Due montagne ti accolgono e ti salutano quando lasci l’isola; le riconosci per la loro particolare forma conica. Sono i monti Fossa delle Felci e dei Porri, sovrastano uno dei fazzoletti di terra, nell’arcipelago eoliano, fra i più ricchi di acqua. Salina prende il nome da un piccolo lago, nella frazione di Lingua, dal quale si estraeva il sale. C’è un bellissimo documentario nell’archivio storico dell’Istituto Luce, del dicembre del 1940, che descrive in modo magistrale alcune sequenze girate nelle saline. Il sale che si estraeva in quest’isola, lo stesso che ha il sapore del mare, ha accompagnato per secoli gli abitanti che d’inverno oscillano fra i 2.000 e i 2.300, mentre si centuplicano nel periodo estivo. Raccontare l’isola nell’isola attraverso le immagini, il suono e le parole, lo hanno fatto in tanti, ma non puoi non partire dal contesto, dal paesaggio, per comprendere fino in fondo la cifra narrativa di uno dei festival cinematografici più attraenti e forse suggestivi nel panorama nazionale. Qui non trovi il red carpet e neanche i potenti riflettori che si stagliano nel cielo, come quelli delle notti hollywoodiane. Trovi la natura selvaggia descritta nell’ultimo film che interpretò Massimo Troisi,“Il Postino”. L’attore partenopeo correva in bicicletta lungo le trazzere, fra strapiombi e ginestre. Puoi gustare la malvasia o lasciarti catturare dal sapore acre del cappero, dall’arabo “Cabr”. L’undicesima edizione del “Salina doc fest” dal 24 al 29 giugno, è alle porte e come sempre la sua anima e fondatrice Giovanna Taviani ha preparato tutto in largo anticipo, fedele al sottotitolo: “Immagini, suoni e realtà del Mediteranneo”. Il tema di quest’anno “Padri e Figli. Verso terre fertili”, è stato anticipato, qualche mese fa, a Londra, durante la prestigiosa rassegna CinemaItaliaUK. «Sarà un’edizione speciale, ha dichiarato alla stampa inglese la regista, totalmente dedicata ai giovani, nuovi protagonisti del Mediterraneo. Dai minori non accompagnati che arrivano sulle nostre sponde, ai figli delle nostre famiglie costretti ad emigrare per essere riconosciuti altrove; ai giovani immigrati di terza generazione che decidono di lasciare l’Europa per arruolarsi nell’Isis, ma anche a quelli che dicono no e che ogni giorno combattono per rendere fertile la terra in cui vivono. Tutti insieme per riflettere, attraverso il cinema, sul patto generazionale tra padri e figli, che mai come in questo momento sembra essersi interrotto, e sulla ricerca di terre fertili da parte dei giovani che non vogliono arrendersi a un mondo sbagliato”. Tra le novità un concorso tutto “social”, aperto a tutti, senza limiti di età; come premio una telecamera GoPro grazie al sostegno di Absolute Sicilia. Ci incuriosisce la genesi di questo festival perché ci riporta alla descrizione iniziale del luogo. Giovanna è figlia d’arte, suo padre Vittorio, assieme al fratello Paolo, più piccolo di due anni, sono a pieno titolo, considerati fra i migliori cineasti al mondo. Lei debutta a 15 anni nel film Kaos del 1984, girato tra Lipari e Salina, e probabilmente è per questo che rimane folgorata dalla regia e dall’amore per il cinema. I Taviani amano Salina e per Giovanna, in tanti anni di villeggiatura, diventa a volte la prima a volte la seconda casa, a seconda il livello di attrazione e condizionamento che l’isola ha sulla sua vita personale e professionale. Racconta spesso che in uno dei suoi viaggi di ritorno