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Il plasma iperimmune può essere una cura per il Covid-19?

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Gli ospedali di Mantova e Pavia non hanno decessi da circa un mese; in quelle aziende il Covid-19 si cura con la sieroterapia, attraverso le trasfusioni di plasma dei guariti; un servizio delle Iene, andato in onda ieri sera, ci racconta come il giornalista Alessandro Politi abbia sconfitto il Covid e come lui stesso, attraverso una semplice trasfusione di plasma, abbia aiutato altri pazienti positivi al Covid-19.

In Italia, in un sistema sanitario pieno di contraddizioni, vi sono piccole realtà che funzionano bene e che si pongono sempre degli interrogativi sul perché delle cose. E’ il caso del parassitologo molecolare Andrea Cristanti che facendo tamponi di massa a Vò Euganeo ha compreso che gli asintomatici sono fonte di contagio e andavano isolati.

E’ il caso degli ospedali degli ospedali San Matteo di Pavia e Carlo Poma di Mantova, dove da qualche settimana si sta sperimentando come attraverso la trasfusione della sola parte liquida del sangue, il plasma, e più precisamente il plasma iperimmune ricco di anticorpi specifici contro il coronavirus, perché proviente da persone guarite dal Covid-19, si possa far guarire altri pazienti contagiati dal Sars-CoV-2.

“La principale risposta che noi vogliamo osservare dopo l’infusione è la capacità migliorata del paziente di respirare” afferma il dottor Cesare Perotti, Direttore del Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del San Matteo di Pavia.

“Come sappiamo bene l’infezione da coronavirus attacca i polmoni, impedendo l’ossigenazione. I pazienti possono così morire soffocati. Ma con l’infusione di plasma iperimmune sembra che i polmoni tornino a respirare. Questo accade grazie al fatto che gli anticorpi, di cui il plasma iperimmune è ricco, vanno direttamente a uccidere il virus”, spiega il dottor Perotti nel servizio di Alessandro Politi e Marco Fubini. “In questo momento possiamo dire che l’utilizzo del plasma è l’unica terapia mirata”, aggiunge il dottor Giuseppe De Donno, Direttore della Pneumologia dell’ospedale Poma di Mantova. La maggior parte delle terapie usate oggi, infatti, sono mix di farmaci nati per curare altre malattie. L’utilizzo del plasma non è una cosa nuova, ma adesso si sta sperimentando per curare il Covid-19. E i risultati finora sembrano ottimi: su quasi 50 pazienti trattati, nessuno è morto.

 

Come funziona?

“Chi dona deve essere sano, guarito dal Covid e ad avere degli anticorpi neutralizzanti”, racconta il Direttore di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’azienda ospedaliera Carlo Poma di Mantova, Massimo  Franchini. “Si prelevano 600 ml di plasma, da cui si ricavano 2 dosi da 300 ml ciascuna. Il protocollo prevede 3 somministrazioni. Dopo la prima somministrazione c’è un monitoraggio clinico di laboratorio e nel caso di mancata risposta c’è la seconda somministrazione e così di seguito. A distanza di 48 ore l’una dall’altra. La compatibilità per il plasma viene fatta sul gruppo sanguigno”. Franchini spiega che il plasma ha un notevole livello di sicurezza virale ed è un prodotto assolutamente sicuro e rigoroso e va nei dettagli: “Se il vaccino, che non abbiamo, ti farebbe produrre gli anticorpi, questa che è un immunoterapia passiva trasferisce gli anticorpi dal guarito al malato. Il paziente non produce nulla e non crea nulla. Ma funziona per salvarlo”.

 

Approfondiamo un pò…

La plasmaferesi è una metodica molto utilizzata in terapia, nessuno la tiene segreta. Non vi è nessun complotto. Ma occorre dire che il plasma che necessita per questa pratica non è il plasma dei pazienti guariti ma di coloro i quali sono in stato di convalescenza, ovvero quei soggetti guariti da poco tempo e che quindi hanno ancora una produzione anticorpale attiva. Il titolo anticorpale si riduce nel tempo; per tale motivo i pazienti guariti non sono utilizzabili sempre, perché vi sarà un momento in cui la quantità di anticorpi presente è così bassa da essere inefficace verso un’infezione attiva. Peraltro per questo tipo di  terapia si utilizzano i soggetti iperimmuni, ossia coloro i quali posseggono un titolo anticorpale elevato.

