Teatro
Il quadro nero
Buio in sala, sullo sfondo una grande tela con la cornice. La voce narrante del prologo è quella inconfondibile di Andrea Camilleri, sua è la “Ripetizione”, un racconto breve sul più suggestivo, un tempo, mercato della Vucciria. Inizia così “Il quadro nero – ovvero La Vucciria, il grande silenzio palermitano” opera di due straordinarie forze artistiche siciliane, il talento del cineasta Roberto Andò e il genio musicale di Marco Betta. Tutto ha inizio con un percorso, che li vede insieme in un progetto chiamato: “Sette storie per lasciare il mondo”. Gli ingredienti per un successo sicuro sono Guttuso e Camilleri, rinforzati sulla scena dai bravissimi attori Francesco Scianna e Giulia Andò. La musica intercetta i pensieri di 12 personaggi, tratteggiati e illuminati con sapiente cura dal regista Roberto Andò. Un tappeto sonoro che crea la giusta atmosfera, scandita all’inizio dall’oscillare di una lampada, che illumina a tratti i banchi della frutta e della verdura; lo spettatore è come se attendesse il colpo di scena. È la colonna sonora, che come per magia, quando si lega alle immagini, che ha il compito di tenere incollati alla sedia. Ci si aspettava per ogni personaggio un suono diverso e invece il compositore ha scritto sullo spartito del direttore d’orchestra Tonino Battista, un partitura su unico suono, ricercando sequenze di strutture armoniche che, per volontà stessa di Betta, hanno voluto attingere ad elementi antichissimi, che richiamano anche il “conductus” dell’ars antiqua. Il coro, diretto da Piero Monti, completa l’atmosfera, trasformando un quadro immobile, statico, con immagini al rallenty, fino a toccare e descrivere la policromia di tutti gli elementi del mercato palermitano. Musica e immagini battono all’unisono, fuori sincrono invece i suoni dell’acqua, o di un chiavistello o di un lama che sfiora il ferro nel buio. La musica dunque accompagna le immagini e in un “picture in picture” con una dissolvenza incrociata ci si immerge nella pittura di Renato Guttuso, l’artista che più di tutti ha testimoniato, con i suoi quadri, un realismo intriso di significato sociale, politico ed esistenziale; aspetto quest’ultimo che si riverbera in questa grande tela affollata di personaggi dai volti severi e corrucciati, espressione di un comunità bisognosa. Ma chi sono i personaggi del quadro, da dove vengono e dove andranno? Se lo chiede in tutta la durata del film il regista Andò, che fin dall’inizio non ha voluto considerarla come un’opera tradizionale, che non utilizza il testo di Camilleri come un libretto, ma che rimane fermo sui tormentati pensieri dei personaggi descritti dallo scrittore. Diverse le sequenze filmiche proposte in chiavi di lettura alternativa come a volere dare un senso, un’interpretazione al movimento lento dei due che si innamorano con lo sguardo quasi a cercare un catarsi perduta. L’opera che ha inaugurato la stagione concertistica è una nuova produzione della Fondazione Teatro Massimo, realizzata in collaborazione con gli Archivi Guttuso e con il Comune di Bagheria.
In Evidenza
Teatro e donne: un progetto al femminile
Un’esperienza trasformativa per le partecipanti
Un percorso tra arte e solidarietà
Un successo che guarda al futuro
In Evidenza
Il racconto dell’ancella di Viola Graziosi e il distopico
Viola Graziosi è un’attrice immensa e quando si fa dirigere dal marito, il grande attore di teatro Graziano Piazza, lo diventa ancora di più, in una performance artistica che impegna voce e corpo in quasi due ore di spettacolo.
Margaret Atwood
Interpretare June Osborne, la protagonista del racconto della scrittrice canadese Margaret Atwood, “Il Racconto dell’ancella”, andata in scena al teatro Libero di Palermo, non è facile, anche perché il pubblico negli ultimi anni ha tributato un grande consenso al romanzo distopico del 1985, che ha venduto milioni di copie, adattato per il grande schermo nell’omonimo film diretto da Volker Schlöndorff e nel 2017 per la televisione.
The Handmaid’s Tale
Tutte le stagioni sono su Prime video sotto il titolo di The Handmaid’s Tale. Il suo ideatore Bruce Miller, forse non si aspettava tanto successo, grazie all’attrice protagonista Elisabeth Moss che interpreta June. Sono molto simili la Moss e la Graziosi, nel cinema la prima è dentro il regime teocratico totalitario di Gilead, catturata mentre tentava di fuggire in Canada con suo marito, Luke, e sua figlia, Hannah. Grazie alla sua fertilità, diventa una ancella del comandante Fred Waterford (da qui il nome Difred) e sua moglie, Serena Joy; l’altra Viola Graziosi, in Teatro, si immerge nel testo, tradotto da Camillo Pennati.
