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Cultura

Il mondo ha bisogno di atti di gentilezza: praticatela a caso

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La giornata mondiale della gentilezza, il 13 novembre, è nata in Giappone grazie al Japan Small Kindness Movement, fondato nel 1988 a Tokyo, dove due anni prima si era costituito un primo gruppo di organizzazioni riunito nel World Kindness Movement (Movimento mondiale per la Gentilezza).

Lo slogan è della pacifista Anne Herbert: nella versione originale “Practice random kindness and senseless acts of beauty”
E da lì, si è diffusa in tutto il mondo. In questo giorno l’invito è quello di promuovere l’attenzione e il rispetto verso il prossimo, la cortesia dei piccoli gesti, la pazienza, la cura, l’ascolto dei bisogni degli altri senza dimenticare i propri. È anche “urbanità”, intesa come modalità di comportamento che ci fa vivere in società, armonizzandoci con essa e contribuendo attivamente affinchè un luogo, un posto, sia più “felice”.

Assisto incredulo a episodi di volgarità, di violenza che feriscono la nostra società, che la turbano, che la intristiscono, che la spaventano, che la condannano ad una società senza regole, ad una società non più sinonimo di progresso ed inclusione ma ad un luogo di emarginazione, di esclusione, di maleducazione, di intolleranza.

La maleducazione, la rabbia, la violenza si affermano sempre più con forza e diventano gli atteggiamenti quotidiani delle giovani generazioni.

Sembra che la buona educazione, la gentilezza, la cortesia, la cordialità, il garbo, la buona creanza, la galanteria, le buone e belle maniere, la sensibilità, il fair play siano démodé.

Ricordo con nostalgia i tempi, ormai desueti, in cui ci si parlava, ci si incontrava, ci si confrontava, ci si abbracciava e si sorrideva insieme. Era normale assistere ad episodi in cui dei perfetti sconosciuti potevano trovarsi a scambiarsi un aiuto reciproco o a condividere momenti di socialità.

Mi è capitato personalmente di condividere con uno sconosciuto, a Caltanissetta (luogo in cui ho frequentato la Scuola di Medicina e Chirurgia), un tavolo in un ristorante.

Era la vigilia di un importante esame, serata fredda e uggiosa; decido di rifugiarmi in un ristorantino del centro storico, avevo un disperato bisogno di placare le mie ansie. Entra un signore distinto, in abito, non vi erano più tavoli liberi. Faccio un cenno alla titolare dicendole che poteva invitare quell’estraneo al mio tavolo.

Da lì in poi lo lascio alla vostra immaginazione: a distanza di circa otto anni continua ad essere una bella amicizia.

Un tempo, quando l’idraulico, il falegname entravano in casa per riparare la doccia o una serranda era normale chiedergli se gradisse un caffè e dell’acqua; quando c’era una persona in strada in difficoltà, era normale fermarsi per controllare che fosse tutto a posto.

Oggi sembra che tutti si stiano chiudendo in nuclei sempre più ristretti e autosufficienti, al di fuori dei quali non vi è spazio per alcuna forma di solidarietà e comprensione.

Due domeniche fa mi è capitato di dover soccorrere, insieme ad altri due signori, un ragazzo che giaceva sulle strisce pedonali, nel mezzo di un incrocio, colto probabilmente da un malore; nessuno prima di quei due signori si è fermato. Alcuni hanno riferito che le macchine passavano e lo evitavano.

Come siamo arrivati a questo? Nell’ultimo decennio il mondo virtuale ha letteralmente distrutto quello reale; il mondo dell’informazione e della comunicazione sembra aver diffuso il messaggio sbagliatissimo che essere aggressivi, distanti, strafottenti equivalga ad essere forti.

Un social network non è solo una piattaforma dove poter rimanere in contatto con amici, leggere notizie, per lo più fake news, o giocare, ma è del tempo concreto che una persona, spesso un adolescente ancora in fase di crescita, trascorre in un mondo alternativo, in una realtà virtuale che può sostituirsi a quella reale.