Ogni quanto tempo si può donare?

Il numero massimo di donazioni di sangue intero, previsto dal D.M. 25/1/01 All. 1, è di 4 all’anno per l’uomo e di 2 per la donna in età fertile, con intervallo minimo di novanta giorni fra una donazione e l’altra. E’ prevista una periodicità diversa, regolamentata dalla vigente legge, per la donazione di emocomponenti (plasma, piastrine).

L’aferesi è una tecnica particolare di prelievo con la quale è possibile sottrarre uno o più emocomponenti, restituendo al donatore i componenti del sangue che non si intende raccogliere. In particolare, restituendo i globuli rossi possono essere sottratte maggiori quantità di plasma o di piastrine poiché l’organismo recupera con grande rapidità le perdite di plasma, di piastrine, di globuli bianchi. Per eseguire l’aferesi occorrono speciali attrezzature, i separatori cellulari, cui il donatore viene collegato in circolazione extracorporea. Il circuito per la circolazione extracorporea è sterile e monouso. La donazione di plasma in aferesi, plasmaferesi, ha una durata di circa 30 minuti, durante i quali vengono raccolti 550-650 millilitri di plasma; il donatore deve disporre di tutti i requisiti per l’idoneità al prelievo di sangue intero ma l’emoglobina può avere valori anche più bassi (11,5 g/dl nella donna e 12,5 g/dl nell’uomo); si possono donare fino a 10 litri di plasma all’anno e l’intervallo minimo tra due plasmaferesi è di 14 giorni (così come fra una donazione di plasma e una di sangue intero, mentre un mese fra sangue intero e plasma).

Il candidato donatore può cambiare idea prima di donare?

Certamente, egli può ritirarsi o rinviare la donazione per propria decisione in qualunque momento della procedura. Qualora insorgano dubbi il donatore, in ogni momento, può valutare con il medico prelevatore la propria idoneità alla donazione medesima.

Come agisce invece il vaccino?

Il vaccino è una preparazione artificiale costituita da agenti patogeni opportunamente trattati (morti/attenuati) o loro singoli componenti, in grado di fornire un ‘immunità acquisita.

Questi preparati permettono ai soggetti vaccinati di produrre anticorpi specifici, per cui all’atto del contatto con il patogeno l’organismo è già pronto per rispondere con efficacia ed evitare che si instauri un processo sintomatologico. Il vaccino quindi protegge dalla malattia.

In ultima analisi, la plasmaferesi può servire a trattare chi è già malato di coronavirus; per farla è necessario utilizzare il plasma di soggetti iperimmuni, ossia coloro i quali posseggono un titolo anticorpale elevato. La pratica vaccinale serve, invece, a prevenire la malattia. Chissà cosa ne pensano i no vax?

In Italia, inoltre, non vi è una ben radicata cultura della donazione di sangue ed emoderivati che, generalmente, non bastano al comune fabbisogno. Mi chiedo dunque come si possa pensare di avere “scoperto una metodica curativa”, già peraltro conosciuta, insufficiente nel comune utilizzo.

Tutti ci auguriamo di trovare una cura definitiva che possa servire a curare ed una che possa servire a prevenire il contagio della malattia (vaccino). Ma per farlo occorre tempo, occorre ricerca accurata, occorre sperimentazione, come quella in atto a Pavia e Mantova.

Cultura

Festa della Repubblica all’insegna della solidarietà

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La solidarietà è “un valore iscritto anche tra i primi articoli della nostra Costituzione che, nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili della persona, richiama il dovere di solidarietà politica, economica, sociale”. “Un valore che riveste carattere universale, rivolto all’intera comunità umana, e che la nostra Carta fondativa ha fatto proprio”. Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio in occasione della Festa della Repubblica ricordando le popolazioni  dell’ Emilia Romagna colpite dall’alluvione e dal fango.

Anche il Ministro della Protezione Civile e delle politiche del mare, Sen. Nello Musumeci, in Piazza Università, insieme al Prefetto, Maria Carmela Librizzi, ha ribadito il valore della Repubblica nel 77° anniversario e i principi sanciti dalla Carta Costituzionale che compie 75 anni dall’entrata in vigore.

Con una spiccata sensibilità pedagogica il Prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi, ha voluto rendere gli studenti protagonisti dell’evento.

