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Cinema

Una serie Tv sulla storia del primo uomo infiltrato nei Narcos

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“Gli orologi del diavolo”

L’incredibile storia del meccanico diventato il “Donnie Brasco italiano”, Gianfranco Franciosi, va in tv: nel cast Beppe Fiorello, Nicole Grimaudo e Claudia Pandolfi

 
 

«Finalmente, due anni di lavoro su carta, tratto dal libro omonimo di Federico Ruffo, ora si comincia a costruire l’opera visiva “Gli orologi del diavolo”», serie tv ispirata alla storia incredibile di Gianfranco Franciosi.

Così Beppe Fiorello annuncia, sul suo profilo instagram, che c’è stato il primo ciak della serie prodotta da Picomedia in coproduzione con Mediasetcom (regia di Alessandro Angelini), tratta dal libro del giornalista ostiense Federico Ruffo, che opera nella squadra di “Presa Diretta”.

Nel cast vi sono anche Nicole Grimaudo e Claudia Pandolfi che, nella fiction, interpreteranno rispettivamente la prima moglie di Gianfranco e la seconda compagna dello stesso.

Ho incontrato Gianfranco in occasione dell’ottava edizione del “Golfo Sotto Le Stelle”, il 6 luglio 2018, nella magnifica cornice del Parco di Falconara in località Lerici. Ero curioso di incontrare colui che ha donato, per 4 anni, la sua vita allo Stato e chiedergli se, a distanza di anni, a seguito delle pene che ha patito, lo avrebbe rifatto.

È un combattente vero Gianfranco Franciosi, e mi ha risposto di si: è un uomo tutto d’un pezzo, uno che crede profondamente nel valore dell’onestà, e che nutre un profondo senso di giustizia.

Gianfranco è un “Testimone di Giustizia”. È un meccanico navale di professione, costruisce barche, specializzato nella costruzione di offshore (motoscafi veloci). Lo Stato lo reclutò come infiltrato tra i narcos per quattro anni. Una storia che ha ispirato anche un videogioco uscito qualche tempo fa (“Tom Clancy’s Ghost Recon Wildlands”).

Una vicenda assurda, inquietante, e grottesca al tempo stesso, per come oggi vive e per come lo Stato si è dimenticato di lui.

Gianfranco realizza barche, sa pilotare motoscafi, ha una sua azienda a Bocca di Magra, La Spezia, ha 23 anni quando viene avvicinato da tale Tortellino. Gli si presenta come il titolare di una ditta di diving e per due anni ordina alcuni gommoni. Sembra tutto nella norma. Finché un giorno Gianfranco lo vede al telegiornale: Tortellino è stato assassinato a Roma in un regolamento di conti. Scopre così che era uno della Banda della Magliana.

Chiama un amico poliziotto – Fabrizio Ferracane nella fiction – che lo rassicura: non ha fatto niente di male nel vendere i suoi mezzi.

L’incontro singolare con tale Tortellino pare il primo e l’ultimo. Invece, due anni più tardi, trova in cantiere due tizi, che dicono di essere vecchi amici di Tortellino. Uno si chiama Raffaele, camorrista appartenente al clan Di Lauro. L’altro è lo spagnolo Elías Piñeiro Fernandez, un boss del narcotraffico.

Anche loro vogliono gommoni, ma sono più espliciti sull’uso che ne faranno, tanto che chiedono dei gavoni per occultare la droga e dei serbatoi maggiorati.

Gianfranco si reca alla polizia e racconta tutto: “Mi dissero di accettare, perché così dalla fattura avrebbero scoperto quale fosse la società di copertura che utilizzavano”. Succede di più. Siccome le autorità ormai sanno tutto, gli scafisti vengono arrestati. Anche stavolta potrebbe finire qui, Gianfranco potrebbe tornare alla sua vita, a costruire barche. Solo che Elìas Pineiro Fernandez, il boss, non si arrende.

