

Cultura
“Il sogno dei siciliani onesti”, il lbro della Mirano
Maria Giovanna Mirano racconta il suo libro
Quella che racconta Maria Giovanna Mirano nel volume “Storia di una ribelle ‘nfame”, Edizioni Leima, è sì la testimonianza abilmente romanzata, con nomi di fantasia, di una terribile realtà siciliana, che trova la sua sintesi nell’espressione di Anna Ribaudo : “Questa è la fine, Cosa nostra ha vinto. Oggi ha dimostrato che è più forte dello Stato”, alla notizia della tragica morte del giudice Paolo Borsellino, il 19 luglio 1992, ma condensa anche una significativa lezione di rinnovamento culturale, perché “gli uomini passano ma le loro idee restano”.
Nel corso della narrazione, il colloquio con il Capitano dei Carabinieri Grimaldi assume l’amaro sapore della sconfitta e l’Autrice, già nota alle scuole italiane per i suoi contributi ai progetti di cultura e legalità, adotta nomi fittizi in riferimento ai tragici fatti che si collegano alle stragi di Palermo del 23 maggio e del 19 luglio del 1992.
In questa cornice si inserisce la storia di Maria, figlia di don Saro Danaro, un boss vecchio stampo che aveva osato contrastare la nuova e più redditizia linea del narcotraffico imposta dal capomafia, don Salvo Madruso, e che finisce per questo crivellato di colpi insieme al figlio Peppe nel bar del paese, Basseria.
Chi osa ribellarsi a Cosa nostra è considerato ’nfame e quindi deve morire.
Il giudice Caruso, (Borsellino) raccogliendo le testimonianze della ragazza che chiedeva giustizia e verità, ha garantito la sua protezione provvedendo a farla trasferire come “collaboratrice di giustizia” in una località segreta, sotto nome fittizio, ma l’ha soprattutto sostenuta ed aiutata moralmente.
L’espressione che chiude l’incontro con il Capitano dei Carabinieri nel primo capitolo: “Oggi è morto il sogno di tutti quei siciliani onesti che preferivano il fresco profumo della libertà che si contrappone al puzzo del compromesso” sigilla il dramma di Maria perché “Una donna che si schiera con lo Stato, resta sola, abbandonata a se stessa”.
Nella cultura della mafia “chi si ribella a Cosa nostra, viene rinnegato e diventa ‘nfame”.
Nei vari capitoli del libro, che si legge con scorrevolezza per lo stile semplice, immediato ed armoniosamente gradevole, si snodano i percorsi romanzati di un amore giovanile, contrastato da Peppe, fratello di Maria, ucciso insieme al padre dai sicari del boss, e l’estenuante ricerca di verità della ragazza che desidera a tutti costi scoprire chi li ha uccisi, ne è il filo conduttore.
Quello dei mafiosi è un mondo parallelo in cui si annullano i principi fondanti della società civile. In particolare, le donne pagano un prezzo molto alto. Costrette al silenzio per custodire i segreti più turpi dei propri uomini, annullano se stesse e soffocano qualsiasi trasporto emotivo pur di non tradire le regole imposte dai capi, accettando ogni atrocità e con “innaturale naturalezza”, anche le perdite più care. Infrange la regola la tenace volontà di Maria, giovane studentessa che vuole lottare per cambiare le cose, che si ribella perché non può condividere il clima di omertà e di sudditanza alla volontà di quel capomafia che, dalla sua poltrona dietro i vetri di una finestra, controlla e governa la vita cittadina. Sa che non può farcela da sola, Maria, ed è per questo che assume un ruolo significativo anche la figura iniziale del Capitano Fedi, che con la sua temerarietà colpisce ed incoraggia la giovane ad andare avanti verso il riscatto della legalità.
Quando, alla fine del racconto, Maria scopre con sgomento che era stato proprio Calogero, il suo primo e grande amore, a fare esplodere i colpi della calibro 38 che le aveva strappato i suoi cari, che era proprio lui il sicario che cercava, il picciotto rampante del capomafia, con il quale tratteneva contatti e relazioni, ormai non ha più dubbi: non vendetta ma Giustizia. Solo le Istituzioni avrebbero potuto aiutarla.
