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Cinema

Tutto il giorno davanti: su Rai 1 il film su Agnese Ciulla

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Grande madre dei migranti

Su Rai Uno va in onda il film che racconta la vita dell’ex assessore alle Politiche Sociali del Comune di Palermo, nel periodo in cui si prese cura di centinaia di minori stranieri non accompagnati.

Andrà in onda stasera, su Rai Uno in prima serata, “Tutto il giorno davanti”, l’attesissimo film ispirato alla vita di Agnese Ciulla, ex assessore alle Politiche Sociali della Città di Palermo. Nel film del regista Luciano Manuzzi, l’ex assessore ha il nome di Adele Cucci ed è interpretata dall’attrice palermitana Isabella Ragonese.
 
Maggio 2014 – L’Italia, soprattutto la Sicilia, accoglie decine di migliaia di migranti in fuga da guerre e miseria. Tra loro ci sono tantissimi ragazzi e ragazze, che hanno lasciato la famiglia o l’hanno persa durante il viaggio. Sono classificati come «minori stranieri non accompagnati», ma dietro il freddo linguaggio burocratico si nascondono le storie di chi ha lasciato tutto per costruirsi un futuro in Europa.
 
Storie di ragazzi e ragazze che Agnese Ciulla e Alessandra Turrisi hanno voluto raccontare in un libro “La grande madre”, pubblicato nel 2019 dalla casa editrice Sperling & Kupfer: come Joy, che sognava una vita migliore e finisce vittima della tratta delle schiave; o Bandgiou, capace di parlare sei lingue; o Junior, un talento del calcio in attesa di un’occasione. In mancanza di genitori, però, nessuno può tutelare i loro diritti, assicurando le cure e l’accesso agli studi. A Palermo lo fa Agnese Ciulla, che ne diviene la loro tutrice legale.
 
Il tempo sembra non essere mai abbastanza: decisioni, ostacoliproblemi, corse, sbagli, fallimenti e soddisfazioni riempiono ogni minuto della sua vita, indissolubilmente intrecciata alle vicende personali delle centinaia di minori a lei affidati. I suoi quattrocento figli. Più due, quelli suoi.
 
Abbiamo chiacchierato con Lei qualche giorno e abbiamo chiesto ad Agnese cosa pensasse del film e cosa, soprattutto, l’avesse spinta ad agire in quel modo: “Ho visto il film ma sono troppo coinvolta per poterlo giudicare. Mi colpisce molto il risultato finale, è difficile ripercorrere il lavoro di interi anni e sintetizzarlo in un film che non è un documentario; nonostante ciò devo però riconoscere che regista e sceneggiatrice sono stati molto attenti nel fissare i tratti salienti del percorso e dell’esperienza vissuta in quegli anni.
 
Mi auguro che dal film si tragga il messaggio che la migrazione non è solo un problema; è vero, ci sono difficoltà, complicanze, criticità notevoli ma si può trovare il modo per discuterne almeno in maniera serena, senza per forza dover spettacolarizzare il fenomeno migratorio. L’ho fatto perché ho creduto e credo profondamente nel ruolo che ho ricoperto e, soprattutto, perché a nessuno si può negare la speranza
 
La città di Palermo la ribattezza la «grande madre», ed “in tanti si attivano, organizzano corsi di lingua, offrono ospitalità e aiutano i ragazzi a ricominciare, fino al percorso che porta alla costituzione di un elenco di tutori volontari.”
 
Le abbiamo chiesto se la sua vita di madre naturale già di due splendidi figli sia stata in qualche modo stravolta o rivoluzionata: “Non sono stata la loro mamma, non mi sono mai sostituita alla loro madre naturale, non sarebbe stato neppure giusto; sono stata per loro il tutore legale e ho avuto la responsabilità, in qualità del ruolo di Assessore alle Politiche Sociali, di offrir loro le migliori condizioni possibili di vita in una città  che, in quel momento, viveva situazioni davvero complesse: emergenza abitativa, lavorativa, dispersione scolastica, erano tanti i temi da affrontare.
Abbiamo dunque creato le condizioni necessarie affinché la loro accoglienza, e tutto ciò che un percorso di accoglienza include, potesse essere un pò meno burocratizzato, un pò più snello.”
 
Abbiamo chiesto ad Agnese se ritiene che siano cambiate oggi le condizioni di vita dei migranti
“I tempi sono molto cambiati; nel 2016, a Palermo i minori stranieri non accompagnati erano circa settecento e, negli anni precedenti, abbiamo attraversato momenti in cui ce ne erano anche di più. Oggi sono una trentina i minori stranieri non accompagnati.
 
Sono cambiate le condizioni di vita di queste persone, perché i due decreti sicurezza hanno creato una situazione tale per cui chi è fuori dai percorsi di accoglienza (i neo maggiorenni a cui è scaduto il permesso di soggiorno, ad esempio) è diventato irregolare.
 
