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Milano: Ospedale Fiera, il miracolo mai servito
Mentre in alcune regioni d’Italia ci si affanna per trovare una mascherina chirurgica (che ci permette di proteggere il nostro prossimo, ma non noi stessi dal contagio), ci si inventa chimici per creare soluzioni idroalcoliche (gel igienizzanti) per il lavaggio delle mani, si istituiscono raccolte fondi, le più disperate, per garantire ai malati le migliori cure possibili, per acquistare ventilatori, per acquistare DPI, per acquistare tutto ciò che serve affinché si è in grado di curare tutti, e non dover così scegliere tra i più giovani e i più anziani, in Lombardia, a Milano per la precisione, in uno spazio di 20mila metri quadrati dei padiglioni 1 e 2 del Portello a Fieramilanocity, è stato realizzato un nuovo ospedale da 400 posti di terapia intensiva voluto dal presidente Attilio Fontana e dall’assessore al welfare Giulio Gallera.
- Foto Claudio Furlan – LaPresse 16 Marzo 2020 Milano (Italia)
- Foto © Mannu Redazione Milano Today
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Era il 31 marzo 2020, quando al tavolo allestito per l’occasione vi erano seduti il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, il presidente della Fondazione Fiera, Enrico Pazzali, il direttore generale del Policlinico di Milano, Pino Belleri e Gerardo Del Borgo, Presidente Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta. Di fronte a loro vi erano il Vicepresidente del Pirellone, Fabrizio Sala, gli Assessori regionali al Welfare, Giulio Gallera, e al Lavoro, Melania Rizzoli. L’unico assente è Guido Bertolaso, che in quei giorni è in ospedale.
Le parole che riecheggiano dai microfoni raccontano di un miracolo. “Stiamo facendo la storia”, dice Attilio Fontana. “È il più grande reparto di terapia intensiva d’Italia”, afferma Belleri, che gestirà la struttura. È “un risultato inimmaginabile con uno sforzo enorme, siamo fieri”, ribadisce. E’ il turno di Guido Bertolaso, con un messaggio: “Sono fiero di essere italiano”.
14 aprile 2020: l’Assessore al Welfare Regione Lombardia, Giulio Gallera: “L’ospedale fortunatamente non è servito – dice – a ricoverare centinaia e centinaia di persone in terapia intensiva. E di questo – sottolinea – siamo contenti perché vuol dire che oggi c’è un bisogno sanitario inferiore”. L’ospedale di cui parla l’assessore al welfare Giulio Gallera, che a detta di molti giornalisti e presentatori di talk show è uno dei pochi che ha il coraggio di metterci la faccia in una situazione così drammatica, è lo stesso per il quale sono stati spesi 21 milioni di euro e che solo 14 giorni prima era considerata l’arma attraverso cui la Lombardia sarebbe uscita dal dramma Covid19.
Non voglio certo dire con questo che sono dispiaciuto che l’ospedale non sia servito; è indubbio che sono felice che la pressione sugli ospedali si sia abbassata, che il contagio stia diminuendo e che il numero dei guariti stia aumentando. Ma mi chiedo: avremmo potuto destinare meglio i 21 milioni di euro investiti nella realizzazione di un “miracolo” che non sta servendo? Avremmo potuto spalmarli meglio sul territorio nazionale, avremmo potuto con questi soldi supportare meglio i tanti presidi delle regioni del sud che sono stati impegnati nell’emergenza covid?
Un costo enorme
L’ospedale in Fiera non è servito a ricoverare centinaia di persone, ma è costato 21 milioni di euro
Un “miracolo lombardo” lo avevano definito che, però, ahimè non è servito.
Da quel 31 marzo di posti letto in Fiera ne sono stati allestiti 53 – il primo progetto prometteva 400 posti – e ne sono stati occupati soltanto dieci, tutti con pazienti arrivati da altri presidi. Al momento, dunque, per ogni persona ospedalizzata sono stati spesi 2 milioni, 115mila e 300 euro.
