Tutto accadde nel 2003, quando il regista Beppe Cino stava girando il film: “Miracolo a Palermo”. Un “miracolo” essersi incontrati sul set : lei Emanuela Mulè per caso impegnata in produzione e lui Giuseppe Moschella nel ruolo di Bibò, il killer sciocco. Ma galeotto fu il film di Roberto Faenza ispirato alla vita di don Pino Puglisi dove i due attori interpretavano il ruolo del signor Guida e della giornalista.
Oggi Giuseppe Moschella e Emanuela Mulè sono due artisti palermitani, con una intesa straordinaria sul set e sulla scena a tal punto da mutuarla anche nella loro vita privata decidendo, dopo una lunga convivenza, soltanto da pochi mesi, di convolare a nozze
Alle loro dita brilla la fede nuziale, e sono come due ragazzini, Emanuela la mostra con orgoglio e soddisfazione come se fosse il primo successo dei tanti ottenuti. L’idea di raccontare il loro percorso artistico è nata a margine di un incontro organizzato da Giuseppe Moschella alla “casa cultura“ di Monreale, dove gli studenti delle superiori hanno assistito a un ricordo dell’attore palermitano scomparso poco tempo fa Luigi Maria Burruano. Moschella ha curato un breve cortometraggio su di lui ed è subito scattata la voglia di raccontare questo duo, sulla scena ormai da 15 anni. L’esordio a teatro nel 2005 con “Il tacchino dell’harem: concerto teatrale afrodisiaco” e fu subito successo. Due ruoli diversi che esaltano caratteristiche importanti. La sapiente regia e scrittura di Moschella, la sua innata ironia in qualità di attore in grado anche di suonare bene il cajon e la sensualità e la bellezza mediterranea di Mulè, che sulla scena canta e recita con grande disinvoltura. Altri cavalli di battaglia sono stati “Scarafaggi Beatles” (in cartellone anche al Teatro Zelig di Milano) e Feragosto..caldi pizzini”(Taormina Arte). Ma se c’è uno spettacolo che ha intrigato il pubblico è: “Natale in giallo, storie da brivido” con una straordinaria colonna sonora. Dialogare con Moschella e Mulè è come ripercorrere i film di Fellini della Dolce vita romana; lei performante e versatile lui a volte assume i toni di un lord inglese: nel 2009 la giuria del festival Efebo d’oro li ha premiati; per Emanuela Mulé questa la motivazione: “Operando fra cinema, teatro e televisione ha subito mostrato le sue inclinazioni artistiche con l’indubbia capacità di percepire e aderire al ruolo e alle vicende dei personaggi a lei affidati”. Per Giuseppe Moschella “Per la capacità di sottolineare, sia da attore che da regista, come dalla Sicilia si muovano segnali sempre più aperti al cinema di qualità”.
Infatti i due attori hanno preso parte con importanti ruoli a fiction e spot televisivi e film per il cinema. Tornando al duo non dimentichiamo i format radiofonici, teatrali a cui hanno dato vita con successo e i riconoscimenti internazionali ad alcuni film brevi da loro realizzati.
Tanti i progetti; 17, 18 febbraio 2018 al Teatro Crystal di Palermo ritorneranno in scena con la commedia “Noi diviso due”, nella nuova versione dopo il successo del debutto al Teatro Agricantus nel 2016. Lo spettacolo si sposterà a Roma dal 12 al 15 aprile 2018 al Teatro Petrolini. Ma oltre al teatro c’è il cinema. Il duo si prepara per il nuovo film breve dal titolo: “Una signorina con sesamo”, prodotto da Nuovo Imaie di Roma, per la regia di Giuseppe Moschella con Emanuela Mulè e Mario Pupella protagonisti. E poi una docufiction per Rai Uno prodotta da Raistoria, in cui Giuseppe Moschella ricopre uno dei ruoli principali( al momento top secret) mentre per Emanuela Mulè dopo aver dato la voce allo spot Fastweb 2017 e la pubblicazione del suo primo libro di poesie, dal titolo “F.C. FUORI CAMPO”, con la prefazione di Roberto Cotroneo è giunto un evento inaspettato: il mese scorso il direttore d’orchestra Angelo Inglese ha eseguito una composizione ispirata al componimento poetico “Gocce” presente nella raccolta di poesie al Nae Leonard Musical Theatre di Galati in Romania.
