Eventi
Il calendario della solidarietà di Ro.Ga Enna
Dodici storie totalmente diverse ma con un unico denominatore, quello che nella vita nessun ostacolo è impossibile da superare.
Soprattutto se sei guidato da un grande “team” che come una famiglia ti supporta, assiste e ti motiva. Sono quelle raccontate nel calendario 2020 della Ro.Ga la bellissima realtà imprenditoriale ma soprattutto etica, ennese della famiglia Gagliano ormai leader da Roma in giù nella realizzazione di protesi per amputati, ma che negli ultimi anni da quando ha aperto la nuova avveniristica sede in contrada Staglio, ha allargato notevolmente il proprio campo di attività in particolare nel mondo dello sport sia paralimpico che per i normodotati.
E ieri sera 19 dicembre in un Teatro Garibaldi gremito in ogni ordine di posto, alla presenza dell’intera famiglia Gagliano con in testa il Direttore Tecnico dell’azienda Rosario Gagliano, del sindaco Maurizio Dipietro, sono state presentate due importanti iniziative.
Dapprima il calendario 2020 dove i 12 protagonisti hanno parlato in pubblico del loro rapporto di “amore” creatosi con gli “angeli” della Ro.ga, ed il cui ricavato della vendita sarà devoluto in beneficenza all’Associazione Vita 21 Enna che si occupa delle problematiche a tutto tondo dei soggetti Down.
Marco Milazzo fondatore 7 anni fa di questa associazione ha tracciato un breve storia su quanto è stato fatto in questi anni in particolare per il superamento delle barriere culturali e pregiudizi incontrando oltre 4 mila studenti e quanto si vuole fare nel futuro, ad esempio la costituzione di una Coop sociale che possa inserire nel mondo del lavoro questi ragazzi.
I dodici protagonisti di questo bellissimo progetto sono in ordine di mese, ed ognuno con un proprio motto; l’arbitro (di boxe) con la protesi il siracusano Roberto Camelia, “Non perdo mai, o vinco o imparo”, Andra Bianca Radunescu, ragazza solare impegnata da sempre nel sociale “Non ci sono limiti fisici finchè il cuore e la testa sono integri”, la stessa Associazione Vita 21, “Ogni persona ha dei limiti; per questo abbiamo bisogno gli uni degli altri mettendo a disposizione di tutti la parte migliore di noi stessi”, Ilaria Giunta “Siamo noi la forza di noi stessi.
La vita è come una reazione chimica: da soli si è semplici identità distinte, ma è soltanto insieme che si crea la combinazione ideale dando vita ad una miscela perfetta”, Arturo Palma “La vita viene spinta dal Desiderio la cui caratteristica distintiva è probabilmente l’inaccessibilità. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa che possa colmare la nostra mancanza, cerchiamo qualcosa che è inesistente.
È l’accettare che questa folle ricerca non avrà mai fine che ci rende soggetti desideranti in maniera sana, soggetti vivi”, Francesco Baglieri “La vita è una sola: apprezziamone la sua semplicità e la fortuna che abbiamo di poterla scoprire giorno dopo giorno”, Enza Petrilli “Ogni giorno, da quando apro gli occhi, mi preparo ad affrontare la nuova giornata come una sfida, una sfida che DEVO vincere tutti i giorni”, Giovanni Di Benedetto “La vita è un dono bellissimo, non serve abbattersi e non bisogna mai arrendersi”, Domenico Rocco Italiano “La vita non è un sacrificio da compiere, ma un mistero da vivere”, Salvo Di Bella “La musica è un sogno, avverala… solo lei riesce a darti le ali per volare lontano”, Erika Mannino “Sii forte come l’uragano che hai dentro”, Nathan Fioravanti “Non abbattersi mai…ma affrontare le difficoltà della vita sempre con un sorriso”.
Dopodichè il video “L’impossibile non esiste” promo di questa azienda “inventata” alcuni decenni fa da Francesco Gagliano e che da una conduzione famigliare con pochi dipendenti oggi è invece una delle più belle realtà imprenditoriali della provincia di Enna con circa 50 collaboratori. Francesco Gagliano da circa un anno non c’è più ma è stato ricordato per tuta la serata anche con “fuori programma”, il regalo alla famiglia di un quadro che lo raffigura da parte del gruppo dei dipendenti con cui Francesco Gagliano diede vita a questa storia.
Un lavoro quello del video realizzato dal regista ennese Davide Vigore che nella presentazione non ha nascosto la sua emozione per il prodotto “diverso” dai tradizionali riuscito a creare e che ha coinvolto come “attori” alcuni pazienti della Ro.Ga tra cui come protagonista principale Mario Aucello ex calciatore dell’Enna negli anni 80 e che a causa di un incidente ha subito l’amputazione di un arto.