Che il “miracolo Fiera” era tutto tranne che un miracolo lo aveva lasciato intendere benissimo il 6 aprile scorso Giuseppe Bruschi: non un giornalista, un economista o un avversario di partito, ma un dottore che da quasi venti anni è dirigente medico di primo livello nel reparto di Cardiochirurgia dell’ospedale Niguarda. “Che dispiacere. Sono medico, sono lombardo, oggi però con l’inaugurazione dello pseudo ‘ospedale’ in fiera mi sento triste, una terapia intensiva non può vivere separata da tutto il resto dell’ospedale. Una terapia intensiva funziona solo se integrata con tutte le altre strutture complesse che costituiscono la fitta ragnatela di un Ospedale perché i pazienti ricoverati in terapia intensiva necessitano della continua valutazione integrata di diverse figure professionali”.
Un esempio insomma di come il nostro paese spende male i soldi; il problema è sempre lo stesso: lo spreco di denaro in opere inutili, il ritardo nella consegna delle opere utili, la mancata riprogrammazione, la mancata ripartizione delle risorse, un’Italia che sembra sempre più frazionata, sempre meno unita.
Sempre meno comunità, sempre meno intelligente.
Cultura
Il messaggio pedagogico di Borsellino

ficio di Borsellino è raccogliere il suo testimone e trasformare la memoria in azione. L’Italia ha bisogno di meno parole e più scelte coraggiose”.
Questa affermazione di Agostino Sella, presidente dell’Associazione Don Bosco 2000, a 33 anni dalla strage di via D’Amelio, fa eco al messaggio dell’Arcivescovo di Catania Mons. Luigi Renna, che ha introdotto la tradizione di celebrare una Messa solenne in suffragio di Paolo Borsellino. alla quale hanno partecipato il Prefetto Pietro Signoriello, il Sindaco Enrico Trantino, i rappresentanti della Magistratura e delle Forze dell’Ordine e quest’anno ha partecipato anche l’UIR, Unione degli Insigniti dell’Ordine al Merito della Repubblica.
Non dimenticare è un dovere. Onorare il loro esempio è un impegno quotidiano.
Nell’omelia l’Arcivescovo ha evidenziato il messaggio pedagogico di Paolo Borsellino, la sua coerenza nella consapevolezza del rischio dopo l’uccisione di Giovanni Falcone, non si tirò indietro dal proprio lavoro, ma continuò ad andare avanti nella ricerca della verità per la giustizia e la legalità, garanzia per il bene comune.
La presenza nelle scuole delle foto di Falcone e Borsellino è una testimonianza viva che il loro sacrificio non è stato vano. La mafia non è solo un’organizzazione criminale: è una mentalità, una cultura dell’illegalità e della sopraffazione, che va smontata con il coraggio della verità e la coerenza dei comportamenti nella vita quotidiana”.
I messaggi commossi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della premier Giorgia Meloni e dei presidenti delle Camere Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana mettono in evidenza la forte valenza simbolica del ricordo del magistrato palermitano che – come ha sottolineato il Capo dello Stato – “ha impresso un segno indelebile nella storia italiana”.
E’ compito di ciascuno cogliere la sfida culturale ed educativa, divenendo costruttori e “artigiani del bene” rifiutando la cultura dell’omertà e dell’indifferenza. È necessario scegliere da che parte stare e non voltarsi dall’altra parte. Solo così potranno costruirsi comunità giuste, inclusive e libere, nel segno della Giustizia e illuminati dalla Speranza. Solo così potremo dire che la morte di Falcone, Borsellino e degli uomini della scorta, non è stata vana.
Giuseppe Adernò
Eventi
400+1 Festa di S. Rosalia a Palermo

Premiato al Bea World Festival 2024 fra i tre migliori eventi al mondo, anche quest’anno un festeggiamento straordinario con la partecipazione di oltre 350mila spettatori
Dal 1624 un corteo umano trasporta, a bordo di un Carro tematico, la Santuzza che liberò Palermo dalla peste da Palazzo dei Normanni fino a Porta Felice: quattro tappe narrative di canti, balli e musica.