Una coppia “inquieta” dal punto di vista creativo, sempre pronta a scommettersi e sperimentarsi. E a proposito di nuova sperimentazione Moschella è assolutamente convinto che con il telefonino si possono realizzare veri e propri film. Il suo cortometraggio “La moglie sola” ha avuto oltre 2milioni di visualizzazioni; finalista in vari festival nazionali ed internazionali. Moschella immagina di realizzare un laboratorio al Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, dal titolo: “Smartfilm-fare cinema con lo smartphone”. Lo scopo è quello di affinare la conoscenza delle potenzialità di uno strumento ormai diventato indispensabile per tutti. “Lo smartphone se usato in maniera corretta, ci dice, può diventare una vera e propria macchina da presa in grado raccontare la realtà circostante attraverso il sapiente uso delle immagini in movimento ma anche storie inventate destinate a diventare veri e propri film brevi. Prioritario diventa anche per il corretto uso cinematografico dello smartphone la capacità di scrivere sceneggiature e come sviluppare un’idea e trasformarla prima in “soggetto”, poi “trattamento” ed infine “sceneggiatura”. La partecipazione al progetto dell’attrice Emanuela Mulè e di altri artisti-docenti servirà a fornire nozioni importanti su come recitare davanti lo smartphone e sulle tecniche d’interpretazione cinematografica.
Una coppia vulcanica nella vita privata come nel lavoro che sogna ancora tanta carriera artistica.
Famoso per la sua eccentricità in fatto di film, Charlie Kaufman non ha mai negato o confermato le miriadi di teorie di critici, giornalisti, addetti dello spettacolo che hanno analizzato le sue opere. Per questo motivo, è interessante analizzarlo nuovamente ora, a distanza di oltre vent’anni.
Con la regia di Spike Jonze e la sceneggiatura di Charlie Kaufman, duo che ci meraviglierà a distanza di tre anni con il capolavoro “Il Ladro di Orchidee” (2002), viene elaborata un’opera filmica totalmente differente da tutte le altre. Per entrambi infatti era la loro opera prima; nonostante ciò, il film è stato candidato agli Oscar per la regia, la sceneggiatura più originale e per la miglior attrice non protagonista (Catherine Keener).
Dall’unione di questi due rivoluzionari, nasce un capolavoro di una prospettiva mai vista prima.
L’opera tratta di un burattinaio fallito e ambulante, Craig Schwartz, che un giorno, dopo l’ennesima negazione al suo talento, decide di trovare lavoro come archivista. Il lavoro, però, è situato al settimo piano e mezzo di un edificio e nel proprio ufficio troverà una porta con una galleria che gli permetterà di entrare dentro la mente dell’attore John Malkovich.
Charlie Kaufman sembra sviluppare la novità prospettica di Quentin Tarantino in Pulp Fiction (1994) colorandolo con il suo estro: il taglio prospettico che utilizza è la struttura interna del viso da cui lo spettatore assiste alla scena solo attraverso due fori, ovvero gli occhi.
Spike Jonze, invece, arricchisce e fortifica la trama complessa e a tratti pesante con un ritmo incalzante fitto di tanta suspense che riesce a magnetizzare lo sguardo di chi lo guarda, permettendo di non perdere l’attenzione sulla trama altamente articolata di elementi, riuscendo con estrema tecnica a valorizzare tutti gli elementi senza far prevalere nessuno di essi.
La scarsità di dettagli della macchina da presa, e la scelta di crearli quasi esclusivamente all’inizio del racconto, sulla scena dei burattini in strada (scena chiave, in quanto motrice di tutta la trama) sembra a tutti gli effetti un chiaro intento di sottolineare il senso metaforico di tutto il film. La genialità più eclatante, però, è la rappresentazione iniziale dell’istinto umano come piacere fisico e carnale, che accompagnerà da quel momento in poi tutti i personaggi principali della storia, ma non apparirà più nell’arte del protagonista.
Questo film, come anche i successivi di Kaufman, deve la sua particolarità agli infiniti livelli e sottolivelli di comprensione che l’opera ci dà e soprattutto ci sprona a sviluppare autonomamente.
Scena madre che esplicita questa intenzione è il paradosso creato da Malkovich che entra dentro la porticina, dunque nella sua stessa mente. Quello che vediamo è un mondo distorto in cui esiste soltanto lui, ogni parola detta dai personaggi è solo “Malkovich” e ogni figura possiede il suo volto. Il primo livello di comprensione, quello logico, ci impone una scelta di senso: Malkovich non può rimanere dentro la sua mente, in quanto passare da quella porta, si scoprirà in seguito, permetterà a chiunque si trovi all’interno della sua coscienza di possederlo per sempre compiuti i suoi quarantaquattro anni. Dunque il tunnel deve per forza impedire a Malkovich di restarci; nonostante ciò, secondo un altro livello di comprensione, potrebbe rappresentare la zona più profonda e pura della nostra mente, quella in cui un essere umano non potrebbe mai arrivare da solo. L’essere umano esiste in quanto ha una coscienza, e se riuscissimo ad entrare nella nostra stessa anima,non significherebbe vedere soltanto “se stessi”?
