuori dall’ordinario.
In fase di programmazione delle riprese, un tavolo tecnico si è occupato del censimento delle aree, tenendo in massima considerazione quelle meno conosciute. La realizzazione della guida ha coinvolto tre troupe, composte da ex allievi, oggi tutti filmmaker professionisti, che hanno realizzato le riprese, anche avvalendosi di droni per la mappatura dall’alto, delle 350 location nelle 9 province.
«Questa terra è vocata al cinema – aggiunge Marta Donzelli – , proprio per questo è particolarmente interessante che la sede siciliana del Centro sperimentale abbia il genere del documentario al centro della sua attività, permettendo di osservare il mondo con occhi diversi. Grazie al supporto economico della Regione, abbiamo la possibilità di realizzare una programmazione a lungo termine. Come Centro sperimentale investiremo risorse e potenzieremo l’offerta formativa della scuola di Palermo, che è uno dei nostri fiori all’occhiello, perché c’è grandissima richiesta di giovani professionisti in questo settore da parte del mondo del lavoro».
All’incontro erano presenti anche il direttore della Sicilia Film Commission Nicola Tarantino, il direttore generale del Csc Monica Cipriani, la Head of studies del Csc per gli investimenti del Pnrr relativi alle sedi regionali Savina Neirotti, la direttrice artistica del Csc Sicilia Costanza Quatriglio e il direttore della sede regionale Ivan Scinardo.
FOTO di alcuni luoghi censiti a questo link. VIDEO Clicca qui per scaricare il promo della Location Guide.
Riprese della presentazione e interviste ad Amata e Donzelli sono disponibili a questo indirizzo.
In un mondo in guerra sappiate creare meraviglie e armonia. È l’ invito di Papa Francesco ai membri della Fondazione Ente dello spettacolo, incontrati nel 75° di attività. Don Davide Milani: “Dobbiamo tornare ad essere artigiani del buon cinema”.
Mons. Davide Milani (Presidente Fondazione Ente dello spettacolo)
«Soltanto le opere che sono riuscite a esprimere l’armonia umana, sia nella gioia, sia nel dolore, sono quelle che passano alla storia. Il vostro è un lavoro evangelico. E anche poetico, perché il cinema è poesia: dare vita è poetica» ha detto il Santo Padre
Lunedì 20 febbraio, la Fondazione Ente dello Spettacolo è stata ricevuta in udienza privata da Papa Francesco. Un appuntamento storico per la Fondazione, che corona un anno di celebrazioni per il 75° anniversario della sua istituzione volendo però guardare anche al futuro.
Servizio di: Paolo Fucili (TV 2000)
Fonte: Avvenire
Subito diretto: «Mi piace il lavoro che fate». Il discorso che aveva preparato lo porge a monsignor Davide Milani e va a braccio: «Il lavoro del cinema, dell’arte, della bellezza come grande espressione di Dio, ch e è sempre stata lasciata da parte, o almeno nell’angolo». Il Papa si rivolge ad attori e registi nella sala Clementina in Vaticano, ai membri della “Fondazione Ente dello spettacolo” (“Feds”, istituita nel 1947 e presieduta da monsignor Milani), che festeggia il 75° anniversario di fondazione. «Il cinema è poesia», dice loro. Poi tocca a bellezza e armonia. E agli applausi.
«I libri di teologia – spiega Francesco – parlano tanto del verum, della verità» e «parlano del bonum». Invece «del bello, della bellezza, non tanto». Come pure «la bellezza sembrava non c’entrasse nella riflessione teologico-pastorale». Ma proprio «quella bellezza ci salverà, come ha detto qualcuno. Quella bellezza che è l’armonia, opera dello Spirito Santo».
La sala è piena, più o meno duecento artisti il cui lavoro è dietro o davanti la macchina da presa. «L’opera dello Spirito è fare l’armonia nelle differenze, non annientare le differenze, non uniformarle, ma armonizzarle», allora «capiamo cosa sia la bellezza», continua il Papa. Bellezza che è «quell’opera dello Spirito Santo che fa armonia dei contrari, degli opposti, di tutto…». Cita la Pentecoste, Francesco: «Pensiamo a tutti che parlano, nessuno capisce cosa succeda, un disordine grande», ecco è «lo Spirito a fare un’armonia: tutto è differente, tutto sembra contraddittorio, ma l’armonia è superiore a tutto. E il vostro lavoro va sulla strada dell’armonia».
Così, «se vogliamo qualificare le grandi opere del cinema, possiamo dire che un buon motivo sono gli attori, sì – annota il Papa –, ma soltanto le opere che sono riuscite a esprimere l’armonia, umana, sia nella gioia, sia nel dolore, sono quelle che passano alla storia». Perciò Francesco li ringrazia, per il loro lavoro: «È un lavoro evangelico. Anche poetico, perché il cinema è poesia: dare vita è poetica». E vi «ringrazio tanto per il vostro cammino: andate avanti, dietro ai grandi. Voi, come italiani, avete una storia gloriosa su questo. Continuate».
Al Papa era venuto in mente il racconto della creazione e lo aveva citato nel suo discorso scritto: «Lo vediamo scorrere quasi come un film, dove Dio appare autore e al tempo stesso spettatore». Prima «inizia a comporre la sua opera allestendo ogni cosa: il cielo, la terra, gli astri, gli esseri viventi e infine l’uomo, una storia di coinvolgimento, di bellezza e di passione: di amore» Ma al termine «Dio compie un gesto sorprendente: diventa spettatore della sua opera, contempla quanto ha realizzato ed esprime il suo giudizio, “vide che era cosa buona”» e per «l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, la “recensione” è ancora più appassionata: “Era cosa molto buona”». Dunque «in questa pagina sacra, cari amici, registi, attori, donne e uomini che lavorate nel cinema, possiamo trovare anche il senso del vostro lavoro culturale», spiega Francesco. Cioè da una parte c’è l’azione creativa, dall’altra contemplare e valutare, quindi «mi pare che potete rispecchiarvi in questo meraviglioso affresco biblico, che ha affascinato tanti artisti».
E prima del discorso papale a braccio, monsignor Davide Milani aveva rivolto il saluto della Fondazione a Francesco: «La nostra missione è scorgere e diffondere gli echi e i riflessi della Parola e del Volto di Cristo, di cui è sempre più ricca la cinematografia contemporanea», aveva detto. E per riuscirci, bisogna saper «parlare un linguaggio nuovo», per questo la Fondazione ha da poco varato anche un nuovo hub editoriale digitale, che diventerà una vera e propria media company del racconto del cinema.
Mix-Movie.com
17 Ottobre 2019 at 14:17
Nel 1946 divenne socio della Cooperativa Doppiatori Cinematografici (C.D.C.), diventando per circa un ventennio il doppiatore piu rappresentativo. Divenne la voce italiana ufficiale o ricorrente delle piu celebri star maschili della storia del cinema, come Gary Cooper, Clark Gable (doppiati precedentemente dal collega Romolo Costa ), John Wayne, Gregory Peck, Burt Lancaster, William Holden, Jean Gabin, Randolph Scott, Joel McCrea, Howard Keel, Stewart Granger, George Sanders, Joseph Cotten, Charles Boyer, Henry Fonda, Orson Welles, Richard Burton, Charlton Heston, Robert Ryan, Sterling Hayden, Jeff Chandler, Vincent Price e Humphrey Bogart .