Una ricerca condotta dall’Università dell’Illinois afferma che sono sufficienti pochi minuti in ambiente virtuale per danneggiare la propria visione della realtà.

«Gli ambienti virtuali danno la possibilità alle persone di assumere il ruolo che desiderano e di scegliere tutte le esperienze che vogliono intraprendere. Tutto ciò che, sostanzialmente, non si può fare nella vita reale», spiega Gunwoo Yoon, ricercatore presso l’University of Illinois a Urbana-Champaign.

Se diamo uno sguardo ai social, ce ne rendiamo subito conto: essere gentili, cordiali, amorevoli, mostrare tatto e sensibilità non è “figo”, mentre chi insulta, chi tende ad escludere, ad emarginare, chi è sarcastico e chi riesce a ferire in maniera pungente sembra essere il vincente, il maschio alfa della situazione.

In realtà è vero proprio il contrario: serve una grande dose di coraggio e di forza interiore per essere gentili e comprensivi con gli altri!

Questo perché l’aggressività deriva spesso da un malessere che coviamo dentro da tempo. Infierire sul più debole, offendendolo e umiliandolo, trattarlo con indifferenza è l’espressione di un malessere interiore che abbiamo bisogno di tirare fuori.

E attaccare gli altri è il modo migliore per farlo! La debolezza degli altri ci dà fastidio perché in realtà non sopportiamo la nostra; non riusciamo ad apprezzare la bellezza nelle altre persone.

Riusciamo ad essere invidiosi della felicità e della vita altrui, senza però far nulla per cambiare la nostra.

Mostrare comprensione e gentilezza equivale ad aprirsi, a mettersi in gioco, e questo richiede molto più coraggio rispetto all’essere aggressivi, vi è la possibilità di fallire e la nostra società non ammette fallimenti, dobbiamo sempre essere vincitori, dobbiamo sempre primeggiare. Essere sempre i più forti.

Il mondo e l’intera società civile oggi hanno un estremo bisogno di gentilezza. Lo denota la commozione che proviamo di fronte al salvataggio di un animale in difficoltà, davanti a un ragazzo che aiuta una donna ad attraversare una strada, dinanzi a un fratello di colore, venuto da lontano, che sventa una rapina o uno scippo ad un’anziana signora o davanti a qualcuno che decide di comprare un pasto caldo e regalare un abbraccio a un senzatetto.

Torniamo ad essere un po’ più reali, più autentici, più veri; un po’ meno social. Quando entriamo in un bar e, rivolgendoci al cameriere, ordiniamo un caffè facciamolo con un sorriso, con garbo, con gentilezza.

Quando un alunno si rivolge ad un professore lo faccia con educazione, quando si è rimproverati da un prof si abbia l’umiltà e la forza di recepire il rimprovero: in quell’istante il prof vi sta aiutando a crescere meglio.

Quando becchiamo un anziano in difficoltà non deridiamolo, un giorno lo saremo anche noi. Aiutiamolo, coccoliamolo, proteggiamolo, rendiamolo protagonista!

Quando vi accorgete di un compagno con disabilità, non bullizzatelo. Aiutatelo, includetelo, rendetelo parte di un gruppo e insegnate ai vostri compagni che aiutare e sorridere ai più deboli è sinonimo di forza, di maturità, di crescita.

Quando ci accorgiamo di un senzatetto in difficoltà, non limitiamoci a dare un’offerta, fermiamoci ad abbracciarlo, a regalargli un sorriso, una parola di conforto.

Tutti questi momenti sono delle occasioni perfette per diffondere altruismo e gentilezza, e se tutti cominciassero a farlo, il mondo diventerebbe, o meglio tornerebbe ad essere, un luogo decisamente migliore.

La gentilezza produce pace ed è contagiosa, ha il potere di disarmare i cuori; con il suo effetto moltiplicatore, la gentilezza diventa un valore fondamentale della coesione sociale creando società più giuste, pacifiche, solidali, rispettose ed educate.

Ndr: l’immagine di copertina è un graffito di Propaganda Poetica su un muro del quartiere Albergheria di Palermo.