Viola Graziosi
Per lei tutto ha avuto inizio 5 anni su un input di Laura Palmieri di Radio 3 che le chiese di portare in scena questa incredibile storia, proprio il giorno della festa della donna. Il palco è come una sorta di anfiteatro dove tante paia di scarpe rosse, delimitano un semicerchio con al centro un abito rosso che ci richiama alle antiche vestali. Viola inizia il suo racconto illuminata soltanto da un occhio di bue che le delimita luci e ombre sul viso e sul corpo.
Un viaggio introspettivo
Lo spettatore vive una sorta di viaggio introspettivo amando il coraggio di una donna che diventa emblema anche di alcuni movimenti di protesta a sostegno dei diritti delle donne. “Nolite te bastardes carborundorum” e “Ci sono domande?” Sono due frasi ricorrenti nell’opera, spesso usate come motto di emancipazione femminile, ed è proprio il racconto di Viola Graziosi che spinge il pubblico quasi a una catarsi liberatoria in cui in scena, attraverso la parola, il corpo si svela non soltanto come mezzo di procreazione.
La repubblica di Gilead
Nel racconto dell’ancella in versione teatrale e televisiva lo spettatore è spinto a detestare i comandanti di una Repubblica, Gilead, dove le donne sono asservite a loro per scopi riproduttivi e dove quelle non fertili o troppo anziane sono dichiarate “Nondonne” e quindi eliminate.
Sorvegliate e divise in categorie secondo il colore dei vestiti: azzurro le Mogli; verde le Marte, le domestiche; marrone le Zie, sorveglianti; rosso le Ancelle, le uniche in grado di procreare. Nessuna può disobbedire, pena la morte o la deportazione. Non hanno bisogno di leggere, di scrivere, di pensare, di stancarsi troppo. Non vanno in giro da sole di modo che non possano essere importunate. Sono vestite di rosso con un cappuccetto bianco, in modo tale da non venir troppo viste e possono anche evitare di guardare, se non vogliono.
E’ un racconto immaginato in un futuro irreale e forse Viola Graziosi, con questa “opera magna” vuole farci comprendere come la donna sia ancora oggi discriminata da una becera cultura maschile che non si rassegna!
Teatro
“Nudi sul terrazzo”, Moschella & Mulè coppia vincente
I buongustai avranno certamente colto le continue incursioni nel cinema ed è inevitabile che la formazione di Giuseppe Moschella peschi a piene mani dalla settima arte, già dalla prima stesura, avvenuta, per sua stessa ammissione, in pieno lockdown, E’ una commedia brillante, “Nudi sul terrazzo”, scritta assieme a Roberto Pizzo, andata in scena al Teatro Sant’Eugenio di Palermo.
3 anni di preparazione
Ci sono voluti quasi 3 anni di gestazione per quest’opera “leggerissima”, come la definiscono i due protagonisti, che nella vita sono coppia affiatata oltre che artistica. Giuseppe Moschella e Emanuela Mulè, in quasi due ore regalano al pubblico una serie di gags esilaranti e nello stesso tempo incollate alla realtà di tutti i giorni, dove le scene di gelosia non mancano con una girandola di attori azzeccati e scelti con cura.
Il dramma della gelosia
Forse il “Dramma della gelosia”, capolavoro cinematografico di Ettore Scola del 1970, con Vitti, Mastroianni e Giannini, ha un pò condizionato la scrittura di Moschella, da sempre affascinato da quel neorealismo che fece nascere la commedia all’italiana. E chi si aspetta che i due protagonisti finiscano davvero nudi sul terrazzo, deve aspettare quasi alla fine di un intrigata storia di gelosie e ripicche che in fondo non sono altro che il frutto di una subcultura popolare che affonda le sue radici nei fotoromanzi e nelle canzonette che nell’immaginario collettivo risuonano come ricordi incancellabili, è il caso della febbre del sabato sera.
Pubblico divertito
Pubblico coinvolto dalle perfomance artistiche di personaggi divertenti, in testa Emanuela Mulè che si riconferma attrice di talento capace di tenere la scena grazie alla sua bravura artistica e bellezza; c’è il ruolo della suocera, una napoletana verace, Iaia Corcione, da qualche anno trasferita a Palermo, con una formazione da ballerina di danza a Napoli e poi come attrice a Roma, dove si è perfezionata anche nel canto. E’ lei il valore aggiunto di questa piece teatrale che vede anche la sensuale assistente dello scrittore, la bella Sonia Hamza; le sue movenze ricordano Jessica Rabbit, moglie del coniglio Roger, personaggio immaginario inventato dalla penna di Gary Wolf.
E’ lei al soldo della suocera di Giuseppe; e poi c’è Romeo che ci richiama al gattone degli aristogatti, lui è il manutentore di casa, Massimiliano Sciascia, ogni sua battuta è un mix di catanese e palermitano, che scatena sempre una risata collettiva. Arredi scenici rigorosamente allestiti dall’assistente alla regia, Elisabetta Loria. Bravi tutti
. Bravi tutti!
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