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Un anno esatto dall’inizio della pandemia di covid-19
Cominciò così un anno fa. All’inizio la Cina sembrava lontana migliaia di chilometri e Wuhan era sconosciuta ai più. Poi scoprimmo che il virus era ormai dentro casa nostra.
C’era una volta il paziente 1…
Ecco il testo pubblicato dall’ansa 1 anno fa….
“Un 38enne ricoverato all’ospedale di Codogno, nel milanese, è risultato positivo al test del Coronavirus. “Sono in corso le controanalisi a cura dell’Istituto Superiore di Sanità”, ha detto l’assessore al Welfare della Regione Giulio Gallera aggiungendo che l’italiano “è ricoverato in terapia intensiva all’ospedale di Codogno i cui accessi al Pronto Soccorso e le cui attività programmate, a livello cautelativo, sono attualmente interrotti”. L’uomo si è presentato giovedì al pronto soccorso dell’ospedale di Codogno, nel Lodigiano. Al momento le autorità sanitarie stanno ricostruendo i suoi spostamenti. “Le persone che sono state a contatto con il paziente – ha aggiunto l’assessore – sono in fase di individuazione e sottoposte a controlli specifici e alle misure necessarie”. Una conferenza stampa è prevista per la mattina di venerdì 21 febbraio, ad un orario che sarà comunicato in seguito.
LA STORIA DELLA DOTTORESSA CHE PER PRIMA VISITO’ IL PAZIENTE 1: ‘Il gioco di squadra ci salvò’
Da quando, la mattina del 20 febbraio dell’anno scorso, si è ritrovata in reparto quell’uomo che qualche ora dopo sarebbe diventato Paziente 1, cioè il primo caso di Coronavirus accertato in Italia, ha capito che “non si può avere sempre la situazione sotto controllo. Io che sono metodica e ho sempre programmato tutto, ho capito che nella vita le cose possono cambiare da un momento all’altro, tutto può essere stravolto e che quindi non bisogna lasciarsi sopraffare ma reagire. E poi che il gioco di squadra paga sempre”. Ha insegnato anche questo a Laura Ricevuti, medico dell’ospedale di Codogno, in servizio quel giorno di un anno fa quando è stato scoperto ufficialmente che da Wuhan era arrivata quella strana polmonite di cui poco si sapeva. La dottoressa, 45 anni, è stata, assieme alla collega rianimatrice Annalisa Malara, la prima a seguire Mattia Maestri inizialmente ricoverato nel reparto di medicina dove lei era di turno. Di quei momenti ricorda “la grande preoccupazione per questo paziente giovane, sportivo che peggiorava rapidamente. Prima che venisse intubato gli avevo somministrato ossigeno ad alto flusso e poi l’ho inviato a fare la Tac”. Da lì la storia è nota: la moglie che racconta quel che lui aveva omesso di dire, e cioè di una tavolata con amici e colleghi tra cui uno rientrato dalla Cina (poi risultato negato al Covid), e l’intuizione delle due dottoresse, complici anche gli esami di laboratorio, di forzare i protocolli e infine il tampone dall’esito infausto.
“Da un lato non ci credevo perché, come molti, pensavo che la Cina era lontana e quindi che difficilmente il virus ci avrebbe colpito, dall’altro è cominciata a crescere la preoccupazione. Ho avuto paura anche per me stessa, in quanto quella mattina visitavo solo con mascherina e guanti”. Solo dopo aver disposto il primo tampone, quello di Mattia Maestri, in quel piccolo ospedale della Bassa Lodigiana sono scattate le misure di sicurezza e sono stati distribuiti i dispositivi di protezione. “In quegli attimi pensavo a me e alla mia famiglia, al pericolo per i malati ricoverati e per i loro parenti e al personale spaventato quanto me”. In molti si sono presto ammalati “e anch’io sono uscita dai giochi subito. Avevo la febbre. Prima sono stata da sola e ‘disperata’ nell’appartamento che ho preso in affitto a Codogno, poi sono stata ricoverata in isolamento nel reparto di malattie infettive del San Matteo di Pavia, la mia città.” Laura Ricevuti non nega “la paura, anzi il terrore di finire intubata in rianimazione o di poter contagiare i suoi famigliari. L’ho presa davvero male”. Riguardando indietro, ritiene “di aver fatto tutto il possibile per quel paziente. Ho seguito il percorso giusto e in tempi rapidi – dice – e ritengo che sia stato fatto un perfetto lavoro di équipe. Insomma la catena ha funzionato!” Però, e parla “con il senno di poi”, avrebbe potuto essere “un po’ meno disperata e stressata e più positiva. Ma questa – ammette – è una malattia anche alienate, disumanizzante”. Qualsiasi contatto fisico è vietato. “Mi mancano gli abbracci: essere abbracciata e abbracciare”.