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Cultura

Giuseppe Lavenia racconta la guerra

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struire soltanto nella vicendevole fiducia”

Queste espressioni del messaggio di Papa Francesco per la 57.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, hanno motivato l’ultimo incontro culturale del 18° Festival della Comunicazione, che ha avuto luogo, sabato 20 maggio nel Salone dei Vescovi.

Giuseppe Lavenia ,  giovane giornalista RAI, originario di Adrano,  ha raccontato i 95 giorni trascorsi a Codogno,   il 21 febbraio 2020 con il “paziente 1” e la successiva esplosione del Covid 19. L’esperienza dei primi giorni della pandemia hanno segnato fortemente l’opinione pubblica ed ha  contribuito ad una presa di coscienza  in relazione al benessere sociale.

Il racconto ha coinvolto l’attento pubblico ed è stato evidenziato lo stile di comunicazione e di relazione che il giornalista mette in atto nel preparare i servizi di informazione per il grande pubblico della televisione.

La paura e la tensione provata nei campi di guerra, al suono delle sirene di allarme; il contatto con i profughi che lasciano la loro terra per sfuggire ai bombardamenti; l’incontro con i bambini oncologici e l’improvvista e originale partita di calcio, sono alcune delle immagini del racconto che Giuseppe Lavenia ha fatto “parlando col cuore” e testimoniando come  nella  trasmissione di una notizia ci sono modi diversi di comunicare e quando si trasmettono valori si entra in sintonia con il pubblico/lettore/spettatore e parte un messaggio che aiuta a vivere bene.

L’incontro, moderato da  Marco Carrara, di Bergamo  in presenza e Dorella Cianci  di Cerignola in videocollegamento  sul tema  “Comunicazione , guerra, disarmo” è stato promosso anche con la collaborazione del diacono Alessandro Rapisarda, dell’Ufficio  diocesano delle Comunicazioni sociali.

L’Arcivescovo Mons Luigi Renna, a conclusione dell’incontro, apprezzando il prezioso lavoro dei  giovani giornalisti  ha fatto luce sulla vocazione/missione del comunicatore che nel dare notizie che possono “costruire o distruggere, orientare o disorientare, rendere felici o infelici”, facendo partire il messaggio dal cuore, ricco di attenzione e sensibilità umana, trasmette  certamente un raggio di speranza e di futuro.  Come affermava Giorgio La Pira: “C’è una primavera che si prepara in questo inverno apparente ”

Giuseppe Adernò

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Cultura

Etica della comunicazione, un convegno a Catania

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Nella giornata conclusiva del  18° Festival della comunicazione”  il  tema ”L’etica della comunicazione, promozione della salute e benessere”  è stato proposto  quasi come  sintesi del cammino  in preparazione alla 57° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Sono stati messi a dimora tanti piccoli semi  i giornalisti e i comunicatori  hanno il dovere di rende vivo e dinamico il cantiere della comunicazione  secondo le indicazioni del messaggio di quest’anno ha percorso i sentieri della comunicazione analizzando le molteplici ambiti relativi alla  coesione sociale, ai principi e ai  valori della sussidiarietà, del senso della vita, al ruolo della donna nella società, al controllo delle emozioni, alla paura come dono,  alla cultura del digitale in famiglia, al messaggio del Verga e alla comunicazione delle buone notizie, e all’incontro con i giornalisti inviati di guerra. Non sono mancati   i temi emergenti della nostra realtà locale: la legalità, la dispersione scolastica e la valorizzazione del territorio Etna  e i principi dell’ecosostenibilità ambientale.

ETICA DELLA COMUNICAZIONE nelle professioni nell’attenzione alla salute  e l’agire etico della pubblicità

Nell’incontro di sabato 20 maggio  è stato affrontato il tema dell’ETICA  DELLA COMUNICAZIONE, o forse ancor meglio  ETICA NELLA COMUNICAZIONE non come enunciazione teorica, ma come etica,  che sollecita un comportamento  inteso come modo di pensare  e di sentire i  principi morali e deontologici che  poi si traducono nell’agire, nell’azione incarnata nell’esercizio della  professioni  attraverso i  compiti sociali  specifici delle varie professioni, orientate tutte  al benessere del singolo e della collettività che corrisponde.