Addirittura qualcuno ha voluto vederci la metafora dei social media ante litteram. Questa teoria, dovuta al fatto che la porticina rappresenterebbe una visione limitata della vita (in coerenza con il taglio prospettico) e filtrata dal fatto di essere un’altra persona davanti agli altri, è interessante quanto poco probabile, ciononostante , non toglie dubbio alla stupefacenza dovuta all’immaginazione di questo sceneggiatore visionario.
Altro elemento curioso tra quelli usati da Kaufman è la giustificazione psicologica delle azioni dei personaggi quasi totalmente assente ma mai incoerente, anche se a primo impatto potrebbe confondere lo spettatore.
Il duo evita di inserire frasi che facciano comprendere i veri pensieri dello spettatore ad eccezione dell’inizio, rendendo lo svolgimento molto realistico. È come se dessero allo spettatore gli ingredienti senza inserire nessuna indicazione sulla preparazione allo spettatore; esistono le installazioni inserite nelle prime scene e successivamente chi guarda può soltanto abbandonarsi al fluire degli eventi e situazioni in costante divenire.
A confezionare perfettamente è stata la scelta degli attori. John Cusack (“Il cacciatore di Donne”, 2013), attore e sceneggiatore statunitense, interpreta il protagonista mostrandoci una profonda depressione che si sviluppa in una coerente psicosi. John Gavin Malkovich (“Impero del Sole”, 1987), attore statunitense, qui in vesti di un personaggio che in comune con la propria persona soltanto il nome. Inizialmente non voleva interpretare il ruolo, poiché anche lui inizialmente convinto di dover interpretare se stesso, bensì l’intenzione di Kaufman è quella di mostrare un fantoccio, un personaggio convenzionalmente famoso, dove proprio la caratterizzazione del personaggio è quella più superficiale, in quanto Malkovich nel film è solo un manifesto di quello che tutti guardano negli altri, ci viene mostrata solo la facciata del personaggio. Questo perché Kaufman vuole rappresentare come noi vediamo gli altri. L’interpretazione dell’ “altro” di John Malkovich è infatti ponderata quanto ricercata.
Cameron Diaz (“Charlie’s Angels, 2000; “The Mask – da zera a mito”, 1994), iconica attrice di San Diego con 4 candidature ai Golden Globe, una ai Premi BAFTA e 3 agli Screen Actors Guild (tra cui la candidatura come miglior attrice non protagonista ai Golden Globe e al premio Bafta e agli Screen Actors Guild proprio per il film in questione), interpreta la moglie del protagonista che tocca tutte le sfaccettature dell’animo femminile dalla moglie amorevole alla donna indipendente che sa che cosa vuole, un personaggio in un’evoluzione costante che non perde mai di interesse proprio per l’interpretazione di alta qualità dell’attrice. Infine abbiamo Catherine Ann Keener (“Truman Capote – A sangue freddo”, 2005), anch’ella attrice statunitense, che interpreta il vero personaggio motore di tutta l’opera. Maxine, colei che aggira, manipola, manovra, seduce e conquista gli altri personaggi, una burattinaia nella vita reale. L’interpretazione raffinata ed elegante avvalora ancora di più il personaggio.
Il ruolo delle donne in questo film ha una particolare attenzione, solo loro avranno un lieto fine. Un’ipotesi interessante tratterebbe della concezione sull’approccio della vita, diverso tra uomo e donna secondo Kaufman. Le donne svilupperebbero la propria intelligenza sul piano teorico mentre gli uomini su quello pratico. Dunque, nel momento in cui ci si vede da un’altra prospettiva, le donne svilupperebbero un desiderio materiale all’interno della mente ospite, e Lotte è un esempio, mentre gli uomini si ritroverebbero nel piano concettuale con un desiderio di conquista, da qui la facilità di Craig nel possedere Malkovich. Una delle pochissime affermazioni di Kaufman è stata proprio la centralità del ruolo delle donne, che infatti sono le uniche che non hanno mai varcato la porta (Maxine) oppure hanno deciso di abbandonare l’esperienza metafisica (Lotte).
Una cosa è certa, questo film a distanza di vent’anni continua a non lasciare indifferenti chi lo guarda.