Qui l’intervista a Ivan Scinardo
In Evidenza
“L’Archimede moderno” di Mario Incudine

E’ un viaggio nelle sonorità più intime, con brani originali stupendi, scritti ed eseguiti dal vivo dal performante artista Mario Incudine, con il suo fido e immancabile musicista, il maestro Antonio Vasta. Restituiscono al pubblico del Teatro Biondo, in trasferta esterna, per la calura estiva, nello splendido scenario del chiostro S. Anna della Galleria d’arte moderna di Palermo, l’ultima produzione dal titolo: “Archimede, La solitudine di un genio”. I testi di Costanza DiQuattro, la regia di Alessio Pizzech, per uno spettacolo prodotto da: Centro Teatrale Bresciano, dal Teatro Stabile di Trieste, Teatro della Città, A.S.C. Production, in collaborazione con Teatro Donnafugata.
Un’ora di monologo, quello di Incudine, che incanta il pubblico, grazie alla straordinaria energia che emana dal palco, con una dizione perfetta, e una performance recitativa degna di un primo allievo di Strehler, segno evidente di una maturazione artistica, avvenuta negli ultimi anni, davvero importante. Le scene e i costumi di Andrea Stanisci impreziosiscono un contesto che catapulta lo spettatore in una sorta di “bottega dell’ingegno” dove spiccano le invenzioni di un uomo divenuto immortale.
Siamo nel 212 a.C., Siracusa è assediata dall’esercito romano. Nella notte, un giovane legionario, interpretato da Tommaso Garré, si introduce nella casa del matematico Archimede: è pronto a ucciderlo. Prima che il colpo venga inferto e il destino si compia, Archimede, con gli stracci addosso e la saggezza del genio incompreso, ripercorre la sua esistenza, muovendosi lento sulla scena, con un soliloquio che alterna fasi di gioia e dolore. Lo spettacolo diventa così momento di grande riflessione sulla solitudine di un “numero primo”, che ha dedicato l’intera sua vita alla scienza.
“La sua, ci racconta Incudine, è una lotta contro l’ignoranza di chi non comprende la grandezza delle sue scoperte, e lui stesso si trova a vivere una vita di grande solitudine, sospesa tra la genialità e la follia. Archimede non è solo un inventore, ma un simbolo della lotta tra il genio e la mediocrità, tra il desiderio di giustizia e l’ipocrisia del mondo”.
Gli fa eco il regista Alessio Pizzech nell’affermare che “il testo di Costanza DiQuattro è sorprendentemente attuale. In questo momento di odio e di guerra, di ricerca scientifica messa al servizio della distruzione di vite umane, le parole che Costanza affida ad Archimede risuonano come un monito, perché la bellezza, il pensiero che scaturisce dal sapere ed all’esperienza della conoscenza, siano i soli strumenti per dare forma ad un futuro possibile. In questo lavoro di teatro/ canzone sono felice di condurre Mario Incudine in quel bilico meraviglioso tra parola detta e parola cantata che dà forza a questo viaggio nell’interiorità più profonda di questo mito, di quel genio che è stato Archimede.Ne vogliamo così cogliere del protagonista tutte le suggestioni possibili, in un gioco di rimandi tra passato e presente, tra vita privata e la storia che ha attraversato l’esistenza del celebre matematico”.
La performance tocca momenti di lirismo puro, quando Incudine immerge i piedi in una tinozza d’acqua e scopre il principio che: “un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del volume di fluido spostato”. Una scoperta che lo portò al cospetto di re Gerone di Siracusa come colui che aveva scovato la truffa di un gioielliere sulla corona d’oro.
Si replica anche stasera, e ne vale assolutamente la pena
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