Tutto ciò afferisce alla pratica Politica, intesa come ricerca del bene comune, di quel benessere sociale che investe l’integralità della dimensione umana.

Il tema del benessere è stato il filo conduttore degli interventi  che hanno aiutato a riflettere a interiorizzare e consolidare principi e valori e poi  si traducono nelle azioni e  nell’esercizio della cittadinanza attiva e responsabile, che impegna ciascuno a rispondere  con  abilità e competenza nelle molteplici esperienze esistenziali

Ha introdotto gli interventi, coordinati dal prof. Giuseppe Adernò, presidente provinciale UCSI, l’Arcivescovo Mons Luigi Renna,  che già nella conferenza stampa dei presentazione del Festival, tra i processi di innovazione nella diocesi ha inserito il “cantiere dei giornalisti” affinché nell’esercizio della “vocazione di operatori dell’informazione  si sentano parte integrante della Chiesa”

Il tema della 57° Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali Parlare  col cuore e farlo con mitezza” completa  la trilogia  dei verbi: Andare e vedere; Ascoltare con l’orecchio del cuore, che negli anni precedenti hanno scandito i passi  del percorso formativo e di guida etica proposto da Papa Francesco.

Il prof.  Felice Giuffrè, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Catania e membro laico del CSM  nel magistrale intervento ha riletto i principi etici della Carta costituzionale , che definiscono le caratteristiche della deontologia professionale che  sollecita e impegna ogni cittadino, soggetto sociale, a cooperare per il bene comune ed essere testimone credibile dei valori sanciti della Costituzione.

Con una ricchezza di esperienza e di saggezza professionale dott, Augusto Consoli , specialista in ambito psichiatrico, docente di bioetica, presidente nazionale  della Società scientifica per lo studio delle dipendenze patologiche; coordinatore del Gruppo alcologico regionale  e del gioco d’azzardo patologico della Regione Piemonte ha trattato bel rapporto tra etica e bioetica  il tema  del  “benessere”  che tende allo star bene del cittadino nella dimensione della salute  fisica e mentale e  in riferimento all’ambito sanitario ha analizzato  gli aspetti  della  comunicazione dialogica tra medico e paziente  e nella presentazione degli antidoti alle difficoltà emergenti ha evidenziato la capacità critica di saper interpretare i messaggi  che possono creare distorsioni  nella  condivisione dei percorsi di salute, auspicando che tale prassi metodologica non fosse riservata ai medici “eroi” o delegata alla chatGPT.

L’intervento della giornalista Pinella Leocata ha indirizzato l’attenzione ai casi di malasanità e di cattiva gestione del servizio sanitario

L’ottica di una comunicazione responsabile e del businnes etico , grazie al contributo della dott.ssa Emilia Grazia Costa, di Torino  esperta in ricerca, marketing e vendite , responsabile dei progetti speciali della Rai sui tema della pubblicità ha offerto all’attento pubblico  nuovi orizzonti  di cittadinanza attiva e di positiva fruizione dell’ecosfera mediale  che comprende i molteplici canali della comunicazione e delle relazioni sociali,

L’agire etico della pubblicità e l’ottica di una comunicazione commerciale responsabile impegna ad rispettare indicazioni e norme di certificazione, misurazione, sostenibilità   e per essere a servizio di tutti necessita di un’attenzione speciale anche nei confronti delle disabilità, creando un modello di “pubblicità inclusiva”.

Interventi specifici sull’etica nella professione del giornalista sono stati proposti dal presidente nazionale della FISC, (Federazione Settimanali Cattolici), Mauro Ungaro,  il quale ha esplicitato le finalità del servizio di informazione e formazione che svolgono i settimanali cattolici, che “danno voce a chi voce non ha “ ed  il segretario nazionale UCSI e tesoriere dell’Ordine dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, Salvo Di Salvo, nel constatare come i social media, alla portata di tutti, diffondono notizie, e non sempre vere e circostanziate, sollecitano la responsabilità del giornalista che racconta la verità “con lo stile sapiente della carità”.

