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Teatro

A Enna in scena Saverio La Ruina, per il teatro a Sud Festival “Inondazioni”

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Bisogna avere una grande allenamento mentale e forse anche un po’ di resistenza per assistere a un monologo teatrale, per lo più quando l’interprete racconta per quasi due ore una storia in dialetto. Eppure il pubblico ennese in pochi minuti è riuscito a orecchiare quel calabrese misto a lucano di uno dei pochi attori che oggi caratterizzano il teatro delle storie, delle novelle e della riflessione. Saverio la Ruina, fondatore della compagnia Scena Verticale di Castrovillari, con un curriculum di tutto rispetto, Premio UBU 2007 e 2012 “Migliore attore italiano” e “Migliore testo italiano” Premio Hystrio alla drammaturgia 2010 Nomination al Premio ETI, è stato fortemente voluto a Enna dagli organizzatori di “Inondazioni”, Filippa Ilardo, Angelo Di Dio e Mario Incudine, che hanno messo in piedi un apprezzabile cartellone di eventi teatrali che si concluderanno il 26 maggio al Teatro Garibaldi di Enna. A inizio spettacolo è stato dedicato un momento agli attivisti del “No Muos” di Niscemi che hanno spiegato le ragioni della protesta con inevitabili rischi per la salute che il nuovo “orecchio elettronico” provocherà agli abitanti dell’entroterra siciliano che dovranno subire la realizzazione di un’opera che forse si sarebbe potuta fare nel deserto. Subito dopo La Ruina, entra in scena, a luci spente, assieme al musicista Gianfranco De Franco, scenografia minimalista, una sedia al centro palco e lui rannicchiato su se stesso, a iniziare un racconto che narra la vita di Pasqualina, nata e cresciuta nella pancia di una Calabria, dove le donne che non si sposano portano lo stigma di “zitellone”. Eppure la performance sembra reale, un uomo che veste i panni logori di una donna, con il piede sinistro che fa da metronomo ad un testo difficile, dove la memoria è fondamentale, scandito da momenti musicali melanconici che sottolineano elementi che viaggiano sul filo del grottesco, della facile ironia, ma anche patetici e tragici. Dissonorata è uno spettacolo ipnotico, il pubblico assiste al monologo concedendosi qualche volta sorrisi sommessi, velati di tristezza e dove l’interprete con piccoli gesti, muove essenziali muscoli facciali andando dritto al cuore dello spettatore. Rossella Battisti del quotidiano l’Unità, dopo avere visto “dissonorata” di Saverio La Ruina ha scritto: “…cronaca in prima persona della vittima di un crimine d’onore in Calabria. Ne è protagonista, lo stesso Saverio, trasformato in donnino dimesso, voce bassa, dialetto strettissimo che narra la sua disgraziata vita come un fiume carsico. Cresciuta a bastonate e a testa bassa, investita da un amore fasullo che l’ha “dissonorata”, preda del castigo infernale della famiglia. È una tragedia in punta di piedi, sguardo a terra, senza redenzione. Piccola storia buia dell’Italia di ieri”. Come non si può essere d’accordo con questa analisi lucida di uno spettacolo, che in fondo racconta una storia semplice che ha come protagonista la donna del sud, con il suo carico di dolore, a volte infamia per avere disonorato il buon nome di famiglia. Di un padre padrone che si accorge della sua gravidanza  e di donne comari sempre pronte a sparlare e spettegolare. Anche la vita ha provato ad abbandonare in corsa la “dissonorata” ma lei/lui, assoluti protagonisti della scena, si aggrappano così forte da sopravvivere e  contare fino alla fine le pietre della strada.

(fotografie di Fabio Leone e Antonella Barbera)

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Un giorno la formica

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Favola farsesca in musica

Fino a che punto è consentito spingersi alla ricerca del progresso, sfidando e spesso disprezzando la natura? La superiorità dell’essere umano sull’animale è così scontata? Parte da queste domande l’avventura surreale di uno  scrittore alle prese con una formica e con le sue logiche disarmanti.

I toni della commedia

Alternando i toni della commedia con quelli dell’introspezione psicologica, lo spettacolo si sviluppa come un gioco teatrale divertente e tuttavia profondo, affidato alla forza scenica degli attori, alla musica e alle canzoni originali di Mario Incudine e alla ricerca di una verità che forse non esiste. Alla fine, è probabile che agli spettatori rimanga il dubbio se siamo davvero gli esseri più evoluti del pianeta.

In una dimensione sospesa tra la fiaba e la realtà, si incontrano uno scrittore una formica gigante; è lei la coscienza che rimprovera l’uomo di essersi preso arbitrariamente lo scettro di “essere superiore” senza interpellare gli altri abitanti del pianeta.