verso la capitale mentre si allontanava dalle coste, ha provato quel classico mal di pancia che ti prende quando devi lasciare qualcuno che ami. In quella occasione un amico al porto la salutò con una frase: «Quando la nave supererà la punta di Milazzo, tu non ci penserai più e noi torneremo ad essere invisibili nella nostra solitudine isolana». Parole che hanno creato un vero e proprio corto circuito nella mente e nei pensieri della regista che, da giovane autrice, sentiva forte il peso dell’isolamento, da un mondo, il cinema, che ha sempre considerato i documentari come opere minori rispetto alla finzione. Da qui il parallelismo con gli abitanti dell’isola, d’inverno isolati dal mondo per le avverse condizioni meteorologiche e i documentaristi italiani, spesso isolati dai circuiti della grande distribuzione. “Grazie alla collaborazione di professionisti, ci dice, che si sono innamorati dell’isola e credono fortemente nel cinema del reale e all’accoglienza degli albergatori di Salina, siamo riusciti a portare i più bei documentari prodotti negli ultimi anni, dando la possibilità al pubblico di vedere film che altrimenti non avrebbe mai visto. Abbiamo dimostrato anche, che, contrariamente a quel che si dice, con la cultura si mangia e che il profitto immateriale, in termini di immagine e di turismo, a volte paga più di quello materiale”. Il cantautore ennese Mario Incudine ha portato al festival la sua canzone sui migranti che porta proprio il titolo dell’isola. Decine i registi, i produttori, gli attori che si sono alternati nelle anteprime dei loro film, nelle masterclass e negli incontri aperti al pubblico. “Poco a poco il Salinadocfest è entrato nell’animo di tutti, dice la regista Taviani. Oggi è parte integrante della vita dell’isola, riuscendo a diventare uno dei punti di riferimento nel panorama dei Festival dedicati al cinema del reale. Ogni anno che passa la crisi economica impedisce ai nostri sponsor di sostenerci come vorrebbero, i finanziamenti pubblici tardano ad arrivare e noi siamo costretti ad andare avanti con le nostre sole forze e con l’aiuto dell’isola, per non naufragare”. L’amore per questo arcipelago delle Eolie, la Taviani lo ha dimostrato girando “Fughe e approdi”, film che nel 2011, le è valso il premio come migliore documentario al festival del cinema italiano a Madrid. E’ rimasta sempre fedele all’impegno condiviso dal padre e dallo zio, di fare rivivere, nelle isole eolie, i fasti del grande cinema con registi del calibro di Rossellini, Antonioni, De Seta, Moretti; attrici come Ingrid Bergman, Anna Magnani, Lea Massari e Monica Vitti. Eolie che, nella metà degli anni 40, furono scelte dal principe Francesco Alliata, per fondare la “Panaria film”, la prima casa di produzione e distribuzione di immagini subacquee; fu realizzata per la prima volta una serie di cortometraggi, in formato 35 mm, grazie a vecchie attrezzature reperite negli Stati uniti e rese impermeabili. Il sogno nel cassetto di Giovanna Taviani? “Creare l’archivio del documentario a Salina, un archivio che dovrebbe nascere nell’antica sede di Palazzo Marchetti di Malfa, che parli di noi, del nostro paese, della nostra storia, dei grandi temi che affliggono il Mediterraneo di chi vive sull’isola e non si arrende. Di speranza, di sogni, di futuro. Isolani si, isolati no! (Articolo pubblicato su I Love Sicilia di Giugno. qui il link: http://livesicilia.it/riviste/I-Love-Sicilia-N-129,484/).