 
Credo dunque che si sia passati da un eccesso ad un altro, da una situazione di sicurezza si sia giunti ad una condizione di insicurezza su alcune fasce della popolazione.”
 
Questo aspetto che lei ha vissuto come assolutamente ordinario è stato visto da molti come straordinario: “Insieme a me si è mossa una città intera – sottolinea Agnese in una intervista di Sara Scarafia che le è stata rivolta per il quotidiano Repubblica -. Io da sola non sarei mai riuscita a fare quello che è stato fatto».
 
Nel 2016, l’ex assessore viene contattata dal regista e sceneggiatore Luciano Manuzzi che, dopo aver letto l’intervista condotta dalla Scarafia, le propone di incontrarla a Palermo perché piacevolmente incuriosito della sua attività; così nasce l’idea di realizzare “Tutto il giorno davanti“.
 
Luciano Manuzzi, al quale abbiamo chiesto il significato del film, ci ha detto che “rappresenta una testimonianza decisa, importante e autorevole verso chi nutre questa diffidenza, questa ostilità diffusa nei confronti degli extracomunitari, senza mettere in conto che ognuno di loro nasconde delle tragedie perché vengono da trascorsi veramente incredibili, dove le energie e le proprie aspirazioni sono non solo negate ma mortificate dalle realtà da cui provengono, e quindi incrociare qui (in Italia) questa forma di diffidenza, questa forma di rifiuto sembra quasi una bestemmia. E contro questa forma di bestemmia ho voluto dare il mio contributo costruendo un film che abbia valore di testimonianza: l’operato di Agnese Ciulla diventa, in questo caso, il vero motore e il vero principio ispiratore, non solo del film ma di comportamenti significativi, perché io sempre di più credo che non valgano regole, dettami ma valga l’esempio; quindi l’esempio di Agnese mi sembrava straordinario e per questo poi ne è conseguito un film.”
 
Manuzzi ha scelto di fare interpretare il ruolo di Agnese all’attrice palermitana Isabella Ragonese: “l’ho scelta per la sua professionalità, per la sua delicata sensibilità; ho sempre ammirato le sue interpretazioni e devo dire che mai per un attimo ho pensato che, tra le persone sostituibili nel film, Isabella lo potesse essere: lei è sempre stata insostituibile, nessuno meglio di lei avrebbe potuto interpretare quel ruolo”

 

Il cast del film

Isabella Ragonese interpreta Adele; Sara D’Amario interpreta Caterina; Paolo Briguglia interpreta Andrea; Selene Caramazza interpreta Chiara; Enrico Gippetto interpreta Diego; Giovanni D’Aleo interpreta Marco; Chiara Carullo interpreta Silvia; Gueye Ndiatte interpreta Rania; Odette Adado interpreta Kiege; Koudous Seihon interpreta Salim; Jason Prempeh interpreta Falah; Ismail Drammeh interpreta Rori; Joseph Kouao interpreta il portiere della squadra di calcio; Francesco Meoni interpreta il giudice minorile; Vincenzo Crivello interpreta Filippo; Aurora Quattrocchi interpreta la madre di Adele. Con la partecipazione di Massimo Sestini e Andrea Tidona

 

A noi non resta che sintonizzarci su Rai Uno, questa sera, alle ore 21.00.

 
Enrico Alagna
 
 
 

Cinema

La lezione di Martin Scorsese

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Oggi per fare film “c’è un’enorme ricchezza. Il vecchio cinema e l’andare a vedere un film sul grande schermo possono essere in via d’estinzione, come tutti sappiamo ma c’è anche un nuovo mondo aperto, e questo è entusiasmante, grazie alle nuove tecnologie.

Oggi tutti possono girare un film, ma proprio questa maggiore libertà può rendere per voi le cose più difficili”. Parola di Martin Scorsese, protagonista ieri in una masterclass con gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma (poi visto a ingresso libero in mattinata alla Casa del Cinema), uno degli appuntamenti del suo soggiorno romano, che comprende stasera un altro incontro alla Casa del Cinema per inaugurare con Mean Streets il programma della rassegna “Carta bianca” che il regista ha curato ad hoc.