Un’avventura surreale scritta a tante mani, Paride Benassai per la parte drammaturgica e i testi dellee camzoni assiemie a Mario Incudine, il controbuto essenziale dello scrittore Marco Pomar, e la performance artistica di Eugenio Mastandrea  che si identifica in  uno scrittore in crisi di ispirazione, alle prese con una formica e le sue logiche disarmanti. Un quadro fa da sgondo con all’interno un improbabile grillo parlante, Mario Incudine.

I protagonisti

Paride Benassai, Eugenio Mastrandrea e Mario Incudine sono i protagonisti di Un giorno la formica, una divertente commedia che tratta temi serissimi come la crisi ambientale e l’antropizzazione senza freni del nostro pianeta. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Biondo di Palermo ha debuttato in Sala Strehler il 7 maggio e si concluderà il 18 maggio.

Le luci sono di Antonio Sposito, le scene e i costumi sono stati realizzati dagli Allievi dell’Accademia di Belle Arti di Palermo coordinati da Valentina Console.

Scritto da Benassai e Mastrandrea insieme a Marco Pomar, lo spettacolo si dipana tra realtà e immaginazione immaginando un improbabile ma realistico incontro tra una formica e uno scrittore in crisi di ispirazione. La formica rimprovera allo scrittore la tracotanza (e la stupidità) con la quale gli esseri umani hanno “colonizzato” il pianeta senza interpellare gli altri esseri viventi, ritenendosi la specie più evoluta.

Guarda l’intervista in Open day cinema a Radio In

 

 

Un giorno la formica –  Favola farsesca in musica

da un’idea di Paride Benassai ed Eugenio Mastrandrea

drammaturgia di Paride Benassai, Eugenio Mastrandrea, Marco Pomar

regia Paride Benassai

con Paride Benassai, Eugenio Mastrandrea, Mario Incudine

musiche Mario Incudine

luci Antonio Sposito

scene e costumi degli Allievi dell’Accademia di Belle Arti di Palermo coordinati da Valentina Console

aiuto regia Marco Pomar

direttrice di scena Valentina Enea

coordinatore dei servizi tecnici Giuseppe Baiamonte

capo reparto fonica Giuseppe Alterno

macchinista Gaetano Presti

capo sarta Erina Agnello

produzione Teatro Biondo Palermo

durata: 1 ora e 30 minuti

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Quel male oscuro, malessere di vivere!

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Non è forse casuale che, a distanza di un mese, il Teatro Biondo celebri due capolavori della letteratura del novecento. A dicembre, Alessandro Haber ha portato in scena il romanzo psicoanalitico di Italo Svevo, La coscienza di Zeno, in questo giorni, il regista Giuseppe Dipasquale, dirige una straordinaria compagnia di attori, capitanata da Alessio Vassallo, ne “Il male oscuro” di Giuseppe Berto. E’ proprio quest’ultimo, nella stesura del testo, dapprima rifiutato da più di un editore e poi pubblicato nel 1964 da Rizzoli, ispirò anche l’indimenticabile Mario Monicelli, che nel 1990, nel film omonimo, affidò il ruolo da protagonista a Giancarlo Giannini. Il male oscuro celebra l’antieroe sveviano, diviso tra senso del dovere e desideri frustrati.

I costumi di Dora Argento, le scene di Antonio Fiorentino (Dipasquale le definisce una sorta di placenta cerebrale, un luogo altro), i movimenti coreografici di Rebecca Murgi e le musiche di Germano Mazzocchetti fanno da corollario ad un affiatato gruppo di attori, Cesare Biondolillo, Lucia Fossi, Luca Iacono, Viviana Lombardo, Consuelo Lupo, Ginevra Pisani, che si muovono sul palco a piedi nudi, cambiando abiti e personaggi di continuo, avvitandosi intorno a storie di profonda natura psicologica, non abbandonando mai la scena. Il protagonista è Bepi, nei panni di un elegante Alessio Vassallo, che nel cinema come nella fiction televisiva, ma soprattutto in teatro, restituisce al pubblico una interpretazione magistrale. Quasi due ore ininterrotte di recitazione, senza un minimo cedimento, con una forza espressiva a metà tra il malinconico, vivendo la paura di avere un cancro, e l’euforia finale che passa ancora a malessere di vivere.

La psicoanalisi, per stessa ammissione dell’analista, un immenso Ninni Bruschetta, gli permettere di fare un viaggio, che ci richiama all’Interpretazione dei sogni, capolavoro del 1899 di Sigmund Freud. Dipasquale fa uno straordinario lavoro intellettuale sui personaggi, sospesi tra l’onirico e il reale, cercando di fare comprendere allo spettatore le patologie psichiche, attraverso l’utilizzo della narrazione, che diventa prezioso materiale affettivo e mentale, in risposta a quel super – io, più volte ricordato dagli attori, che la coscienza, a volte tende, ad occultare.