 Giorno 1 giugno gli studenti del Conservatorio musicale hanno eseguito un saggio musicale ed hanno consegnato le Onorificenze dell’Ordine al Merito della Repubblica a 2 neo Insigniti del titolo di “Ufficiale” e  a 10 nuovi “Cavalieri della Repubblica”.

Giorno 2 giugno, la cerimonia della Festa della Repubblica si è svolta in piazza Università e dopo il Messaggio del Presidente della Repubblica, il saluto del Prefetto e del Ministro Sen. Nello Musumeci, gli studenti del Liceo “Secusio” di Caltagirone hanno presentato un lodevole progetto premiato al Senato il 30 maggio sulle “Madri della Costituzione”  ricordando anche le due donne siciliane che hanno fatto parte dell’Assemblea Costituente:  Ottavia Penna Buscemi di Caltagirone e Maria Nicotra Fiorini di Catania.

Come già lo scorso, sono stati protagonisti  25 “Ragazzi sindaci”  della provincia etnea e alcuni di loro  hanno consegnato ai  10 familiari dei deportati e internati nei campi di lavoro durante il secondo conflitto mondiale le medaglie di riconoscimento.

Al termine della cerimonia i Ragazzi Sindaci si sono incontrati con l’Arcivescovo Mons Luigi Renna e con il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale, Emilio Grasso, i quali hanno molto apprezzato l’impegno civico dei ragazzi nell’esercizio della democrazia e della partecipazione attiva nella scuola- piccola città.

Giuseppe Adernò

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Cinema

La lezione di Martin Scorsese

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Oggi per fare film “c’è un’enorme ricchezza. Il vecchio cinema e l’andare a vedere un film sul grande schermo possono essere in via d’estinzione, come tutti sappiamo ma c’è anche un nuovo mondo aperto, e questo è entusiasmante, grazie alle nuove tecnologie.

Oggi tutti possono girare un film, ma proprio questa maggiore libertà può rendere per voi le cose più difficili”. Parola di Martin Scorsese, protagonista ieri in una masterclass con gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma (poi visto a ingresso libero in mattinata alla Casa del Cinema), uno degli appuntamenti del suo soggiorno romano, che comprende stasera un altro incontro alla Casa del Cinema per inaugurare con Mean Streets il programma della rassegna “Carta bianca” che il regista ha curato ad hoc.

    Nella conversazione con gli studenti, Scorsese si è soffermato sulla sua formazione da regista e su come è nata la sua passione per il cinema passata per Hollywood, il neorealismo (“Il cinema che sentivo più vicino”) e le nouvelle vague degli anni ’60: “Per fare film devi capire dove sei nella vita e come ci sei arrivato. Il mondo per come è oggi ti obbliga a non vivere in un vuoto. Bisogna acquisire conoscenza e consapevolezza dei maestri e anche di quelli che non lo sono stati. Studiare attraverso loro elementi come la composizione, struttura, la lingua, il colore, o assenza di colore. I maestri ti aiutano a trovare te stesso ma questo non vuol dire imitarli, Spesso si impara dai maestri solo per metterli via. Bisogna trovare la propria voce. Poi più avanti magari quei maestri li vai a riscoprire. A me ad esempio è successo con Ozu”. Il cinema “nasce da quello che permetti di vedere allo spettatore nell’inquadratura che hai scelto, dal mostrare al pubblico cosa guardare e come”.
Come regista “non so se scoprire un personaggio è qualcosa che so fare o posso guidare un attore a farlo. Con De Niro ad esempio per Mean Streets parlavamo a stento, perché ci conosciamo da quando avevamo 16 anni, e lui conosceva come me il quartiere e le persone di cui parlavamo. E’ l’unico ancora in vita che conosce il mondo da cui vengo”. Anche per Taxi driver “è stato così. In quel personaggio, la solitudine, il senso di paranoia, il venire isolato era qualcosa che conoscevamo e provavamo, come quella rabbia che schiuma dentro. Non c’era granché di cui parlare”. Per Toro scatenato, “abbiamo chiesto a Paul Schrader di scrivere la sceneggiatura, poi De Niro mi ha portato su un’isola, anche se io da newyorchese odio la sabbia e le spiagge, mentre lui le ama. Ci siamo stati due settimane e mezzo e abbiamo costruito, mettendolo in scena, tutto il film”.
  Il regista prova una sintonia simile anche con attori come Ellen Burstyn, Daniel Day Lewis e ora con Leonardo DiCaprio.
“Lavoro con lui perché ha lo stesso mio interesse nelle domande sulla condizione umana anche se ha 30 anni meno di me. Ho imparato da The aviator che non ha paura di andare (emotivamente) in certi posti, non ha la paura di essere respinto dagli spettatori”. Il lavoro con gli attori “è come un organismo vivo che cresce e si sviluppa ogni giorno e mi piace essere come il pubblico per i miei attori”.
Oggi, conclude Scorsese, “spero che il pubblico continui a vedere in me il tentativo di voler studiare cos’è un essere umano, mi auguro che questo arrivi e tocchi l’animo, da The Irishman a Hugo Cabret, un film che ho fatto per mia figlia Francesca quando aveva 10 anni”. In occasione della sua visita al Centro Sperimentale, c’è stata anche per alcuni allievi del corso di sceneggiatura, la possibilità offerta in esclusiva da Hollywood Reporter Roma, di raccontare l’incontro condotto dal presidente della Fondazione Cinema per Roma Gianluca Farinelli: il risultato è uno script, o meglio una chat di gruppo, pubblicata sulla testata, che ripercorre racconti e consigli, aneddoti e suggestioni. (ANSA).