Cinema, la Regione presenta la guida alle location nell’Isola. Amata: «Investire in questo segmento produttivo»
È stata presentata questa mattina, nella sede Sicilia del Centro sperimentale di cinematografia ai Cantieri culturali della Zisa (Sala Bianca), a Palermo, la nuova “Location Guide” dell’assessorato regionale del Turismo, dello sport e dello spettacolo – Sicilia Film Commission, una mappa multimediale altamente professionale al servizio di tutte le produzioni cinematografiche che intendono investire nell’Isola.
A illustrare il nuovo strumento di promozione del territorio l’assessore regionale al Turismo, allo sport e allo spettacolo, Elvira Amata, e la presidente della Fondazione Centro sperimentale di cinematografia, Marta Donzelli, che hanno firmato anche il rinnovo della convenzione tra la Regione Siciliana e il Csc per il mantenimento della sede Sicilia della Scuola nazionale di Cinema per gli anni 2024-2025, cui fanno capo le attività didattiche legate ai bandi in corso di definizione.
«Abbiamo fatto un lavoro di squadra per ottenere due risultati – dichiara l’assessore Amata – fornire una guida multimediale delle location da offrire ai produttori cinematografici, realizzandola con il lavoro degli ex allievi. Programmazione, investimenti, formazione sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi, in particolare quello di offrire opportunità di crescita e di lavoro ai nostri giovani. Il cinema si interessa alla Sicilia perché la Sicilia è cinema, come diceva Leonardo Sciascia, è già un set all’aperto. La Regione ha interesse a implementare questo segmento produttivo, perché è naturale farlo e crediamo sia un’opportunità importante per creare sviluppo economico: abbiamo un ritorno immediato quando le produzioni arrivano in Sicilia, ma anche dopo, con l’indotto turistico, quando da tutto il mondo decidono di scegliere questi luoghi visti sullo schermo. Inoltre, è importante che le istituzioni collaborino per fornire sempre maggiori servizi alle produzioni».
Il progetto “Location Guide”, interamente realizzato dalla sede Sicilia del Centro sperimentale di cinematografia, ha visto il pieno coinvolgimento degli ex allievi e ha richiesto quasi un anno di riprese. La copia cartacea della mappa, pubblicata nel 2009, è adesso affiancata da una versione più evoluta, composta da foto e video ad altissima risoluzione. Un archivio multimediale imponente, che la Sicilia Film Commission potrà mettere a disposizione delle produzioni e più in generale di tutti gli operatori del settore audiovisivo interessati a scoprire le opportunità che l’Isola offre in termini di location cinematografiche, dai luoghi più noti e frequentati alle ambientazioni più insolite e fuori dall’ordinario.
In fase di programmazione delle riprese, un tavolo tecnico si è occupato del censimento delle aree, tenendo in massima considerazione quelle meno conosciute. La realizzazione della guida ha coinvolto tre troupe, composte da ex allievi, oggi tutti filmmaker professionisti, che hanno realizzato le riprese, anche avvalendosi di droni per la mappatura dall’alto, delle 350 location nelle 9 province.
«Questa terra è vocata al cinema – aggiunge Marta Donzelli – , proprio per questo è particolarmente interessante che la sede siciliana del Centro sperimentale abbia il genere del documentario al centro della sua attività, permettendo di osservare il mondo con occhi diversi. Grazie al supporto economico della Regione, abbiamo la possibilità di realizzare una programmazione a lungo termine. Come Centro sperimentale investiremo risorse e potenzieremo l’offerta formativa della scuola di Palermo, che è uno dei nostri fiori all’occhiello, perché c’è grandissima richiesta di giovani professionisti in questo settore da parte del mondo del lavoro».
All’incontro erano presenti anche il direttore della Sicilia Film Commission Nicola Tarantino, il direttore generale del Csc Monica Cipriani, la Head of studies del Csc per gli investimenti del Pnrr relativi alle sedi regionali Savina Neirotti, la direttrice artistica del Csc Sicilia Costanza Quatriglio e il direttore della sede regionale Ivan Scinardo.
FOTO di alcuni luoghi censiti a questo link. VIDEO Clicca qui per scaricare il promo della Location Guide.
Riprese della presentazione e interviste ad Amata e Donzelli sono disponibili a questo indirizzo.
In un mondo in guerra sappiate creare meraviglie e armonia. È l’ invito di Papa Francesco ai membri della Fondazione Ente dello spettacolo, incontrati nel 75° di attività. Don Davide Milani: “Dobbiamo tornare ad essere artigiani del buon cinema”.