Nel video un importante contributo anche dell’Enna calcio che ha messo a disposizione uomini e strutture, presente alla serata con una folta presenza sia di atleti che della dirigenza in tutte le sue figure apicali.
Della serata magistralmente condotta dal giornalista ennese e direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo Ivan Scinardo doveva essere come madrina Giusy Versace ma purtroppo impegni di carattere politico (è parlamentare nazionale) l’hanno bloccata a Roma anche se dalla capitale ha inviato un videoclip per un saluto.
Ed a concludere poi il concerto dell’orchestra didattica diretta dal docente Egidio Puleo composta da 40 musici e 25 coristi della scuola Media Savarese dell’Ic Neglia di Enna bassa che si è esibita in 6 brani natalizi che hanno concluso in crescendo una serata che difficilmente sarà dimenticata. I brani eseguiti sono stati; Silent Night; Last Christmas; Scarborough Fair; Let it snow;Maria Durch ein dornwald ging; Winter Wonterland. I docenti coinvolti: Anastasia Ferrara, Ivano Tornello, Egidio Puleo, Giuseppe Campo. (Fonte Enna press, artciolo di Riccardo Caccamo)
Arte
Picasso, lo straniero, viaggio nelle memorie
“Straniero”, è la condizione di un grande artista, Picasso, che attraverso le sue opere ha saputo plasmare la propria identità. La mostra a Palazzo Reale ne magnifica il percorso umano e artistico che comincia con una luce soffusa e calda, suoni indistinti, ritratti di volti appesi al soffitto e l’immagine di un giovane spagnolo che appare spaesato al suo arrivo a Parigi a inizio secolo.
Annie Cohen-Solal, storica e saggista, curatrice della mostra, conduce il visitatore nelle memorie di un grande artista attraverso l’esposizione di novanta opere, concesse dal Musée national Picasso-Paris di cui Cécile Debray è presidente.
A 50 anni dalla morte
A cinquant’anni dalla scomparsa di Picasso, la curatrice ne racconta la vita da un punto di vista inedito, mettendo in evidenza censure e persecuzioni ma anche influenze e passioni. I molteplici elementi presenti nelle sale contribuiscono ad accrescere, nel visitatore, un senso di smarrimento, si ha la sensazione di diventare subito “stranieri”, ai margini di un’unità spazio-temporale sospesa.
Si respira un malinconico senso di distacco quando ci si immerge nelle lettere della mamma di Picasso, lette e diffuse in sala da altoparlanti, e ancora spiccano le fotografie dell’artista insieme ai suoi amici, i documenti personali di un “anarchico”, i video di una realtà storica che non appartiene alla contemporaneità.
Durante questo percorso che anche sensoriale, il visitatore avverte la sensazione di sentirsi estraneo nella contemplazione di quadri, sculture, disegni e ceramiche di “un uomo che vede la realtà diversamente da come tutti la guardano”, così scrisse di Picasso Gertrude Stein, sua amica personale.
La mostra
La mostra è di grande impatto visivo, i pannelli espositivi sono ben curati, il percorso è intuitivo e conduce il visitatore verso un graduale coinvolgimento conoscitivo ed emotivo.
Il progetto segue la traiettoria artistica e politica di Picasso che si dimostra essere in linea con la città di Milano che “cresce e si afferma come grande polo culturale grazie alla capacità di accogliere chi è straniero”, ha dichiarato a margine dell’inaugurazione il sindaco Giuseppe Sala. È questa infatti la visione di una città che vuole offrire occasioni di espressione e di dialogo tra diverse culture, garantendo una crescita progressiva per l’individuo e la società.
Arianna Scinardo
Cinema
Pupi Avati e il conformismo
Pupi Avati, o “l’anticonformismo del conformismo”
La presentazione del volume ‘Pupi Avati fuori dal cinema italiano’ al Museo Etrusco di Roma, alla presenza dei fratelli Avati. Steve Della Casa intervista il regista e l’autore del libro, Massimiliano Perrotta
“Il mio libro inizia con una cena a casa di Laura Betti, dove Pupi Avati era appena arrivato da Bologna con due film che erano andati male. E proprio lì, dove c’erano Bellocchio, Bertolucci, Moravia, Pasolini… gli scappò detto ‘io sono democristiano’: la cosa più conformista, che però in quel consesso coincideva col massimo dell’eresia. Su questo paradosso, su questa contraddizione, lui ha costruito la sua carriera e io ho costruito il mio libro”.
Così Massimiliano Perrotta presenta al pubblico il suo Pupi Avati fuori dal cinema italiano in una gremita Sala della Fortuna del Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Una biografia decisamente sui generis, appena uscita con Edizioni Sabinae, che in otto capitoli raccoglie altrettanti articoli già pubblicati dall’autore catanese sull’’Huffington Post’. Accanto a lui il regista, fresco della Laurea ad Honorem in Italianistica appena conferitagli all’Università Roma Tre, mentre in prima fila siede l’inseparabile fratello, Antonio Avati.
