

In Evidenza
Si mantiene positivo il trend dei ricoverati in terapia intensiva
Mercoledì 08 aprile, in Italia ci sono 95262 casi positivi da Coronavirus (+1195 rispetto a ieri), di cui 26491 guariti (+2099 rispetto a ieri) e 17669 deceduti (+ 542 rispetto a ieri); in aumento il trend delle persone guarite.
Il numero di tamponi effettuati finora sono 807.125. Secondo l’ultimo bilancio, dei contagiati, 63.084 si trovano in isolamento domiciliare senza sintomi o con sintomi lievi (66%), 28.485 sono ricoverati e di questi 3.693 sono in terapia intensiva (-99 rispetto a ieri). La buona notizia riguarda proprio i pazienti trasferiti in questo reparto, il cui numero diminuisce per il quarto giorno consecutivo.
Sono questi i numeri più confortanti dell’ultimo bollettino delle ore 18.00 dell’emergenza Coronavirus nel nostro Paese reso noto, qualche minuto fa, dal capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli.
Le autorità sanitarie confermano ancora una volta che le regioni maggiormente colpite dal covid-19 sono la Lombardia, che tuttavia registra un trend positivo per quanto riguarda la curva dei contagi rispetto ai giorni precedenti, il Piemonte e l’Emilia Romagna. Preoccupa però la situazione in Toscana e Veneto. Sale il numero dei contagi in Campania (2.859 attualmente positivi), Puglia (2.238 attualmente positivi), e in Sicilia (1.893 attualmente positivi).
Coronavirus in Italia, la mappa dei casi totali regione per regione: superati i 2.000 casi in Sicilia
Lombardia: 53.414
Emilia Romagna: 18.234
Piemonte: 13.883
Veneto: 12.410
Toscana: 6.379
Marche: 4.589
Liguria: 4.906
Lazio: 4.266
Campania: 3.268
Puglia: 2.634
Trento: 2.602
Friuli VG: 2.218
Sicilia: 2.159
Abruzzo: 1.859
Bolzano: 1.835
Umbria: 1.289
Sardegna: 975
Calabria: 859
Valle D’Aosta: 850
Basilicata: 297
Molise: 226
In Sicilia il numero dei guariti (133) è pari a quello dei deceduti (133)
Questo il quadro riepilogativo della situazione nell’Isola, aggiornato alle ore 17 di oggi (mercoledì 8 aprile), in merito all’emergenza Coronavirus, così come comunicato dalla Regione Siciliana all’Unità di crisi nazionale.
Dall’inizio dei controlli, i tamponi effettuati sono stati 27.438 (+2.581 rispetto a ieri).
Di questi sono risultati positivi 2.159 (+62), mentre, attualmente, sono ancora contagiate 1.893 persone (+34), 133 sono guarite (+20) e 133 decedute (+8).
Degli attuali 1.893 positivi, 628 pazienti (-7) sono ricoverati – di cui 65 in terapia intensiva (-8) – mentre 1.265 (+41) sono in isolamento domiciliare.
(Fonte: Protezione Civile)
Cinema
La Location Guide del cinema in Sicilia



VIDEO
Clicca qui per scaricare il promo della Location Guide.
Riprese della presentazione e interviste ad Amata e Donzelli sono disponibili a questo indirizzo.
————————–

Ora è il momento di una riflessione
Dopo la giusta reazione emotiva suscitata nell’opinione pubblica dalla tragedia di Crotone, è forse il momento di una riflessione critica che ci consenta di andare oltre la commozione e l’indignazione immediate e ci permetta di cogliere il senso politico di quanto è accaduto la notte tra sabato 24 e domenica 25 febbraio.
Non sappiamo ancora, ovviamente, quali saranno le conclusioni della magistratura. Ma una lunga esperienza, nel corso di questa Seconda Repubblica, ci ha insegnato che la verità e la giustizia processuali, pur pienamente legittime, non coincidono spesso con quelle reali. Perciò non ci si deve attendere – neanche in questo caso – che siano le sentenze dei giudici a sciogliere i nodi della politica, che invece vanno affrontati guardando alla realtà.