La conferenza stampa a Palazzo delle Aquile a Palermo, martedi 20 giugno 2017 ore 10.30. Da sinistra Alessandro Rais, Andrea Cusumano, Anthony Barbagallo, Leoluca Orlando, Giovanna Taviani, Gaetano Calà)
“The end” del regista candidato all’Oscar, Joshua Oppenheimer presentato nelle profondità della miniera di sale di Petralia
Più di 80 giornalisti provenienti da tutta Europa, invitati dalla società di Distribuzione I Wonder, hanno vissuto una delle esperienze più straordinarie e immersive che difficilmente potranno dimenticare nella loro vita. La miniera di sale di salgemma di Raffo, frazione di Petralia Soprana, in provincia di Palermo, gestita dalla società Italkali, per oltre un mese, aveva ospitato, nel 2023, un centinaio di maetsranze, provenienti da tutto il mondo, per girare il film del regista, candidato all’Oscar, Joshua Oppenheimer, “The end”. E’ qui che è tornato assieme ai produttori e parte del cast per presentarlo in anteprima alla stampa internazionale. Arriverà in sala, distribuito da I Wonder Pictures, il prossimo 3 luglio.
La location
Lo scenario mozzafiato, un sito geologico di circa cinque milioni di anni fa, con oltre 80 km di gallerie, distribuite su otto livelli, scavate fino a profondità oceaniche. In una di esse gli organizzatori hanno installato un maxi schermo e proiettato il film, con una acustica perfetta. Tanti gli ospiti della Sicilia Film Commission della Regione siciliana, diretta da Nicola Tarantino e tutti autorevoli; per quasi due ore mezza sono stati rapiti dall’incanto del film e dell’ambiente circostante, totalmente isolato dal mondo esterno per via della sua profondità. Dopo un primo briefing con il direttore della miniera, caschetto di protezione in testa, la discesa nelle viscere della terra, visitando prima il Museo “SottoSale”, realizzato con opere straordinarie e, dopo la proiezione, con i pullmini a percorrere alcuni chilometri, poer raggiungere le location , che l’Italkali ha voluto mantenere. Pochi elementi di scena che, come per magia, hanno preso vita nel racconto emozionato di Oppenheimer, che a tutti è sembrata più una meditazione.
Il film
Lo aveva già fatto nell’opera che lo ha consacrato a livello internazionale, “The act of killing” (L’atto di uccidere, 2012), e si è ripetuto anche in questo straordinario lavoro, non abbandonando mai il suo sguardo sul senso di colpa e sulla rimozione, che affida a un cast stellare. The end è una sorta di musical atipico, con un linguaggio a metà tra il filosofico e il surreale affidando agli attori momenti di alienazione claustrofobica legati alla necessità di vivere in un bunker per la scomparsa fuori dell’intera popolazione. Durante il suo racconto ai giornalisti Joshua, con accanto la produttrice e l’attore George MacKay, ha chiesto agli ospiti di chiudere gli occhi e, nel buio, “ascoltare il silenzio” per riflettere sulla crisi irreversibile dell’essere umano e sulla sua incapacità di affrontare con responsabilità i suoi errori. Spetta all’uomo scegliere che direzione prendere nel futuro se continuare a distruggere la specie e l’ambiente e quindi vivere, come ha detto il regista, “nell’illusione confortante delle menzogne”.
La sceneggiatura
E’ firmata dallo stesso regista con Rasmus Heisterberg (“Uomini che odiano le donne”), prende vita nelle splendide musiche di Marius de Vries (“Romeo+Giulietta”) e Joshua Schmidt (“Adding machine”), con testi dello stesso Oppenheimer. E’ proprio l’uso del musical, come forma di linguaggio raffinato e coinvolgente, che caratterizza il film per la sua leggerezza che diventa intensità espressiva nel raccontare “un canto struggente” come è stato definito da Andrea Romeo, ideatore di Biografilm, nell’introdurre la proiezione. Presentato in anteprima mondiale al Telluride Film Festival e successivamente al Toronto International Film Festival, il film nasce da una prestigiosa collaborazione internazionale tra Danimarca, Germania, Irlanda, Italia, Regno Unito e Svezia.
La trama
Il mondo è finito. Ma l’umanità, forse, no. In un bunker sotterraneo riarredato come una casa di lusso, vivono e sopravvivono: Madre (il premio Oscar Tilda Swinton), Padre (il candidato all’Oscar Michael Shannon) e Figlio (George Mackay); cercano di mantenere la speranza e un senso di normalità aggrappandosi a piccoli rituali quotidiani. Ma l’arrivo di una ragazza dall’esterno (Moses Ingram) incrinerà il delicato equilibrio di questo apparente idillio familiare.