E’ affascinante la storia di questo scrittore di cui si ha l’impressione che la vita gli sfugga continuamente di mano, che non riesce a elaborare il lutto della perdita di un padre autoritario, che vive in bilico fra una moglie e un’amante troppo giovane; le loro storie scivolano nel grottesco, alimentando nel protagonista quel male oscuro, che è la depressione.  Ecco dunque che il lettino diventa catarsi, medium di purificazione tra Es, Io e Super – Io. “Il teatro come specchio della natura”, lo afferma, attraverso questa opera, il regista, richiamandosi a Shakespeare.

Dopo Palermo, la tournee va in giro in Italia grazie alla co-produzione dei Teatri Biondo, Marche e  Stabile di Catania.

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Teatro e donne: un progetto al femminile

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PALERMO. Gli spazi della parrocchia Sacro Cuore di Gesù del quartiere Noce di Palermo si sono illuminati con la straordinaria performance di “Break in Shakespeare 2 – Chi è di scena”. Il progetto, promosso dall’associazione ‘A Strummula e finanziato con l’8×1000 valdese, ha rappresentato un momento di grande partecipazione e successo per le donne del quartiere Noce. Ventiquattro protagoniste hanno dato vita a un’esperienza artistica che ha coinvolto attivamente non solo le partecipanti, ma anche l’intera comunità locale e numerosi partner.

Un’esperienza trasformativa per le partecipanti

Maria Rosaria Abbate, già coinvolta nel primo percorso di “Break in Shakespeare”, ha condiviso con entusiasmo la sua esperienza, sottolineando l’impatto profondo che il progetto ha avuto su di lei e sulle altre donne coinvolte:
“Abbiamo creato un rapporto veramente speciale. Ci siamo amate fin dal primo momento, siamo state molto unite, ci siamo subito rispettate e coalizzate al massimo. Questo progetto è importante per quartieri come il nostro, per dar voce alle donne che vivono problemi spesso irrisolvibili nell’ambito familiare. Grazie a ‘A Strummula, abbiamo potuto esplorare nuovi percorsi e coinvolgere altre donne.”
Molte delle partecipanti, tra cui Maria Rosaria, fanno parte anche del gruppo “I Lazzitieddi”, che si occupa di sostenere le donne del quartiere attraverso iniziative di solidarietà. Grazie a questa sinergia, il progetto non solo ha permesso la creazione di uno spettacolo artistico di qualità, ma ha anche rafforzato i legami tra le donne del quartiere, trasformandosi in un motore di supporto e cambiamento per la comunità.

Un percorso tra arte e solidarietà

“Break in Shakespeare 2” si è articolato in due laboratori paralleli e sinergici: uno teatrale e uno di scenografia. Il laboratorio teatrale, guidato dalla regista Maria Grazia Maltese, ha portato le partecipanti a riscoprire i testi shakespeariani attraverso la creatività e la riflessione. Come spiega Maltese: “Break in Shakespeare Show è una performance che mette in scena otto attrici che rappresentano otto personaggi shakespeariani riscritti, frutto di un lavoro di espressione, riscrittura creativa e analisi profonda delle opere originali.”
Parallelamente, il laboratorio di scenografia, diretto da Ricchezza Falcone e supportato dal laboratorio di sartoria sociale di POP (Piccola Officina di Partecipazione) a Carini, ha dato vita agli elementi scenici e ai costumi che hanno reso lo spettacolo vibrante e colorato.
Le protagoniste dello spettacolo hanno interpretato i loro personaggi dialogando simbolicamente dai balconi, un espediente scenico che ha permesso di connettere le tematiche shakespeariane alle sfide quotidiane della vita moderna.

Un successo che guarda al futuro

La serata conclusiva, che ha visto la partecipazione delle attrici e di rappresentanti istituzionali come Anna Ponente del Centro Diaconale La Noce e Giovanna Genco, preside dell’Istituto De Amicis-Da Vinci, è stata un momento di celebrazione collettiva. La performance ha rappresentato non solo il culmine di un percorso artistico, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo di comunità e partecipazione. “C’è un desiderio molto forte da parte delle donne di proseguire questa attività,” ha dichiarato Maria Grazia Maltese. “Non si tratta solo di arte, ma di una solidarietà attiva che ha preso vita e che vuole crescere, coinvolgere nuove persone e aprire nuovi percorsi.”
Con “Break in Shakespeare 2”, l’associazione ‘A Strummula ha dimostrato come l’arte possa diventare uno strumento potente per l’empowerment femminile e il cambiamento sociale, dando voce a chi spesso rimane inascoltato. Un’esperienza che ha saputo coniugare creatività, comunità e resilienza, con l’augurio che possa essere replicata e ampliata in futuro.
Stefano Eward
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