    Nella conversazione con gli studenti, Scorsese si è soffermato sulla sua formazione da regista e su come è nata la sua passione per il cinema passata per Hollywood, il neorealismo (“Il cinema che sentivo più vicino”) e le nouvelle vague degli anni ’60: “Per fare film devi capire dove sei nella vita e come ci sei arrivato. Il mondo per come è oggi ti obbliga a non vivere in un vuoto. Bisogna acquisire conoscenza e consapevolezza dei maestri e anche di quelli che non lo sono stati. Studiare attraverso loro elementi come la composizione, struttura, la lingua, il colore, o assenza di colore. I maestri ti aiutano a trovare te stesso ma questo non vuol dire imitarli, Spesso si impara dai maestri solo per metterli via. Bisogna trovare la propria voce. Poi più avanti magari quei maestri li vai a riscoprire. A me ad esempio è successo con Ozu”. Il cinema “nasce da quello che permetti di vedere allo spettatore nell’inquadratura che hai scelto, dal mostrare al pubblico cosa guardare e come”.
Come regista “non so se scoprire un personaggio è qualcosa che so fare o posso guidare un attore a farlo. Con De Niro ad esempio per Mean Streets parlavamo a stento, perché ci conosciamo da quando avevamo 16 anni, e lui conosceva come me il quartiere e le persone di cui parlavamo. E’ l’unico ancora in vita che conosce il mondo da cui vengo”. Anche per Taxi driver “è stato così. In quel personaggio, la solitudine, il senso di paranoia, il venire isolato era qualcosa che conoscevamo e provavamo, come quella rabbia che schiuma dentro. Non c’era granché di cui parlare”. Per Toro scatenato, “abbiamo chiesto a Paul Schrader di scrivere la sceneggiatura, poi De Niro mi ha portato su un’isola, anche se io da newyorchese odio la sabbia e le spiagge, mentre lui le ama. Ci siamo stati due settimane e mezzo e abbiamo costruito, mettendolo in scena, tutto il film”.
  Il regista prova una sintonia simile anche con attori come Ellen Burstyn, Daniel Day Lewis e ora con Leonardo DiCaprio.
“Lavoro con lui perché ha lo stesso mio interesse nelle domande sulla condizione umana anche se ha 30 anni meno di me. Ho imparato da The aviator che non ha paura di andare (emotivamente) in certi posti, non ha la paura di essere respinto dagli spettatori”. Il lavoro con gli attori “è come un organismo vivo che cresce e si sviluppa ogni giorno e mi piace essere come il pubblico per i miei attori”.
Oggi, conclude Scorsese, “spero che il pubblico continui a vedere in me il tentativo di voler studiare cos’è un essere umano, mi auguro che questo arrivi e tocchi l’animo, da The Irishman a Hugo Cabret, un film che ho fatto per mia figlia Francesca quando aveva 10 anni”. In occasione della sua visita al Centro Sperimentale, c’è stata anche per alcuni allievi del corso di sceneggiatura, la possibilità offerta in esclusiva da Hollywood Reporter Roma, di raccontare l’incontro condotto dal presidente della Fondazione Cinema per Roma Gianluca Farinelli: il risultato è uno script, o meglio una chat di gruppo, pubblicata sulla testata, che ripercorre racconti e consigli, aneddoti e suggestioni. (ANSA).

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Cinema

Ecco tutti i vincitori dei David di Donatello

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Le otto montagne di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch è il miglior film della 68° edizione dei Premi David di Donatello. «Un viaggio incredibile. Perché due belgi fanno un film italiano in italiano sulle Alpi? Una storia e un libro incredibile», ha detto il regista dal palco degli studi Cinecittà Lumina. Ad annunciare il vincitore della statuetta più ambita è stata Piera Detassis, presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano. In programma nella scaletta c’erano 25 premi divisi per varie categorie, senza contare i David alla Carriera a Marina Cicogna e i David Speciali consegnati a Isabella Rossellini e Enrico Vanzina. Carlo Conti ha aperto la cerimonia citando le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Il cinema è tutti noi».

Marco Bellocchio miglior regista per «Esterno notte»

A vincere il David di Donatello 2023 come miglior regista è Marco Bellocchio per Esterno Notte. «Non me lo aspettavo, però lo accetto. Quando si diventa vecchi non bisogna fermarsi», ha detto sul palco.

Barbara Ronchi e Fabrizio Gifuni migliori attori protagonisti

Il premio come migliore attrice protagonista è invece andato a Barbara Ronchi per Settembre, che ha battuto Margherita Buy per Effetto notte e Penelope Cruz con L’immensità. «Non so se ridere o piangere. Dedico il premio a due uomini che illuminano la mia vita, se brillo è grazie a loro: Alessandro e Giovanni, che è a casa. Amore, mamma ha vinto il David!», ha detto Ronchi. Miglior attore protagonista anche Fabrizio Gifuni per Esterno notte di Marco Bellocchio in cui interpreta Aldo Moro. «Ringrazio la mia lentezza e la mia fragilità in questi tempi così decadenti», ha affermato dagli studi Cinecittà Lumina.