Il regista
Joshua Oppenheimer è cresciuto ad Harvard e a Central Saint Martins; i suoi primi lavori, i cortometraggi The Globalisation Tapes, The Entire History of the Louisiana Purchase (1998), These Places We’ve Learned to Call Home (1996). L’esordio nel suo primo lungometraggio, nel 2012 con The Act of Killing dopo avere studiato per decenni l’opera terrificate delle milizie della morte in Indonesia e raccolto le testimonianze agghiaccianti delle vittime. Il film è stato presentato in anteprima in Italia, nel 2013, nel corso della nona edizione di Biografilm Festival, dove ha vinto il Premio della Giuria Internazionale con la motivazione “…un’avvincente, intrepida, terribile, esibizione del male e per la sua regia innovativa”. Ha vinto un BAFTA, il premio ecumenico Panorama a Berlino, il CPH:DOX Award e molti altri. Candidato agli Oscar per il Miglior Documentario 2013. Il suo secondo lungometraggio, The Look of Silence, sempre incentrato sui massacri indonesiani, ha vinto il Gran premio della giuria alla 71ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed è stato distribuito in Italia prima che nel resto del mondo, ricevendo pure una nomination agli Oscar 2016.
Al via i bandi Biennale College Cinema – International e Biennale College Cinema – Immersive, aperti entrambi dal 6 maggio al 7 luglio.
Biennale College Cinema è un’attività strategica rivolta alla formazione di giovani filmmaker provenienti da tutto il mondo. Biennale College vuole promuovere i talenti offrendo loro di operare a contatto di maestri per la messa a punto di “creazioni”.
Il principale scopo è quello di affiancare e arricchire la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con un laboratorio di alta formazione, ricerca e sperimentazione, per lo sviluppo e la produzione di opere audiovisive a micro-budget, aperto team di registi e produttori di tutto il mondo.
Biennale College Cinema riceve il sostegno del Ministero della Cultura e il sostegno aggiuntivo di Chanel.
Biennale College Cinema si avvale della collaborazione accademica con TheGotham Film & Media Institute di New York e del TorinoFilmLab.
Biennale College Cinema – International
Il bando è rivolto a team composti da regista e produttore, provenienti da tutto il mondo.
Biennale College Cinema selezionerà nove progetti internazionali a microbudget che saranno invitati a partecipare a un workshop di 10 giorni a Venezia.
La sfida è di realizzare – al termine di un percorso della durata di un anno e che segue l’intero arco di ideazione, sviluppo, produzione, regia, marketing, audience engagement e distribuzione di un film – fino a quattro opere audiovisive di lungometraggio a micro-budget.
Torna a Palermo per la sua seconda edizione ON AIR, il Festival che intreccia il mondo delle Serie TV e del Cinema con le grandi tematiche sociali del presente. Dal 30 maggio al 1° giugno, tre giorni di talk tematici e incontri con i protagonisti del mondo dello spettacolo e realtà che operano nel sociale, per confrontarsi su temi come l’uguaglianza di genere, la diversità, l’inclusione sociale, la giustizia, la sostenibilità ambientale e il ruolo dell’arte nel cambiamento culturale. A fare da cornice agli appuntamenti, lo splendido Palazzo dei Normanni. Ospiti d’eccezione di questa edizione: Luca Argentero, tra i volti più popolari e amati dal pubblico, Vittoria Puccini, Romana Maggiora Vergano. Nel corso del Festival, ampio spazio sarà dedicato anche al dialogo con la nuova generazione di attori, tra cui Giovanni Nasta, Lea Gavino, Adriano Moretti, in un confronto aperto sulle opportunità e le insidie dei social media per chi cresce professionalmente sotto i riflettori.