Teatro
Lingua di cane di Cutino e Petix colpisce il pubblico del Biondo a Palermo
Successo di pubblico per la perfomance di attori non professionisti
Non c’è atto di umiltà, da parte degli attori protagonisti, che salutare il pubblico sotto il palco, rivolti di spalle col naso in su a guardare una gigantesca vela, a forma di Sicilia, con centinaia di stracci, simbolo degli stranieri morti nel mediterraneo. Il finale di “Lingua di Cane”, dell’ottimo regista Giuseppe Cutino, che si è basato su un testo drammaturgico della scrittrice Sabrina Petix, ha colpito il pubblico per la straordinaria potenza evocativa. La pièce, messa in scena al Teatro Biondo, nell’ambito del ricco calendario del festival delle letterature migranti, ha un inizio lento; 6 attori sul palco, calpestano brandelli di camicie, su uno sfondo opaco e come un interruttore a led si accendono le loro voci con un incalzare crescente. E’ ancora vivo il ricordo di quella tragedia che si consumò 4 anni fa a largo di Lampedusa, in cui morirono 368 migranti, tra loro anche donne e bambini. Provenivano tutti dall’Africa subsahariana; erano stipati in 500 su un barca partita dalla Libia che prese fuoco velocemente per la dabbenaggine di qualcuno di loro che voleva segnalare la presenza agli abitanti dell’isola. Molti si gettarono in mare e non risalirono più. Così i protagonisti della compagnia dell’Arpa, guidati dai veterani Franz Cantalupo e Elisa Di Dio, Sara D’Angelo, Noa Di Venti, Mauro Lamantia e Rocco Rizzo, a un certo punto dello spettacolo, si siedono ai bordi del palco e illuminati ad effetto, come se guardassero uno specchio di mare, cercano “Lingua di cane”, un pesce sogliola che sta nei fondali sabbiosi, come i corpi dei migranti che non verranno mai più recuperati. E per usare un frase del regista Cutino, “L’oblio è il destino più terribile”.
E’ bello pensare che questo laboratorio teatrale fortemente voluto da Incudine, in una città, Enna, che ha sofferto per molti anni la chiusura di un luogo simbolo della cultura locale, abbia partorito una performance così sofisticata e introspettiva. Lingua di cane è stato lo spettacolo che ha inaugurato la stagione teatrale ennese, e fu lo stesso direttore artistico a dire che “quest’opera ha dato la possibilità di lavorare sulla migrazione nel senso più universale e ancestrale, che rimanda alla condizione nomade dell’uomo. Raccontare la condizione dei migranti senza retorica e infingimenti, affilare lo sguardo sulla carne viva, i sentimenti, le paure e le attese di chi lascia la propria terra d’origine per affrontare il mondo nella condizione spaesata del viandante. Sono le suggestioni da cui è partita l’originale esperienza”.
A parte Cantalupo e Di Dio, gli altri sono tutti attori esordienti, che all’inizio hanno dato sfogo all’improvvisazione, guidati nel percorso dalle coreografie di Mariagrazia Finocchiaro, ma poi la mano esperta di Sabrina Petix, li ha affinati soprattutto da un unto di vista linguistico con l’obiettivo di fare risuonare la cantilena, tipica del dialetto ennese. Sembra di rivivere la vita delle campagne dell’entroterra ennese, dove la raccolta del grano diventava poesia sonora. E a proposito di sonorità i brani musicali sono un incanto, a volte commuovo. Scene minimaliste curate da Daniela Cernigliaro, vengono illuminate sapientemente da Marcello D’Agostino sui corpi e sulle coperte termiche che spesso vediamo addosso ai migranti appena sbarcati. Il saluto finale con Cutino che tiene la mano della coautrice Petix e la produttrice esecutiva dello spettacolo, la bravissima Filippa Ilardo, è uno scrosciare di applausi, segno di grande gradimento.








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“L’Archimede moderno” di Mario Incudine
E’ un viaggio nelle sonorità più intime, con brani originali stupendi, scritti ed eseguiti dal vivo dal performante artista Mario Incudine, con il suo fido e immancabile musicista, il maestro Antonio Vasta. Restituiscono al pubblico del Teatro Biondo, in trasferta esterna, per la calura estiva, nello splendido scenario del chiostro S. Anna della Galleria d’arte moderna di Palermo, l’ultima produzione dal titolo: “Archimede, La solitudine di un genio”. I testi di Costanza DiQuattro, la regia di Alessio Pizzech, per uno spettacolo prodotto da: Centro Teatrale Bresciano, dal Teatro Stabile di Trieste, Teatro della Città, A.S.C. Production, in collaborazione con Teatro Donnafugata.
Un’ora di monologo, quello di Incudine, che incanta il pubblico, grazie alla straordinaria energia che emana dal palco, con una dizione perfetta, e una performance recitativa degna di un primo allievo di Strehler, segno evidente di una maturazione artistica, avvenuta negli ultimi anni, davvero importante. Le scene e i costumi di Andrea Stanisci impreziosiscono un contesto che catapulta lo spettatore in una sorta di “bottega dell’ingegno” dove spiccano le invenzioni di un uomo divenuto immortale.