Emanuela Fanelli miglior attrice non protagonista

Il David di Donatello 2023 per la miglior attrice non protagonista è andato a Emanuela Fanelli per il film Siccità di Paolo Virzì. L’attrice incredula è salita sul palco per i ringraziamenti di rito: «Grazie a Paolo perché mi ha guardato e in questa mestiere bellissimo bisogna essere visti. Non so come abbia fatto a vedere lo sketch in cui prendevo in giro la periferia romana». Classe 1986, romana e comica amatissima, Fanelli ha dedicato il premio alle «persone che amo: mamma e papà, mia sorella gli amici che stanno sul divano e hanno fatto le magliette Fanelli di Donatello. Sembro il prete di Viaggi di nozze, ora me ne vado». Poi la battuta: «Mi è sembrato di esordire in Champions League con voi, non so perché ho usato questa metafora visto che non capisco di calcio», ha detto l’attrice riferendosi alla semifinale disputata questa sera, mercoledì 10 maggio, tra Milan e Inter e conclusasi con la vittoria dei neroazzurri per 0 a 2. A vincere tra gli attori non protagonisti, anche Francesco Di Leva per il film Nostalgia di Mario Martone. «Non sapete ma qui ne state premiando due: non avrei vinto senza Pierfrancesco Favino», ha detto Di Leva.

Elodie vince il premio per la miglior canzone

La migliore canzone a vincere il David di Donatello 2023 è Proiettili (ti mangio il cuore) di Joan Thiele, Elisa Toffoli ed Emanuele Triglia, scritta e interpretata da Elodie e Joan Thiele. «Sono felice io non vinco mai», ha detto la cantante romana che è anche interprete nel film Ti mangio il cuore del regista Pippo Mezzapesa.

Migliore regista esordiente: Giulia Louise Steigerwalt

Giulia Louise Steigerwalt vince la statuetta per la migliore regista esordiente per il film Settembre con Barbara Ronchi, Fabrizio Bentivoglio e Thony.

Fotografia a Impens per «Le otto Montagne» e montaggio a Calvelli per «Esterno Notte»

Miglior direttore della fotografia Rubén Impens per Le otto montagne diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Mentre il David di Donatello per il miglior montaggio va a Francesca Calvelli per Esterno notte con la collaborazione di Claudio Misantoni.

«Il Cerchio» miglior documentario

Il premio per il miglior documentario va a Il cerchio di Sophie Chiarello: «Lo dedico ai bambini che possano trovare il loro cerchio che li accoglie», ha detto la regista.

Andò, Chitine e Gaudiosi la miglior sceneggiatura per «La stranezza»

La statuetta per la miglior sceneggiatura va a Roberto Andò con Ugo Chitine e Massimo Gaudioso per La Stranezza, film con Ficarra e Picone e Toni Servillo nei ruolo di Luigi Pirandello.

Premio per la scenografia e i costumi

Entrambi i David di Donatello vanno al film di Roberto Andò, La stranezza. In particolare, Giada Calabria per l’arredamento e Loredana Raffi. Mentre Maria Rita Barbera vince la statuetta per i migliori costumi.

Bollani miglior compositore e Iacoponi vince per il miglior trucco

Il David come miglior compositore è di Stefano Bollani per il film Il pataffio di Francesco Lagi. «La mia prima candidatura, entro nella famiglia del cinema», ha detto. Enrico Iacoponi vince, invece, il miglior trucco per la pellicola di Marco Bellocchio, Esterno Notte.

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Cinema

Debutta in prima serata il film: “Favolacce”

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La grottesca meschinità degli adulti, egoisti e disattenti e la visione del mondo più ordinata e complessa dei loro figli: due mondi contigui destinati a incontrarsi solo in maniera deflagrante e terribile.

È il film “Favolacce”, di Damiano e Fabio D’Innocenzo, in onda lunedì 17 aprile 2023 alle 21.15 su Rai5. Nel cast Elio Germano, Tommaso Di Cola, Lino Musella, Ileana D’Ambra, Cristina Pellegrino, Giulia Melillo, Laura Borgioli, Enrico Pittari, Federico Majorana, Giulia Galiani.

In un comprensorio della periferia romana vivono diverse famiglie di estrazione popolare, legate fra loro anche dall’amicizia dei loro figli che frequentano la stessa scuola. Ma i rapporti fra gli adulti, al di là di una esile convenienza, sono intrisi di invidia e livore.

Favolacce e i ragazzi

Proprio a scuola i ragazzi apprendono come fabbricare una bomba artigianale, grazie a un insegnante che trasmette loro, involontariamente, le nozioni necessarie a mettere insieme l’ordigno. La reazione delle famiglie, pur stordite e disattente, provoca il licenziamento del docente che, prima di lasciare l’istituto, indurrà i suoi alunni a un’atroce vendetta.

Al Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2020, il film – prodotto da Pepito Produzioni, Rai Cinema, Vision Distribution, Amka Film Production, Qmi – ha vinto l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura.

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