Un anno dall’inizio della pandemia in fotografie….
A Codogno e in altri 9 paesi viene istituita la prima zona rossa: i carabinieri controllano ingressi e uscite dal paese lombardo
Il 22 febbraio, il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli tiene la sua prima conferenza stampa. L’appuntamento delle 18 con il bollettino dei contagi diventerà una delle tappe quotidiane per comprendere l’andamento dell’epidemia
L’ingresso dell’ospedale di Cremona, con una delle prime tende di triage allestite
L’Italia si mette in coda fuori dai supermercati per fare la spesa, in alcuni giorni si arriva ad aspettare anche un’ora prima di entrare, ci si appresta verso la fase del lockdown.
Si stringono le maglie per visitare i parenti negli ospedali e nelle carceri. Nella notte tra il 7 e l’8 marzo, quando l’indice Rt è stimato addirittura tra 2 e 3 e i contagi (e i decessi) raddoppiano nel giro di tre giorni, arriva il Dpcm che prelude il lockdown: per ora si sceglie di chiudere sostanzialmente tutto in Lombardia e in 14 province del Centro-Nord, quelle più flagellate dal virus: Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia, per un totale di 16 milioni di persone.
Il 10 marzo, Alessia Bonari, infermiera in un ospedale di Milano, posta una foto con i segni procurati da mascherina e visiera
…chiude l’Italia: l’11 marzo è il giorno del lockdown.
Annunciato da un drammatico discorso di Conte in tv, in cui il premier annuncia agli italiani che è il momento “di stare lontani per tornare ad abbracciarci in futuro”, il Dpcm dall’eloquente titolo “Io resto a casa” cambia la vita di tutti gli italiani: non si può uscire se non con la celebre “autocertificazione”, per motivi di lavoro, di salute o per fare la spesa. Tutto il resto è chiuso: negozi, scuole, ristoranti, eventi pubblici di ogni tipo.
Il Papa a piedi in una via del Corso spettrale invoca la protezione della Vergine, mentre le vittime sono quasi mille al giorno.
Le città sono deserte, mentre la corsa dei contagi, nel mesto rito quotidiano del punto stampa in Protezione Civile, non accenna a rallentare. Tra metà e fine marzo è il momento più duro, con la sfilata dei carri dell’esercito carichi di bare a Bergamo…
Tanto che il 22 marzo arriva una nuova stretta: chiuse anche le attività produttive non essenziali o strategiche. Aperti solo alimentari, farmacie, negozi di generi di prima necessità e i servizi essenziali.
Nella Bergamasca il virus miete così tante vittime da riempire gli obitori e da portare alla trasformazione delle chiese in spazi per ospitare le bare
Il 27 marzo Papa Francesco prega in una piazza San Pietro deserta per la fine della pandemia: “Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città”, dice Bergoglio.
Nessuno può spostarsi da un Comune all’altro se non per comprovate necessità. Il primo aprile arriva un nuovo Dpcm, ancora annunciato dal premier in tv, ma era nell’aria da giorni: il lockdown è prorogato fino al 13 aprile. Il 10 aprile, e anche qui era scontato (sono i giorni del picco di ricoveri in terapia intensiva, oltre 4mila) nuova misura e nuova proroga: il lockdown finirà il 3 maggio. Intanto, finalmente, dal lungo “pianoro” fatto di migliaia di casi e centinaia di morti al giorno si inizia a uscire e inizia la discesa: è il momento di provare a ricominciare.
Lenzuola appese ai balconi per reagire con speranza e ottimismo alla crisi legata all’epidemia di Coronavirus che sta attraversando il paese.
Il Dpcm del 26 aprile finalmente istituisce la ‘Fase 2’: “Grazie ai sacrifici fin qui fatti – scandisce Conte in diretta – stiamo riuscendo a contenere la diffusione della pandemia e questo è un grande risultato se consideriamo che nella fase più acuta addirittura ci sono stati dei momenti in cui l’epidemia sembrava sfuggire a ogni controllo”. Ora si può andare a trovare i “congiunti” (con l’infinita querelle su cosa si dovesse intendere con questo termine), andare al parco, dal parrucchiere, negli stabilimenti balneari e fare sport individuale liberamente.
E’ il momento della rinascita, che culmina l’11 giugno con un nuovo provvedimento del Presidente del Consiglio, che sancisce l’avvio di fatto della ‘Fase 3’: aperti centri estivi per i bambini, sale giochi, sale scommesse, sale bingo, così come le attività di centri benessere, centri termali, culturali e centri sociali. Riprendono, inoltre, gli spettacoli aperti al pubblico, le sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto, e riparte lo sport professionistico, per ora a livello di allenamenti individuali. Misure che un altro Dpcm il 14 luglio proroga fino alla fine del mese, poi fino al 7 settembre e infine fino al 7 ottobre.