A moderare l’incontro è Steve della Casa, critico cinematografico e direttore artistico, storico conduttore radiofonico di ‘Hollywood Party’ nonché regista, autore e Conservatore della Cineteca Nazionale.
“L’anticonformismo del conformismo è la chiave di lettura che il libro dà alla carriera di Pupi Avati”, rimarca Della Casa, dopo aver presentato il regista, accolto da un lungo applauso, come ‘il più grande affabulatore che ho conosciuto nella mia carriera’: “una carriera che ha parecchi punti che sorprendono, come dimostra il volume stesso. Ad esempio quando qualche anno fa ho scoperto che gran parte dell’ultimo film di Pasolini, Salò, è stato scritto da Pupi Avati, rispetto ai suoi lavori successivi mi sembrava una cosa eccentrica. Invece poi non lo è affatto. Questo libro è molto interessante e controcorrente, perché è una biografia non esaltatoria del soggetto e non ha un’esigenza di completezza: racconta un preciso punto, la posizione eccentrica di Pupi Avati all’interno della galassia del cinema italiano”.
“Il libro di Massimiliano (Perrotta, ndr) apre con la storia di quella cena, ma non è che io sono arrivato là e ho detto così, dal nulla, ‘sono democristiano’”, precisa ridendo Pupi Avati, che prende la parola confermandosi esattamente nel ruolo in cui è stato presentato e snocciolando anche in questa occasione decine di aneddoti più che divertenti sui suoi 85 anni di vita, di famiglia e di cinema, spesso mimando il racconto la voce con vere e proprie gag.
“Quello era il risultato di una serie di considerazioni di noi che arriviamo a Roma (io e mio fratello Antonio, ndr) con due ‘cadaveri’ di insuccessi, come allora si diceva”, continua il regista. “Anche dietro alla stessa scelta di questo piccolo nome, ‘Pupi’ Avati, c’era una cultura, un mondo, dei genitori, dei nonni, delle zie, la campagna vissuta nel primo dopoguerra… C’erano le favole contadine terrorizzanti che ci raccontavano prima di andare a letto nelle camere scricchiolantissime, come la favola del ‘prete donna’… E poi c’era la chiesa, l’educazione cattolica preconciliare, piena di inferno e di diavolo dappertutto. Ecco, avendo tenuto dentro di me con riconoscenza quell’immaginario che si è andato a formare laggiù, in quel tempo remoto, con una grande nostalgia… Perché allora non c’era niente, a parte i campi… E allora riempivi quel niente con l’immaginazione, col racconto orale, che era fondamentale. Magari alcuni dei miei parenti erano pressoché analfabeti, non avrebbero mai saputo scrivere… ma sapevano raccontare. E saper raccontare – come sapeva fare nostra madre, una narratrice fantastica, che da quando salivamo in macchina da via Saragozza a Bologna fino a Roma non si interrompeva un minuto – era una cosa preziosissima. Questa è l’Italia dalla quale vengo, che non aveva quasi nulla, ma aveva tantissimo, perché ti permetteva di immaginare, che oggi è una cosa quasi proibita”.
Tornando al libro, anche per chi non abbia letto in precedenza i suoi articoli online, lo stile del racconto di Perrotta appare esplicito fin dalle prime pagine e non lesina – ora qua ora là – personalissimi epiteti ai grandi maestri della settima arte, destinati a far discutere. Ma anche nei titoli scelti per dividere il volume: si va da Un democristiano nel salotto – dove si racconta la famosa cena di cui sopra – per poi passare a Il Truffaut dell’Italietta, La poesia democristiana, o Agli antipodi del fighettismo, all’interno del quale, ad esempio, l’autore scrive: “Glamour: ecco una parola che non si addice al cinema di Pupi Avati. Egli si colloca agli antipodi del fighettismo artistico e di quello sociale (…). Mentre il fighettismo idolatra i vincenti, Avati simpatizza per i candidi, per gli insicuri, per gli sfigati”.
“Pupi Avati è fuori dal cinema italiano per una ontologica estraneità agli schemi culturali che nell’ultimo mezzo secolo lo hanno dominato”, scrive ancora Perrotta nel primo capitolo: “non ha fede nella storia, non crede nel progresso, non lotta contro il potere, non gli interessano i temi sociali, non si batte per le nobili cause, non vuole denunciare nulla, non racconta la crisi dell’Occidente, non segue le mode, non ostenta citazioni, non è laico. Per la stessa ragione il cinema italiano ama poco Pupi Avati: lo tratta con condiscendenza, premia raramente i suoi film, fatica a riconoscergli lo status di autore con la a maiuscola. (…). Il cinema di Pupi Avati non va rivalutato o sdoganato: va letto con occhi vergini, con occhi postnovecenteschi, con gli occhi di domani”.