Pensa che i suoi fossero degli sprovveduti. E, avendo preso in simpatia Gianfranco, gli chiede di insegnargli a guidare sul mare. Gianfranco è tornato alla polizia e “mi spinsero di nuovo ad accettare. Ecco, fu allora che tutto cominciò”. La sua vita viene rivoltata come un calzino. Gianfranco diventa il primo civile infiltrato nel mondo dei narcos.

Si proprio loro, i protagonisti delle innumerevoli serie trasmesse su netflix, gente che vende morte. E che ci ha fatto anche un culto: “la santa muerte“.

Per quattro anni ha vissuto fianco a fianco con Elìas Pineiro Fernandez: «Sono stato in tutti i Paesi dell’America Latina, dalla Bolivia alla Colombia, dal Messico a Panama». L’obiettivo è sempre lo stesso: cocaina. Tonnellate di cocaina. Nelle serie tv lo scambio della merce e dei soldi, tra chi acquista e chi vende, avviene quasi sempre di persona; qui no. I soldi viaggiano sui conti correnti e la droga in parte via cielo, in parte via mare. Usavano dei piccoli aerei privati, tipo Piper, per portarla fuori dal paese, sino a metà percorso; sino al punto in cui scaricavano la droga in mare, dove li attendeva Gianfranco, sorvegliato minuto per minuto.

Gianfranco con i narcos maneggia potere e soldi e non avrebbe mai immaginato quanto denaro si riesca a muovere con la cocaina. Tanto, troppo, da riempirvi interi appartamenti. Ma mai ha dubitato di fuggire coi narcos e cambiare vita. Quanti lo avrebbero fatto? Quanti avrebbero avvertito il suo stesso senso del dovere.

Il boss conosce la sua intera famiglia, la sua prima moglie (interpretata da Nicole Grimaudo nella fiction di Alessandro Angelini) e i suoi figli. Un giorno gli regala un Rolex, come fa con tutti i suoi affiliati. E gli sussurra: «Te ne regalerò uno anche il giorno in cui ti ucciderò». Ecco da dove ha origine “Gli Orologi del Diavolo” il nome della fiction e del libro di Federico Ruffo. Gianfranco lo ha tatuato anche sul braccio destro. Non oso immaginare quanto coraggio occorra per fare quello che Gianfranco ha fatto, tenendo a mente di essere un infiltrato.

Durante un’operazione di polizia finisce anche lui in una retata e viene spedito al carcere di Toulon-la-Farlède, in Francia. Gianfranco ha spiegato subito alle autorità quale fosse il suo ruolo. E ha chiesto di chiamare un responsabile in Italia che avrebbe potuto dire chi effettivamente Gianfranco fosse. Ma quando fecero quella chiamata, si sentirono rispondere che la persona che aveva indicato non esisteva.

“Lo Stato mi aveva abbandonato. Ma anche l’organizzazione. Ero stato tradito da tutti”. Gianfranco resta in carcere quasi otto mesi.; un’eternità. Quando esce dal carcere, Gianni era infuriato soprattutto con Elìas, il boss che lo aveva prima utilizzato e poi gettato via. La Francia gli aveva vietato l’ingresso su tutto il territorio nazionale, pena l’arresto.

Gianfranco comincia a cercare il boss. Solo e disarmato lo trova in un locale in Spagna e gli sputa in faccia per come lo aveva abbandonato. Elias ne apprezza il coraggio e per questo il lavoro sotto copertura riprende. Gianfranco addosso ha cimici e videocamere e fa portare a termine l’operazione Albatros, che l’allora procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso definirà «il maggiore sequestro nella storia della lotta al narcotraffico ai danni della più imponente e pericolosa organizzazione di importatori di droga d’Europa»: 9 tonnellate di coca purissima.

L’operazione Albatros porta i suoi frutti. E finalmente arrestano tutti. O quasi. «Elìas un giorno mi disse, guardando uno dei miei figli: io ti posso rendere ricco e potente, ma se mi tradisci ti toglierò personalmente ciò che hai di più caro». Per il giornale “Time” Gianfranco è il Donnie Brasco italiano, con la differenza che Joe Pistone, l’uomo che si infiltrò nella mafia di New York come Donnie Brasco, era un agente dell’Fbi. Gianfranco è un civile e coperture non ne ha.