Per amore, lo stesso Calogero, senza infrangere le regole che condannano gli ‘nfami, come ormai è ritenuta Maria finanche dalla stessa madre che l’ha rinnegata da tempo, intima la ragazza a sparire, altrimenti dovrà farlo lui, pena la sua stessa vita. Funziona così in quel mondo che Maria rifiuta e condanna. Nel romanzo, i frequenti incisi in corsivo condensano i pensieri segreti e i sentimenti dei protagonisti ed il lettore, quasi scorrendo le intime pagine di un diario, condivide il dramma interiore di Maria, animata dalla ricerca della verità e dal forte senso di giustizia che diventa bisogno e desiderio di vendicare la morte del padre e del fratello; ma anche i sentimenti di un Calogero a suo modo innamorato che vorrebbe sposarla, rimanendo però fortemente legato a quel sistema mafioso che schiavizza generando potere, ricchezza e morte e dal quale non ci si può distaccare.
Degna di attenzione la pagina dedicata alla lezione sulla libertà che merita di essere letta e commentata agli studenti di oggi, come monito e messaggio per dare un senso ai valori che dovrebbero guidare il cammino di ciascuno.
La Forze dell’Ordine in generale, chiamati ora “sbirri”, ora “angeli custodi”, vengono magistralmente presentate nell’esercizio delle funzioni di tutela dell’ordine pubblico e della legalità, ma anche spesso condizionate dalla fitta coltre di omertà e di silenzio che domina in contesti assai difficili come quelli direttamente interessati dal fenomeno mafioso.
Il messaggio di legalità è dominante nel testo e le espressioni usate sembrano ripetere gli slogan che intonano gli studenti della “Nave della legalità” durante il corteo del 23 Maggio: “La Sicilia è nostra e non di Cosa nostra”.
La presa d coscienza che “il vero “nfame” non è chi lotta per un mondo migliore, ma colui che per paura ed egoismo non combatte i mafiosi, divenendo colluso con chi, usando la forza, sottomette la vita degli altri”, guida verso la piena consapevolezza che occorre modificare il modo di pensare la mafia, di sentire le gravi conseguenze che produce e di agire secondo i principi dell’onestà, del rispetto, della dignità.
L’Autrice conclude in maniera incisiva affermando che “il cambiamento richiede tempo, ma prima di tutto bisogna volerlo. E noi siciliani onesti lo vogliamo.” Ecco gli effetti del vero profumo di libertà.
Cultura
Il coraggio di educare, nuova proposta di recupero

I maestri educatori
Questo hanno insegnato i grandi Maestri Educatori ed in questi giorni è stato ricordato Don Lorenzo Milani, testimone e modello di coraggio.
Intervenendo alla tavola rotonda promossa dalla Comunità di Chiesa Mondo e dall’Ufficio per la dispersione scolastica, l’Arcivescovo Mons Luigi Renna, che per primo ha attivato un ufficio diocesano per rispondere al bisogno dettato dalla povertà educativa nella provincia etnea, ha introdotto il tema “Il coraggio di educare , in ascolto delle sfide della contemporaneità”.
Cooperando in rete con la Prefettura e con il Tribunale dei Minori la piaga della dispersione comincia ad essere guarita, ma occorre da parte degli educatori una “scelta di coraggio” a mettersi in ascolto dei ragazzi che hanno bisogno di una guida, e rispondere ai loro bisogni celati e inespressi. Nella parola “scuola “ c’è la consonante “C” che dà significato al termine, con il rischio che si legga “suola” e questa “C” che si collega al “cuore”, indica anche il coraggio di scegliere una scuola di periferia ed il coraggio di restare a lavorare con i ragazzi del quartiere come hanno lodevolmente fatto alcuni dirigenti e docenti dei quartieri di Picanello e Librino.
Alla tavola rotonda, moderata dalla coordinatrice della Comunità Chiesa Mondo, Lidia Curcio, con la collaborazione della direttrice dell’Ufficio per la Pastorale scolastica, Agata Pappalardo, sono interventi il prof Giuseppe Vecchio, garante per l’infanzia presso il Tribunale dei Minori, il quale ha portato i saluti del presidente Giudice Roberto Di Bella.
Educazione e istruzione
Nell’intreccio tra educazione e istruzione si incontrano ad operare insieme la famiglia e la scuola. L’emergenza del presente sollecita un puntale intervento di prevenzione e, come già realizzato con il progetto nazionale “Liberi di scegliere” che favorisce il trasferimento in altri contesti dei ragazzi bisognosi di particolari attenzioni, in applicazione della Legge Regionale n. 16 è stato presentato un progetto di “affido educativo temporaneo” che potrebbe offrire ad alcuni ragazzi di vivere un’esperienza di famiglia in contesti diversi da quella di origine e maturare consapevolezza e responsabilità. Anche per la realizzazione di questo progetto ci vuole “coraggio di scegliere” e di portare a compimento l’impresa.