E’ la fase dell’estate pazza, delle discoteche, del ‘non ce n’è coviddi’ che tutta Italia saluta con una risata liberatoria. Che dura poco però. I casi a settembre iniziano a risalire, tornano a superare quota mille e in poche settimane addirittura quota 10mila, peggio che nella prima ondata.
E’ il momento dei nuovi Dpcm: il 13 ottobre si inaugura la seconda ondata: le mascherine sono obbligatorie sia all’aperto che al chiuso, tranne ovviamente che a casa propria. E ancora evitare feste, cene con massimo sei persone, addio al calcetto e teatro e cinema a numero chiuso.
Il 18 ottobre nuova stretta, che he consente ai sindaci di disporre la chiusura di strade e piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, dopo le 21, vieta attività convegnistiche o congressuali, e sagre e fiere di comunità, consente alle scuole superiori di organizzare attività di didattica a distanza e alle Università di organizzare le proprie attività in base alla situazione epidemiologica del territorio.
Ma il virus non aspetta, e i Dpcm lo inseguono: il 24 ottobre ne arriva uno ancora più restrittivo: non è ancora il lockdown ma è abbastanza per assistere a diverse manifestazioni di piazza, anche accese, nelle grandi città. Stop a palestre, piscine, centri benessere, teatri, cinema, centri natatori, centri benessere e termali; chiusura dei ristoranti alle 18, incremento della Dad alle superiori e l’invito a non spostarsi, se non per situazioni di necessità.
Il 26 dicembre i vaccini arrivano in Italia. Nella foto la consegna di 975 dosi assegnate alla Regione Emilia-Romagna presso ospedale Bellaria di Bologna
Le immagini dell’arrivo del furgone con le 9.750 dosi di vaccino per il V-Day allo Spallanzani
Il 27 dicembre è il V-Day europeo. La prima italiana a ricevere la dose di vaccino è Claudia Alivernini, infermiera all’ospedale Spallanzani di Roma
E’ V-Day anche in Sicilia dove la prima vaccinazione sarà compiuta presso il padiglione 24 dell’ospedale Civico di Palermo. La prima dose del farmaco Biontech-Pfizer sarà iniettata al responsabile del pronto soccorso dell’ospedale Civico, il Dott. Massimo Geraci, in prima linea sul fronte dell’emergenza durante la seconda ondata pandemica.
Ieri si è celebrata la Giornata nazionale dei Camici bianchi, istituita in parlamento per onorare il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio di medici, infermieri, operatori e volontari in ambito sanitario, sociosanitario e socioassistenziale, nel corso della pandemia da Coronavirus. Un riconoscimento per il quale tutti gli operatori sanitari esprimono soddisfazione e orgoglio. Un pensiero lo rivolgiamo a Li Wenliang, l’oculista 34enne che prima di tutti aveva lanciato l’allarme.
Cinema
“Corto d’Amuri” dedicato a tutti i bambini e le donne
Life And Life e Vittoria Assicurazioni insieme contro la violenza di genere
Mercoledi 2 ottobre 2024, Giornata mondiale della non violenza, proiezione alle 10.30, in anteprima del cortometraggio – Sala Bianca, Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo
Verrà proiettato in anteprima assoluta, davanti a un pubblico selezionato di studenti e insegnanti, il cortometraggio: “Corto D’Amuri”, realizzato dall’organizzazione internazionale umanitaria LIFE and LIFE ETS. Partner dell’iniziativa Vittoria Assicurazioni, agenzia generale di Palermo, selezionata per il secondo anno per il progetto: “AssiCuriamo – Insieme 2024” promosso da Fondazione Specchio d’Italia e Fondazione Carlo Acutis.
Il lavoro realizzato dalle registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, ex allieve del corso di Documentario del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, racconta le violenze psicologiche, spesso invisibili, che subiscono bambini e donne all’interno delle mura domestiche. Non è un caso che sia stata scelta proprio la data del 2 ottobre per proiettare il lavoro filmico, Giornata mondiale della nonviolenza. Dopo l’esperienza maturata lo scorso anno sulla prevenzione delle malattie oncologiche, Life and Life e Vittoria Assicurazioni, hanno voluto realizzare un cortometraggio da destinare principalmente alle scuole, per lanciare un ulteriore messaggio di allarme al fine di aiutare i più deboli a rivolgersi ai centri per l’ascolto antiviolenza.
All’incontro saranno presenti, il vice sindaco e assessore alla Cultura Giampiero Cannella, le registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, il bambino protagonista del corto Mattia Libeccio, gli attori Stefania Blandeburgo e Ludovico Vitrano, che hanno partecipato a titolo gratuito con le loro voci fuori, la fumettista Eva Arato, il Presidente e la vice della Life And Life, Arif Houssein e Valentina Cicirello, gli agenti generali di Vittoria assicurazioni Antonello e Rossana Calia, e la delegata di produzione Laura Scalia.