E anche se lui, un civile, ha portato al più grosso colpo italiano contro il narcotraffico, scopre presto che, svolto il suo compito, è rimasto solo.

Scopre che Equitalia, quando è entrato nel programma di protezione e la sua ditta ha dovuto spostare i dipendenti in altre aziende, ha continuato a mettergli fuori i contributi, l’iva e altro: tutte cose di cui si sarebbe dovuto occupare lo Stato. Così ecco oltre 60mila euro di tasse. Hanno messo pure il fermo amministrativo alla sua macchina blindata.

Ma l’ansia resta, dato che la vita non è un film. Elìas è uscito di prigione qualche anno fa. «Nessuno qui me l’aveva detto. L’ho saputo da una mail scrittami da un uomo della polizia spagnola. Ed è uscito per una questione formale: tutte le registrazioni audio-video che avevo fatto all’estero sono state considerate inutilizzabili» Tutto insomma, come quando cominciò. Anche se ora, il boss sa chi è davvero Gianfranco.

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“Corto d’Amuri” dedicato a tutti i bambini e le donne

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Life And Life e Vittoria Assicurazioni insieme contro la violenza di genere

Mercoledi 2 ottobre 2024, Giornata mondiale della non violenza, proiezione alle 10.30, in anteprima del cortometraggio – Sala Bianca, Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo

Verrà proiettato in anteprima assoluta, davanti a un pubblico selezionato di studenti e insegnanti, il cortometraggio: “Corto D’Amuri”, realizzato dall’organizzazione internazionale umanitaria LIFE and LIFE ETS. Partner dell’iniziativa Vittoria Assicurazioni, agenzia generale di Palermo, selezionata per il secondo anno per il progetto: “AssiCuriamo – Insieme 2024” promosso da Fondazione Specchio d’Italia e Fondazione Carlo Acutis.

Il lavoro realizzato dalle registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, ex allieve del corso di Documentario del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, racconta le violenze psicologiche, spesso invisibili, che subiscono bambini e donne all’interno delle mura domestiche. Non è un caso che sia stata scelta proprio la data del 2 ottobre per proiettare il lavoro filmico, Giornata mondiale della nonviolenza. Dopo l’esperienza maturata lo scorso anno sulla prevenzione delle malattie oncologiche, Life and Life e Vittoria Assicurazioni, hanno voluto realizzare un cortometraggio da destinare principalmente alle scuole, per lanciare un ulteriore messaggio di allarme al fine di aiutare i più deboli a rivolgersi ai centri per l’ascolto antiviolenza.

All’incontro saranno presenti, il vice sindaco e assessore alla Cultura Giampiero Cannella, le registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, il bambino protagonista del corto Mattia Libeccio, gli attori Stefania Blandeburgo e Ludovico Vitrano, che hanno partecipato a titolo gratuito con le loro voci fuori, la fumettista Eva Arato, il Presidente e la vice della Life And Life, Arif Houssein e Valentina Cicirello, gli agenti generali di Vittoria assicurazioni Antonello e Rossana Calia, e la delegata di produzione Laura Scalia.

Per info: Life And Life, via Serraglio Vecchio 28, Palermo. Tel. 091.2714100

Guada il corto

Il servizio di Tele One del 3 ottobre 2024

Qui la registrazione dell’evento

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“La Notte” di Michelangelo Antonioni

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 “La Notte” di Michelangelo Antonioni a Venezia 81

Nell’ambito della 81esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale presenterà in anteprima mondiale nella sezione Venezia Classici la versione restaurata de La notte (1961) di Michelangelo Antonioni con Marcello Mastroianni, Jeanne Moreau e Monica Vitti. La proiezione ufficiale sarà il 30 agosto, alle 14.15 nella sala Corinto, per pubblico e accreditati.