La prof. Maria Teresa Consoli, dell’Università di Catania, ha evidenziato come il fenomeno della dispersione e dell’abbandono degli studi è presente nell’ambito universitario e sono stati attivati numerosi progetti di coinvolgimento e di premialità. Lodevole è stata l’esperienza degli studenti universitari che prestano il loro servizio tra i 73 detenuti che hanno aderito al progetto del “Polo didattico per detenuti” promosso dall’Università di Catania.
Così pure la lodevole azione di volontariato e di servizio che offrono gli ex allievi salesiani de La Salette, nel quartiere San Cristoforo, con la guida del prof. Alfredo Petralia, è segno di una vitalità educativa presente in Città che anima e sollecita un positivo coinvolgimento di tanti operatori.
In risposta alla complessità dell’educazione che presenta aspetti, formali, non formali ed informali, l’attivazione di un’efficiente rete di sussidiarietà potrà dare risposta ai sogni di futuro dei giovani, che spesso restano con le dita sulla tastiera del cellulare e non entrano in sintonia e in dialogo con la realtà, mentre le loro braccia forti e l’energia dell’età giovanile potrebbe costituire una vitale risorsa di ripresa e di resilienza.
Un applauso finale è stato dedicato ai ragazzi dell’Istituto Pestalozzi che hanno prestato un lodevole servizio di accoglienza per la buona riuscita dell’evento formativo.
Giuseppe Adernò
Cultura
Giuseppe Lavenia racconta la guerra

struire soltanto nella vicendevole fiducia”
Queste espressioni del messaggio di Papa Francesco per la 57.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, hanno motivato l’ultimo incontro culturale del 18° Festival della Comunicazione, che ha avuto luogo, sabato 20 maggio nel Salone dei Vescovi.
Giuseppe Lavenia , giovane giornalista RAI, originario di Adrano, ha raccontato i 95 giorni trascorsi a Codogno, il 21 febbraio 2020 con il “paziente 1” e la successiva esplosione del Covid 19. L’esperienza dei primi giorni della pandemia hanno segnato fortemente l’opinione pubblica ed ha contribuito ad una presa di coscienza in relazione al benessere sociale.
Il racconto ha coinvolto l’attento pubblico ed è stato evidenziato lo stile di comunicazione e di relazione che il giornalista mette in atto nel preparare i servizi di informazione per il grande pubblico della televisione.
La paura e la tensione provata nei campi di guerra, al suono delle sirene di allarme; il contatto con i profughi che lasciano la loro terra per sfuggire ai bombardamenti; l’incontro con i bambini oncologici e l’improvvista e originale partita di calcio, sono alcune delle immagini del racconto che Giuseppe Lavenia ha fatto “parlando col cuore” e testimoniando come nella trasmissione di una notizia ci sono modi diversi di comunicare e quando si trasmettono valori si entra in sintonia con il pubblico/lettore/spettatore e parte un messaggio che aiuta a vivere bene.
L’incontro, moderato da Marco Carrara, di Bergamo in presenza e Dorella Cianci di Cerignola in videocollegamento sul tema “Comunicazione , guerra, disarmo” è stato promosso anche con la collaborazione del diacono Alessandro Rapisarda, dell’Ufficio diocesano delle Comunicazioni sociali.
L’Arcivescovo Mons Luigi Renna, a conclusione dell’incontro, apprezzando il prezioso lavoro dei giovani giornalisti ha fatto luce sulla vocazione/missione del comunicatore che nel dare notizie che possono “costruire o distruggere, orientare o disorientare, rendere felici o infelici”, facendo partire il messaggio dal cuore, ricco di attenzione e sensibilità umana, trasmette certamente un raggio di speranza e di futuro. Come affermava Giorgio La Pira: “C’è una primavera che si prepara in questo inverno apparente ”
Giuseppe Adernò
Cultura
Etica della comunicazione, un convegno a Catania

Nella giornata conclusiva del 18° Festival della comunicazione” il tema ”L’etica della comunicazione, promozione della salute e benessere” è stato proposto quasi come sintesi del cammino in preparazione alla 57° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.
Sono stati messi a dimora tanti piccoli semi i giornalisti e i comunicatori hanno il dovere di rende vivo e dinamico il cantiere della comunicazione secondo le indicazioni del messaggio di quest’anno ha percorso i sentieri della comunicazione analizzando le molteplici ambiti relativi alla coesione sociale, ai principi e ai valori della sussidiarietà, del senso della vita, al ruolo della donna nella società, al controllo delle emozioni, alla paura come dono, alla cultura del digitale in famiglia, al messaggio del Verga e alla comunicazione delle buone notizie, e all’incontro con i giornalisti inviati di guerra. Non sono mancati i temi emergenti della nostra realtà locale: la legalità, la dispersione scolastica e la valorizzazione del territorio Etna e i principi dell’ecosostenibilità ambientale.