Per info: Life And Life, via Serraglio Vecchio 28, Palermo. Tel. 091.2714100
Guada il corto
Il servizio di Tele One del 3 ottobre 2024
Qui la registrazione dell’evento
Cinema
“La Notte” di Michelangelo Antonioni
“La Notte” di Michelangelo Antonioni a Venezia 81
Nell’ambito della 81esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale presenterà in anteprima mondiale nella sezione Venezia Classici la versione restaurata de La notte (1961) di Michelangelo Antonioni con Marcello Mastroianni, Jeanne Moreau e Monica Vitti. La proiezione ufficiale sarà il 30 agosto, alle 14.15 nella sala Corinto, per pubblico e accreditati.
“L’avventura, è uno dei film della mia vita. All’epoca ne rimasi folgorato – ha scritto per il dossier del Centro Sperimentale Gianni Amelio – Se il motore de L’avventura è anche narrativo, in La notte è tutto chiuso nella tensione del non-racconto, nell’espressività assoluta dell’immagine nuda. Le parole, come nell’ultima sequenza, si rovesciano su loro stesse”.
“Lidia e Valentina, le protagoniste del magnifico La notte, si stagliano tra architetture urbane e paesaggi reali a dimostrare già visivamente la loro potente presenza”, scrive nel dossier Angela Prudenzi. “Tra due donne lontane e un uomo assente il film indaga i sentimenti di una coppia al capolinea e svela la tentazione di un tradimento che, all’alba, in uno squarcio di lucidità, confermerà la verità di quel matrimonio finito”, secondo Laura Delli Colli.
Antonioni è stato il regista che più di altri, nella cultura italiana del dopoguerra, è diventato la stella polare del cinema d’autore internazionale: non a caso da Wenders a Wong Kar Wai, spesso i registi capaci di inventare e possedere uno stile, lo hanno considerato un punto di riferimento cruciale. La sua passione per la forma delle immagini, il suo occhio pieno di stupore, curiosità e attenzione nei confronti delle donne, la sua capacità di ritagliare angoli del nostro mondo contemporaneo e mostrarcelo sul grande schermo come se fosse un pianeta enigmatico, inesauribile, minaccioso e affascinante, hanno dato vita ad una avventura unica fatta di film come esperienze mentali e sensoriali.
Il restauro, curato da Sergio Bruno, lungo e impegnativo, consente di riscoprire il cinema di un maestro ma anche l’arte del direttore della fotografia, Gianni Di Venanzo, tra i più importanti del cinema italiano contemporaneo, che in La notte dota le inquadrature di un bianco e nero grafico e spettrale, di carbone e metallo, come nella celebre “alba livida” del finale, dove al cielo abbacinante si oppone la luminescenza irreale dei prati.
Il Centro Sperimentale ha realizzato per il restauro del film un dossier con le testimonianze, tra le altre, di Enrica Fico Antonioni, Andrea Guerra, Beppe Lanci, Maria Pia Luzi, e un’ ampia provvista di materiali critici e di documentazione con la collaborazione di Gianni Amelio, Franco Bernini, Sergio Bruno, Laura Delli Colli, Luca Pallanch, Fabio Melelli, Angela Prudenzi, Silvia Tarquini.
Cinema
Cinema, a Sciacca la Rassegna su Germi
Con la proiezione nell’Arena Giardino della Multisala Badia Grande de “Il cammino della speranza” film girato a Favara nel 1950 e che tratta il tema drammatico dell’emigrazione, si è conclusa ieri sera la rassegna organizzata da Sino Caracappa e patrocinata dal comune di Sciacca dedicata alla figura di Pietro Germi, nel cinquantesimo anniversario dalla sua morte. La serata è stata introdotta dalla interessante presentazione del libro dal titolo “Pietro Germi il Siciliano”, del 2014, scritto dal catanese Sebastiano Gesù, critico cinematografico e storico del cinema italiano morto nel 2018. Un libro che oltre alla presentazione del regista Pasquale Scimeca contiene anche una prefazione firmata da Sino Caracappa. A parlarne sono stati Ivan Scinardo, direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, e il cineasta Carmelo Franco, di professione avvocato. Ad intervistare i due ospiti è stato Raimondo Moncada. La serata ha poi visto anche la proiezione dei fuori scena di Sedotta e abbandonata di Vincenzo Raso. Alla Rassegna Pietro Germi ci sarà un’appendice programmata per il 28 settembre, con un convegno dal titolo “Il cinema di Pietro Germi e la Sicilia”, su cui abbiamo chiesto un’anticipazione a Sino Cacarappa.
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