Siamo nel 212 a.C., Siracusa è assediata dall’esercito romano. Nella notte, un giovane legionario, interpretato da Tommaso Garré, si introduce nella casa del matematico Archimede: è pronto a ucciderlo. Prima che il colpo venga inferto e il destino si compia, Archimede, con gli stracci addosso e la saggezza del genio incompreso, ripercorre la sua esistenza, muovendosi lento sulla scena, con un soliloquio che alterna fasi di gioia e dolore. Lo spettacolo diventa così momento di grande riflessione sulla solitudine di un “numero primo”, che ha dedicato l’intera sua vita alla scienza.
“La sua, ci racconta Incudine, è una lotta contro l’ignoranza di chi non comprende la grandezza delle sue scoperte, e lui stesso si trova a vivere una vita di grande solitudine, sospesa tra la genialità e la follia. Archimede non è solo un inventore, ma un simbolo della lotta tra il genio e la mediocrità, tra il desiderio di giustizia e l’ipocrisia del mondo”.
Gli fa eco il regista Alessio Pizzech nell’affermare che “il testo di Costanza DiQuattro è sorprendentemente attuale. In questo momento di odio e di guerra, di ricerca scientifica messa al servizio della distruzione di vite umane, le parole che Costanza affida ad Archimede risuonano come un monito, perché la bellezza, il pensiero che scaturisce dal sapere ed all’esperienza della conoscenza, siano i soli strumenti per dare forma ad un futuro possibile. In questo lavoro di teatro/ canzone sono felice di condurre Mario Incudine in quel bilico meraviglioso tra parola detta e parola cantata che dà forza a questo viaggio nell’interiorità più profonda di questo mito, di quel genio che è stato Archimede.Ne vogliamo così cogliere del protagonista tutte le suggestioni possibili, in un gioco di rimandi tra passato e presente, tra vita privata e la storia che ha attraversato l’esistenza del celebre matematico”.
La performance tocca momenti di lirismo puro, quando Incudine immerge i piedi in una tinozza d’acqua e scopre il principio che: “un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del volume di fluido spostato”. Una scoperta che lo portò al cospetto di re Gerone di Siracusa come colui che aveva scovato la truffa di un gioielliere sulla corona d’oro.
Si replica anche stasera, e ne vale assolutamente la pena
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Il Sindaco Pescatore
La storia di un eroe normale, Angelo Vassallo, il Sindaco Pescatore. Un uomo normale e straordinario in una regione malata e straordinaria come la Campania. Un uomo che ha sacrificato con la sua vita l’impegno di amministrare difendere e migliorare la sua terra e le sue persone. La sua opera di uomo semplice onesto e lungimirante attraverso l’inizio della sua carriera politica, i successi straordinari ottenuti sul campo del Cilento nell’ottica del Bene Comune, compresa l’operazione Dieta Mediterranea assunta grazie a lui a Patrimonio dell’Unesco, fino al suo tragico epilogo.
Sul palco Ettore Bassi, diretto da Enrico Maria Lamanna, in un’opera scritta da Edoardo Erba, tratta dal libro di Dario Vassallo.
promuove la partecipazione civica e la cultura del servizio pubblico offrendo l’ingresso gratuito allo spettacolo teatrale “Il Sindaco Pescatore” in programma a Palermo e Catania. Lo spettacolo, ispirato alla figura di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica assassinato per il suo impegno contro la criminalità e per la legalità, sarà rappresentato:
- al Teatro Biondo di Palermo il 28 maggio (ritiro biglietti omaggio dalle ore 19) e il 29 maggio (dalle ore 16.30)
- al Teatro Verga di Catania il 30 e 31 maggio (ritiro biglietti omaggio dalle ore 16.30)
Lo spettacolo si presenta come un monologo intenso e toccante, che invita in particolare le giovani generazioni a vedere la politica come servizio alla comunità, un messaggio più che mai attuale in un tempo di sfiducia nelle istituzioni.
Per questo motivo, l’ANCI Sicilia ha deciso di favorire l’accesso gratuito al pubblico, con particolare attenzione a studenti, insegnanti e cittadini interessati alla promozione della legalità, dell’etica pubblica e dell’impegno civile.
L’iniziativa rappresenta una rara occasione per coniugare teatro, memoria e cittadinanza attiva, e celebrare l’esempio di chi ha fatto della politica un atto d’amore per la propria terra.
Alla fine del monologo, prodotto da Michele Ido, realizzato con gli allievi della scuola Ditirammu diretta da Elisa Parrinello, un dibattito, moderato dal giornalista Roberto Greco, con il Presidente dell’Anci, Paolo Amenta, il Prediente del Tribunale di Palermo Piergiorgio Morosini, del Vice Sindaco e Assessore alla Cultura, Giampiero Cannella
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