“Il cinema di Pupi è personalissimo, senza quella aggressività che altri autori cercano di imporre sulla materia narrata e sulla realtà con la loro cifra”, continua l’autore del libro in sala. “Anche nei riguardi del film horror, lui lo fa a tutti gli effetti, rispettandone i codici ma poi arricchendone il contesto con il suo sguardo. Anche in Salò, certo, c’è la sua firma, ma discreta: non c’è nulla che lui faccia, anche per la tv, che non rispetti quel che gli viene chiesto, e che però sia al tempo un film di Pupi Avati a tutti gli effetti, con tutte le sue cifre stilistiche, ma sempre con discrezione, con quel senso della misura che secondo me è quello che, se da un lato lo rende amabile, lo ha visto penalizzato da parte della critica. Ma il tempo secondo me dà ragione a lui”.
“L’argomento del film di genere, presente nel libro, è una preoccupazione che Pupi ha a livello di prospettiva”, precisa Steve Della Casa. “È molto attento anche a quello che avviene anche dal punto di vista commerciale nel cinema italiano, e alla sua capacità di trovare un pubblico. Praticare il cinema ‘di genere’ è stata una caratteristica del cinema italiano negli anni del suo massimo splendore. Diceva Giuliano Montaldo che se si potevano fare i film di Bertolucci e Pasolini era perché si facevano quelli di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che incassavano, pensate, quasi il 10% del totale nel cinema italiano, consentendo agli altri di sperimentare. E poi c’era un’osmosi tra cinema d’autore e di genere, che si confrontavano continuamente. Nell’horror che fa Pupi Avati, ad esempio, gli effetti speciali hanno un ruolo piccolissimo, il suo è un horror di atmosfera: la paura ti arriva da altre cose”.
A chiudere la pubblicazione, un’interessante ‘raccolta nella raccolta’ tratta da libri, riviste e/o quotidiani, intitolata Fior da Fiore, che a partire dal 1970 fino al 2024 riporta i punti di vista delle più note firme del grande schermo nei confronti del cinema di Pupi Avati: Miccichè, Farassino, Bignardi, Bertetto, Caprara (Valerio), Anselmi, Fofi, Morandini, Ferzetti (Fausto), Rondolino, Tornabuoni, Crespi, Sarno, Kezich, Nepoti, Brunetta, Mereghetti, Rondi, Mancuso, Salvagnini, Giusti, Zappoli e Siniscalchi.
Cinema
“Corto d’Amuri” dedicato a tutti i bambini e le donne
Life And Life e Vittoria Assicurazioni insieme contro la violenza di genere
Mercoledi 2 ottobre 2024, Giornata mondiale della non violenza, proiezione alle 10.30, in anteprima del cortometraggio – Sala Bianca, Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo
Verrà proiettato in anteprima assoluta, davanti a un pubblico selezionato di studenti e insegnanti, il cortometraggio: “Corto D’Amuri”, realizzato dall’organizzazione internazionale umanitaria LIFE and LIFE ETS. Partner dell’iniziativa Vittoria Assicurazioni, agenzia generale di Palermo, selezionata per il secondo anno per il progetto: “AssiCuriamo – Insieme 2024” promosso da Fondazione Specchio d’Italia e Fondazione Carlo Acutis.
Il lavoro realizzato dalle registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, ex allieve del corso di Documentario del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, racconta le violenze psicologiche, spesso invisibili, che subiscono bambini e donne all’interno delle mura domestiche. Non è un caso che sia stata scelta proprio la data del 2 ottobre per proiettare il lavoro filmico, Giornata mondiale della nonviolenza. Dopo l’esperienza maturata lo scorso anno sulla prevenzione delle malattie oncologiche, Life and Life e Vittoria Assicurazioni, hanno voluto realizzare un cortometraggio da destinare principalmente alle scuole, per lanciare un ulteriore messaggio di allarme al fine di aiutare i più deboli a rivolgersi ai centri per l’ascolto antiviolenza.
All’incontro saranno presenti, il vice sindaco e assessore alla Cultura Giampiero Cannella, le registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, il bambino protagonista del corto Mattia Libeccio, gli attori Stefania Blandeburgo e Ludovico Vitrano, che hanno partecipato a titolo gratuito con le loro voci fuori, la fumettista Eva Arato, il Presidente e la vice della Life And Life, Arif Houssein e Valentina Cicirello, gli agenti generali di Vittoria assicurazioni Antonello e Rossana Calia, e la delegata di produzione Laura Scalia.
Per info: Life And Life, via Serraglio Vecchio 28, Palermo. Tel. 091.2714100
Guada il corto
Il servizio di Tele One del 3 ottobre 2024
Qui la registrazione dell’evento
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