ETICA DELLA COMUNICAZIONE nelle professioni nell’attenzione alla salute e l’agire etico della pubblicità
Nell’incontro di sabato 20 maggio è stato affrontato il tema dell’ETICA DELLA COMUNICAZIONE, o forse ancor meglio ETICA NELLA COMUNICAZIONE non come enunciazione teorica, ma come etica, che sollecita un comportamento inteso come modo di pensare e di sentire i principi morali e deontologici che poi si traducono nell’agire, nell’azione incarnata nell’esercizio della professioni attraverso i compiti sociali specifici delle varie professioni, orientate tutte al benessere del singolo e della collettività che corrisponde.
Tutto ciò afferisce alla pratica Politica, intesa come ricerca del bene comune, di quel benessere sociale che investe l’integralità della dimensione umana.
Il tema del benessere è stato il filo conduttore degli interventi che hanno aiutato a riflettere a interiorizzare e consolidare principi e valori e poi si traducono nelle azioni e nell’esercizio della cittadinanza attiva e responsabile, che impegna ciascuno a rispondere con abilità e competenza nelle molteplici esperienze esistenziali
Ha introdotto gli interventi, coordinati dal prof. Giuseppe Adernò, presidente provinciale UCSI, l’Arcivescovo Mons Luigi Renna, che già nella conferenza stampa dei presentazione del Festival, tra i processi di innovazione nella diocesi ha inserito il “cantiere dei giornalisti” affinché nell’esercizio della “vocazione di operatori dell’informazione si sentano parte integrante della Chiesa”
Il tema della 57° Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali Parlare col cuore e farlo con mitezza” completa la trilogia dei verbi: Andare e vedere; Ascoltare con l’orecchio del cuore, che negli anni precedenti hanno scandito i passi del percorso formativo e di guida etica proposto da Papa Francesco.
Il prof. Felice Giuffrè, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Catania e membro laico del CSM nel magistrale intervento ha riletto i principi etici della Carta costituzionale , che definiscono le caratteristiche della deontologia professionale che sollecita e impegna ogni cittadino, soggetto sociale, a cooperare per il bene comune ed essere testimone credibile dei valori sanciti della Costituzione.
Con una ricchezza di esperienza e di saggezza professionale dott, Augusto Consoli , specialista in ambito psichiatrico, docente di bioetica, presidente nazionale della Società scientifica per lo studio delle dipendenze patologiche; coordinatore del Gruppo alcologico regionale e del gioco d’azzardo patologico della Regione Piemonte ha trattato bel rapporto tra etica e bioetica il tema del “benessere” che tende allo star bene del cittadino nella dimensione della salute fisica e mentale e in riferimento all’ambito sanitario ha analizzato gli aspetti della comunicazione dialogica tra medico e paziente e nella presentazione degli antidoti alle difficoltà emergenti ha evidenziato la capacità critica di saper interpretare i messaggi che possono creare distorsioni nella condivisione dei percorsi di salute, auspicando che tale prassi metodologica non fosse riservata ai medici “eroi” o delegata alla chatGPT.
L’intervento della giornalista Pinella Leocata ha indirizzato l’attenzione ai casi di malasanità e di cattiva gestione del servizio sanitario
L’ottica di una comunicazione responsabile e del businnes etico , grazie al contributo della dott.ssa Emilia Grazia Costa, di Torino esperta in ricerca, marketing e vendite , responsabile dei progetti speciali della Rai sui tema della pubblicità ha offerto all’attento pubblico nuovi orizzonti di cittadinanza attiva e di positiva fruizione dell’ecosfera mediale che comprende i molteplici canali della comunicazione e delle relazioni sociali,
L’agire etico della pubblicità e l’ottica di una comunicazione commerciale responsabile impegna ad rispettare indicazioni e norme di certificazione, misurazione, sostenibilità e per essere a servizio di tutti necessita di un’attenzione speciale anche nei confronti delle disabilità, creando un modello di “pubblicità inclusiva”.
Interventi specifici sull’etica nella professione del giornalista sono stati proposti dal presidente nazionale della FISC, (Federazione Settimanali Cattolici), Mauro Ungaro, il quale ha esplicitato le finalità del servizio di informazione e formazione che svolgono i settimanali cattolici, che “danno voce a chi voce non ha “ ed il segretario nazionale UCSI e tesoriere dell’Ordine dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, Salvo Di Salvo, nel constatare come i social media, alla portata di tutti, diffondono notizie, e non sempre vere e circostanziate, sollecitano la responsabilità del giornalista che racconta la verità “con lo stile sapiente della carità”.
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