I fatti
E, nel caso del naufragio di Crotone, la realtà dei fatti è ormai abbastanza chiaramente accertata. Ricostruiamone brevemente lo svolgimento. Sono le 22.30 quando un aereo Frontex (l’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera), segnala la presenza di un barcone a 40 miglia dalle coste crotonesi e indica le coordinate. Fa anche sapere che, dal monitoraggio satellitare, è possibile rilevare la presenza di una «significativa risposta termica». Insomma, che quella barca è stracolma di persone. Viene inoltre rilevato che a bordo c’è un telefono cellulare turco. Dunque, si tratta di una imbarcazione di migranti. Viene informata, per conoscenza, anche la Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma.
Poco dopo la mezzanotte partono due mezzi della Guardia di Finanza. Ma il mare è troppo agitato – forza 5, a tratti forza 6 – e le motovedette delle Fiamme Gialle sono costrette a rientrare. Non essendo destinate ai salvataggi, ma alla “intercettazione”, non sono equipaggiate per il mare grosso. Verso le due un nuovo tentativo, anche questo vano.
Alle 4,10 di domenica 26 una telefonata al 112, partita da un cellulare internazionale – in cui si sentono le voci concitate delle persone che invocano aiuto – mette in moto i soccorsi, ormai tardivi: il barcone si è spezzato e in mare e sulla spiaggia ci sono quasi soltanto cadaveri.
Tra le 22,30 e le 4,10 c’era tutto il tempo per soccorrere l’imbarcazione dei migranti. Bastava che, invece delle motovedette della Guardia di Finanza uscissero quelle della Guardia costiera, attrezzate anche per affrontare il mare più agitato e dunque in grado di portare soccorso al barcone. Perché non lo hanno fatto?
La risposta che è stata data – secondo cui la comunicazione dell’aereo di Frontex non parlava di una situazione di pericolo – è evidentemente inadeguata. Il fatto stesso che per due volte le motovedette delle Fiamme Gialle abbiano dovuto tornare in porto per la violenza del mare forza 6 dimostrava con chiarezza che il pericolo per l’imbarcazione dei profughi in arrivo c’era ed era grave.
E neppure è plausibile la giustificazione basata sul fatto che dal barcone non è arrivato nessun SOS. In un regolamento per i soccorsi in mare redatto nel 2020 dalla Capitaneria di Porto-Guardia Costiera, entrato in vigore dal 2021 – voluto dall’allora ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli proprio per cancellare le ambiguità su questo punto – , dice chiaramente che le operazioni di salvataggio devono scattare alla minima segnalazione: «Quando si presume che sussista una reale situazione di pericolo per le persone, si deve adottare un criterio non restrittivo, nel senso che una notizia con un minimo di attendibilità deve essere considerata veritiera a tutti gli effetti».
Una scelta politica
La sola spiegazione del mancato invio delle motovedette della Guardia costiera può essere che si è scelto di fronteggiare l’arrivo dei migranti con una operazione di polizia di frontiera – spettante appunto alla Guardia di Finanza – e non come una operazione SAR (dall’ inglese Search And Rescue: “ricerca e soccorso”). Non siamo in grado di dire chi ha preso concretamente questa decisione – sarà l’indagine giudiziaria a stabilirlo – , ma possiamo senza alcun dubbio individuarne la responsabilità politica nella linea della maggioranza al governo.
Già nel suo programma elettorale si leggeva, al punto 6, un preciso impegno: «Difesa dei confini nazionali ed europei come richiesto dall’UE con il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo, con controllo delle frontiere e blocco degli sbarchi per fermare, in accordo con le autorità del nord Africa, la tratta degli esseri umani». Dove l’espressione «difesa dei confini nazionali ed europei» implicava, già di per sé, l’assimilazione dei migranti a invasori da respingere.
E come tali sono stati trattati i profughi poi annegati sulla spiaggia di Crotone. Questo spiega anche perché, mentre il presidente della Repubblica e la segretaria del maggior partito di opposizione si sono recati a rendere omaggio alle loro salme, nessun esponente del governo ha ritenuto di doverlo fare. Per il nostro esecutivo erano solo clandestini, fuori-legge che venivano a violare i nostri confini.
Naturalmente ciò non significa che se ne volesse direttamente la morte. L’importante è che i migranti non vengano a “invaderci”. E questo in concreto si traduce in una drastica alternativa: annegamento nel Mediterraneo o blocco delle partenze. La seconda ipotesi è quella preferita: già nel programma sopra citato, il riferimento all’«accordo con le autorità del nord Africa» allude alla soluzione più volte indicata dalla Meloni, che prevede di fermare i migranti prima che partano.