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Cultura

Il messaggio della 57°  Giornata delle Comunicazioni

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“Parlare col cuore e farlo con mitezza”

 

E’ stato illuminante l’intervento del giornalista Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della CEI, il quale ha evidenziato come il tema proposto conclude la trilogia dei verbi, scandita dagli ultimi tre messaggi annuali: Andare e vedere (consumare le suole delle scarpe), Ascoltare con l’orecchio del cuore, Parlare  col cuore e farlo con mitezza”

Rileggendo i titoli dei dieci messaggi di Papa Francesco si ricostruisce il cammino della narrazione che diventa incontro, dialogo, messaggio di verità e di speranza per le famiglie, per la società, per la storia di ogni uomo, a servizio dell’intera comunità umana.

Nel messaggio del 2014  “Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro la sottolineatura del termine autentico, trova riscontro nell’esercizio della prossimità  ben descritto dalla parabola del “Buon samaritano” che  si ferma, scende, vede, ascolta  il dolore dell’uomo e parla col cuore agendo, fasciando le ferite, offrendo un servizio, rispondendo ad un bisogno, “secondo verità e carità”

Queste parole sollecitano l’impegno a disarmare il linguaggio e renderlo prossimo “col cuore”, centro pulsante della vita.

Il convegno è stato introdotto e moderato da Suor Cristina Beffa, delle Figlie di San Paolo, la quale, nel descrivere il percorso del Festival che quest’anno  ha come centro la diocesi di Catania, ha annunciato che  la prossima tappa sarà la diocesi di Tortona.

La prof. Gianna Maria Cappello, dell’Università di Palermo, presidente del MED – Associazione italiana per l’Educazione ai Media- ha messo in luce i rischi e le opportunità che la comunicazione in rete veicolata dai social-media producono per i giovani.  L’intento educativo è orientato a coltivare la consapevolezza, ed un’efficace relazione tra le persone,

La velocità della rete digitale sollecita creatività e alto senso civico, dando spazio anche all’Educazione civica che oggi comprende anche l’educazione digitale.

Il terzo intervento è stato affidato al prof. Massimiliano Padula, docente di “Scienze della comunicazione sociale” presso l’Istituto Pastorale Redemptor Hominis della Pontificia Università Lateranense, autore di testi come “Comunica il prossimo tuo-   Cultura digitale e prassi pastorale” e “Comunicare il bene”.

Il prossimo 60° anniversario del decreto conciliare  “Inter mirifica” –  4 dicembre 1963, ripropone  il tema della comunicazione tra le “meravigliose invenzioni tecniche del nostro tempo” e  sollecita un’attenta riflessione  affinché la comunicazione fatta col cuore risulti efficace e produttrice di bene.

La fecondità spirituale del messaggio cristiano si traduce in generatività umana , superando la dicotomia tra fede e cultura e nella prassi comunicativa di oggi dal tradizionale  ruolo di consumatori di notizie, con il digitale, oggi considerato “bene primario”,  ogni persona diventa fonte editoriale, produttore e distributore di notizie e messaggi.

Nel dibattito che è seguito alle relazioni sono stati evidenziati i temi della pastoralità e della catechesi, e sono stati ribaditi i principi della responsabilità e della formazione indispensabile per rispondere in maniera adeguata alle mutate prassi comunicative della società di oggi,

L’Arcivescovo, Mons Luigi Renna, a conclusione dell’incontro, esprimendo soddisfazione per la convergenze delle diversi arti comunicative che sono state presentate nel ricco programma del Festival:  convegni, libri, teatro, musica, arte ,cinema, solidarietà, citando l’espressione dei San Francesco di Sales , “Amare bene per dire bene” ha dettato la prassi operativa del buon comunicatore, capace di trasmettere messaggi e parole, pensate col cuore.

Giuseppe Adernò

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In Tendenza