Mons. Davide Milani (Presidente Fondazione Ente dello spettacolo)
«Soltanto le opere che sono riuscite a esprimere l’armonia umana, sia nella gioia, sia nel dolore, sono quelle che passano alla storia. Il vostro è un lavoro evangelico. E anche poetico, perché il cinema è poesia: dare vita è poetica» ha detto il Santo Padre
Lunedì 20 febbraio, la Fondazione Ente dello Spettacolo è stata ricevuta in udienza privata da Papa Francesco. Un appuntamento storico per la Fondazione, che corona un anno di celebrazioni per il 75° anniversario della sua istituzione volendo però guardare anche al futuro.
Servizio di: Paolo Fucili (TV 2000)
Fonte: Avvenire
Subito diretto: «Mi piace il lavoro che fate». Il discorso che aveva preparato lo porge a monsignor Davide Milani e va a braccio: «Il lavoro del cinema, dell’arte, della bellezza come grande espressione di Dio, ch e è sempre stata lasciata da parte, o almeno nell’angolo». Il Papa si rivolge ad attori e registi nella sala Clementina in Vaticano, ai membri della “Fondazione Ente dello spettacolo” (“Feds”, istituita nel 1947 e presieduta da monsignor Milani), che festeggia il 75° anniversario di fondazione. «Il cinema è poesia», dice loro. Poi tocca a bellezza e armonia. E agli applausi.
«I libri di teologia – spiega Francesco – parlano tanto del verum, della verità» e «parlano del bonum». Invece «del bello, della bellezza, non tanto». Come pure «la bellezza sembrava non c’entrasse nella riflessione teologico-pastorale». Ma proprio «quella bellezza ci salverà, come ha detto qualcuno. Quella bellezza che è l’armonia, opera dello Spirito Santo».
La sala è piena, più o meno duecento artisti il cui lavoro è dietro o davanti la macchina da presa. «L’opera dello Spirito è fare l’armonia nelle differenze, non annientare le differenze, non uniformarle, ma armonizzarle», allora «capiamo cosa sia la bellezza», continua il Papa. Bellezza che è «quell’opera dello Spirito Santo che fa armonia dei contrari, degli opposti, di tutto…». Cita la Pentecoste, Francesco: «Pensiamo a tutti che parlano, nessuno capisce cosa succeda, un disordine grande», ecco è «lo Spirito a fare un’armonia: tutto è differente, tutto sembra contraddittorio, ma l’armonia è superiore a tutto. E il vostro lavoro va sulla strada dell’armonia».
Così, «se vogliamo qualificare le grandi opere del cinema, possiamo dire che un buon motivo sono gli attori, sì – annota il Papa –, ma soltanto le opere che sono riuscite a esprimere l’armonia, umana, sia nella gioia, sia nel dolore, sono quelle che passano alla storia». Perciò Francesco li ringrazia, per il loro lavoro: «È un lavoro evangelico. Anche poetico, perché il cinema è poesia: dare vita è poetica». E vi «ringrazio tanto per il vostro cammino: andate avanti, dietro ai grandi. Voi, come italiani, avete una storia gloriosa su questo. Continuate».
Al Papa era venuto in mente il racconto della creazione e lo aveva citato nel suo discorso scritto: «Lo vediamo scorrere quasi come un film, dove Dio appare autore e al tempo stesso spettatore». Prima «inizia a comporre la sua opera allestendo ogni cosa: il cielo, la terra, gli astri, gli esseri viventi e infine l’uomo, una storia di coinvolgimento, di bellezza e di passione: di amore» Ma al termine «Dio compie un gesto sorprendente: diventa spettatore della sua opera, contempla quanto ha realizzato ed esprime il suo giudizio, “vide che era cosa buona”» e per «l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, la “recensione” è ancora più appassionata: “Era cosa molto buona”». Dunque «in questa pagina sacra, cari amici, registi, attori, donne e uomini che lavorate nel cinema, possiamo trovare anche il senso del vostro lavoro culturale», spiega Francesco. Cioè da una parte c’è l’azione creativa, dall’altra contemplare e valutare, quindi «mi pare che potete rispecchiarvi in questo meraviglioso affresco biblico, che ha affascinato tanti artisti».
E prima del discorso papale a braccio, monsignor Davide Milani aveva rivolto il saluto della Fondazione a Francesco: «La nostra missione è scorgere e diffondere gli echi e i riflessi della Parola e del Volto di Cristo, di cui è sempre più ricca la cinematografia contemporanea», aveva detto. E per riuscirci, bisogna saper «parlare un linguaggio nuovo», per questo la Fondazione ha da poco varato anche un nuovo hub editoriale digitale, che diventerà una vera e propria media company del racconto del cinema.