Il blocco delle partenze
È una strada già inaugurata dal ministro dell’Interno del governo di centrosinistra guidato da Paolo Gentiloni, Marco Minniti, che nel febbraio del 2017, con l’accordo della UE, ha firmato un “Memorandum d’intesa” col governo libico in cui si concedevano aiuti economici e supporto tecnico, in cambio dell’impegno di quel governo di controllare più strettamente le partenze dei migranti dalle sue coste, facendone bloccare i barconi dalla sua Guardia costiera e trattenendo le persone in appositi “centri d’accoglienza”.
Un accordo bollato con parole durissime dall’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Raad al Hussein: «La politica Ue di assistere le autorità libiche nell’intercettare i migranti nel Mediterraneo e riportarli nelle terrificanti prigioni in Libia è disumana. La sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità».
Coerentemente con il suo programma – peraltro approvato dagli elettori -, il nuovo governo di destra ha rinnovato l’accordo. Anzi, a suggellarne la continuità, il nostro premier, Giorgia Meloni, lo scorso 28 gennaio, in occasione della sua visita in Libia, ha concordato la consegna di cinque motovedette alla Guardia costiera. È significativo che questa ultima intesa sia stata firmata dal nostro presidente del Consiglio il giorno dopo la “Giornata della memoria” celebrata, in ricordo dell’Olocausto, all’insegna del grido unanime: «Mai più!».
Pochi giorni prima, la Meloni si era visibilmente commossa parlando delle vittime delle persecuzioni razziali durante la cerimonia per la festa ebraica Hannukkah al museo ebraico. Il suo intervento è iniziato asciugandosi le lacrime: «Noi femmine ogni tanto facciamo questa cosa un po’ così… Di essere troppo sensibili… Noi mamme in particolare…».
I migranti morti a Crotone non venivano dalla Libia, ma da terre non meno devastate dalla violenza e dalla miseria: Afghanistan, Siria, Iraq e Pakistan. C’erano a bordo molte donne con i loro bambini. Chi sa se Giorgia Meloni ha versato anche per loro qualche lacrima di mamma…
L’ alternativa è la morte
Quel che è certo è che, al di là delle emozioni, la sola alternativa prevista dal governo da lei presieduto rimane quella sopra detta: se non si riesce a bloccarne la partenza, la sola soluzione non è che i migranti – uomini, donne, bambini – vengano salvati, ma che anneghino. Se ciò accade, dunque, è colpa loro.
È quello che, ingenuamente, ha detto, senza i giri di parole dei diplomatici, il ministro Piantedosi. La sua colpa è di essere stato chiaro – da buon “questurino”, come lui stesso si è vantato di essere – , nell’esprimere il punto di vista del governo: «L’unica vera cosa che va detta e affermata è: “Non devono partire”. [Non si può] immaginare che ci siano alternative da mettere sullo stesso piano – salvare, non salvare…». La sola vera alternativa è la morte.
Lo ha ripetuto in un tweet anche Vittorio Feltri, giornalista storico della destra e ora anche rappresentante di FdI in Lombardia: «Agli extracomunitari ricordo un vecchio detto italiano: partire è un po’ morire. State a casa vostra».
Per questo il governo ha varato un “Decreto sicurezza” che cerca di eliminare la falsa “terza alternativa” costituita dal «salvare», cercando di limitare e ostacolare il più possibile l’attività di soccorso delle ONG. O non si parte, o bisogna sapere che se si parte si muore.
Piantedosi non ha capito che era meglio non dire queste cose nel bel mezzo di una commozione collettiva. Anzi, è stato così sprovveduto da esplicitare un punto che nemmeno Giorgia Meloni finora aveva avuto il coraggio di dire, continuando a trincerarsi dietro il solito «Aiutiamoli a casa loro». E cioè che gli stranieri che hanno problemi devono cercare di aiutarsi da sé – come hanno insegnato al ministro fin da bambino – , perché noi italiani, più in generale noi europei, non abbiamo nessuna intenzione di farlo.
E quando i nostri politici continuano a ripetere che è l’Europa a dover intervenire per risolvere il problema dei flussi migratori, non pensano certo che debba farlo per sanare le piaghe economiche e politiche di paesi come la Libia o la Siria o l’Afghanistan (qui non ci sono riusciti neppure gli Stati Uniti in vent’anni di occupazione…), ma per rendere sempre più efficiente il servizio di pattugliamento poliziesco di Frontex e impedire che questi migranti vengano a naufragare sulle nostre coste, disturbando la tranquillità delle nostre coscienze.