“L’avventura, è uno dei film della mia vita. All’epoca ne rimasi folgorato – ha scritto per il dossier del Centro Sperimentale Gianni Amelio – Se il motore de L’avventura è anche narrativo, in La notte è tutto chiuso nella tensione del non-racconto, nell’espressività assoluta dell’immagine nuda. Le parole, come nell’ultima sequenza, si rovesciano su loro stesse”.

“Lidia e Valentina, le protagoniste del magnifico La notte, si stagliano tra architetture urbane e paesaggi reali a dimostrare già visivamente la loro potente presenza”, scrive nel dossier Angela Prudenzi. “Tra due donne lontane e un uomo assente il film indaga i sentimenti di una coppia al capolinea e svela la tentazione di un tradimento che, all’alba, in uno squarcio di lucidità, confermerà la verità di quel matrimonio finito”, secondo Laura Delli Colli.

Antonioni è stato il regista che più di altri, nella cultura italiana del dopoguerra, è diventato la stella polare del cinema d’autore internazionale: non a caso da Wenders a Wong Kar Wai, spesso i registi capaci di inventare e possedere uno stile, lo hanno considerato un punto di riferimento cruciale. La sua passione per la forma delle immagini, il suo occhio pieno di stupore, curiosità e attenzione nei confronti delle donne, la sua capacità di ritagliare angoli del nostro mondo contemporaneo e mostrarcelo sul grande schermo come se fosse un pianeta enigmatico, inesauribile, minaccioso e affascinante, hanno dato vita ad una avventura unica fatta di film come esperienze mentali e sensoriali.

Il restauro, curato da Sergio Bruno, lungo e impegnativo, consente di riscoprire il cinema di un maestro ma anche l’arte del direttore della fotografia, Gianni Di Venanzo, tra i più importanti del cinema italiano contemporaneo, che in La notte dota le inquadrature di un bianco e nero grafico e spettrale, di carbone e metallo, come nella celebre “alba livida” del finale, dove al cielo abbacinante si oppone la luminescenza irreale dei prati.

Il Centro Sperimentale ha realizzato per il restauro del film un dossier con le testimonianze, tra le altre, di Enrica Fico Antonioni, Andrea Guerra, Beppe Lanci, Maria Pia Luzi, e un’ ampia provvista di materiali critici e di documentazione con la collaborazione di  Gianni Amelio, Franco Bernini, Sergio Bruno, Laura Delli Colli, Luca Pallanch, Fabio Melelli, Angela Prudenzi, Silvia Tarquini.

 

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Cinema, a Sciacca la Rassegna su Germi

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Con la proiezione nell’Arena Giardino della Multisala Badia Grande de “Il cammino della speranza” film girato a Favara nel 1950 e che tratta il tema drammatico dell’emigrazione, si è conclusa ieri sera la rassegna organizzata da Sino Caracappa e patrocinata dal comune di Sciacca dedicata alla figura di Pietro Germi, nel cinquantesimo anniversario dalla sua morte. La serata è stata introdotta dalla interessante presentazione del libro dal titolo “Pietro Germi il Siciliano”, del 2014, scritto dal catanese Sebastiano Gesù, critico cinematografico e storico del cinema italiano morto nel 2018. Un libro che oltre alla presentazione del regista Pasquale Scimeca contiene anche una prefazione firmata da Sino Caracappa. A parlarne sono stati Ivan Scinardo, direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, e il cineasta Carmelo Franco, di professione avvocato. Ad intervistare i due ospiti è stato Raimondo Moncada. La serata ha poi visto anche la proiezione dei fuori scena di Sedotta e abbandonata di Vincenzo Raso. Alla Rassegna Pietro Germi ci sarà un’appendice programmata per il 28 settembre, con un convegno dal titolo “Il cinema di Pietro Germi e la Sicilia”, su cui abbiamo chiesto un’anticipazione a Sino Cacarappa.

 

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