(Fonte:Tuttavia.eu)
Giusepe Savagnone (Responsabile del sito della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo, www.tuttavia.eu.
Scrittore ed Editorialista)
Cultura
Marcia della Pace 1 anno dopo

“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”, E’ la pace il segno distintivo che garantisce la figliolanza con Dio e assicura il legame con la paternità di Dio, sollecitando il cristiano a scegliere da quale parte stare”
Il suono armonioso dell’organo della cattedrale, la sera del 24 febbraio, accoglie il lungo corteo della Pace che, partito dalla chiesa di Santa Chiesa, sede della Comunità di S Egidio, giunge al Duomo per la celebrazione della “Veglia di preghiera per la pace in Ucraina, nel primo anniversario dell’invasione dall’esercito russo – 24 febbraio 2022”
Un anno di guerra con tante vittime, sono stati distrutte, case, aziende, officine, laboratori ed il martoriato popolo ucraino vive il dramma della paura, la fuga, la sofferenza nel vivere innumerevoli disagi. Anche tanti soldati russi sono morti, ingannati dalla promessa di una facile conquista dei Paesi da annettere alla Grande Madre Russia, anche loro da invasori sono vittime della follia della guerra.
Canti, preghiere, salmi hanno raccolto i sentimenti e i desideri dei fedeli con la fervida invocazione al Signore perché “conceda il dono della pace in Ucraina e nel mondo”.
Walter Cerreti, a nome della Comunità di Sant’Egidio, ha presentato all’Arcivescovo le motivazioni della marcia e dopo la lettura del Vangelo delle Beatitudini, l’Arcivescovo, Mons Luigi Renna, ha commentato il versetto “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”, E’ la pace il segno distintivo che garantisce la figliolanza con Dio e assicura il legame con la paternità di Dio, sollecitando il cristiano a scegliere da quale parte stare.
Il conflitto Russia-Ucraina segna il XXI secolo e la “follia” di una così dura guerra porta con sé l’ombra e il timore di un conflitto mondiale,
Tra gli operatori della pace ci sono gli “architetti della pace” che hanno il compito di costruire e trovare le soluzioni diplomatiche di un accordo e un cessate il fuoco e c’è poi il lungo esercito degli “artigiani della pace” che, come il buon samaritano, si impegna a curare e sanare le ferite, offrendo servizi di solidarietà e di accoglienza per i profughi nell’ottica di un bene comune nazionale e internazionale.
La voce della Chiesa, gli accorati appelli di Papa Francesco, i gesti di solidarietà e le missioni di pace compiute nel corso dell’anno non hanno ancora dato i frutti sperati.
Si rileggono così le pagine di storia di 60 anni fa, quando Papa Giovanni XXIII, scrisse l’Enciclica “Pacem in terris” e nella sintesi di alcuni brani, consegnati a termine della veglia ai numerosi partecipanti, si legge appunto che “giustizia, saggezza e umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si mettano al bando le armi nucleari, si pervenga al disarmo integrato da controlli efficaci”.
L’appello al disarmo, l’auspicio e la preghiera per la pace, sono orientati, come diceva Pio XII, all’invocazione che non si ripeta “la sciagura di una terza guerra mondiale con le sue rovine economiche, sociali e le sue aberrazioni e perturbamenti morali sull’intera umanità”.
Giuseppe Adernò
-
In Evidenza3 anni ago
Biagio Conte: “Non vince il virus, Dio è più forte”
-
Cocker2 anni ago
Il cocker tanto famoso quanto intelligente
-
In Evidenza3 anni ago
Sicilia: zero decessi e zero pazienti in terapia intensiva
-
Cinema4 anni ago
Cinema e Massoneria un binomio misterioso e sorprendente
-
Cocker7 anni ago
Il cocker è fra i cani più oziosi del mondo
-
Cultura6 anni ago
Le stanze ferite: diario di viaggio nella Real Casa dei matti
-
Editoriali15 anni ago
L’invidia è la vendetta dell’incapace
-
Cocker8 anni ago
Irish setter, cocker spaniel e cavalier king: “I cani rossi adottati prima degli altri”