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Cinema

Ecco tutti i vincitori dei David di Donatello

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Le otto montagne di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch è il miglior film della 68° edizione dei Premi David di Donatello. «Un viaggio incredibile. Perché due belgi fanno un film italiano in italiano sulle Alpi? Una storia e un libro incredibile», ha detto il regista dal palco degli studi Cinecittà Lumina. Ad annunciare il vincitore della statuetta più ambita è stata Piera Detassis, presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano. In programma nella scaletta c’erano 25 premi divisi per varie categorie, senza contare i David alla Carriera a Marina Cicogna e i David Speciali consegnati a Isabella Rossellini e Enrico Vanzina. Carlo Conti ha aperto la cerimonia citando le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Il cinema è tutti noi».

Marco Bellocchio miglior regista per «Esterno notte»

A vincere il David di Donatello 2023 come miglior regista è Marco Bellocchio per Esterno Notte. «Non me lo aspettavo, però lo accetto. Quando si diventa vecchi non bisogna fermarsi», ha detto sul palco.

Barbara Ronchi e Fabrizio Gifuni migliori attori protagonisti

Il premio come migliore attrice protagonista è invece andato a Barbara Ronchi per Settembre, che ha battuto Margherita Buy per Effetto notte e Penelope Cruz con L’immensità. «Non so se ridere o piangere. Dedico il premio a due uomini che illuminano la mia vita, se brillo è grazie a loro: Alessandro e Giovanni, che è a casa. Amore, mamma ha vinto il David!», ha detto Ronchi. Miglior attore protagonista anche Fabrizio Gifuni per Esterno notte di Marco Bellocchio in cui interpreta Aldo Moro. «Ringrazio la mia lentezza e la mia fragilità in questi tempi così decadenti», ha affermato dagli studi Cinecittà Lumina.

Emanuela Fanelli miglior attrice non protagonista

Il David di Donatello 2023 per la miglior attrice non protagonista è andato a Emanuela Fanelli per il film Siccità di Paolo Virzì. L’attrice incredula è salita sul palco per i ringraziamenti di rito: «Grazie a Paolo perché mi ha guardato e in questa mestiere bellissimo bisogna essere visti. Non so come abbia fatto a vedere lo sketch in cui prendevo in giro la periferia romana». Classe 1986, romana e comica amatissima, Fanelli ha dedicato il premio alle «persone che amo: mamma e papà, mia sorella gli amici che stanno sul divano e hanno fatto le magliette Fanelli di Donatello. Sembro il prete di Viaggi di nozze, ora me ne vado». Poi la battuta: «Mi è sembrato di esordire in Champions League con voi, non so perché ho usato questa metafora visto che non capisco di calcio», ha detto l’attrice riferendosi alla semifinale disputata questa sera, mercoledì 10 maggio, tra Milan e Inter e conclusasi con la vittoria dei neroazzurri per 0 a 2. A vincere tra gli attori non protagonisti, anche Francesco Di Leva per il film Nostalgia di Mario Martone. «Non sapete ma qui ne state premiando due: non avrei vinto senza Pierfrancesco Favino», ha detto Di Leva.

Elodie vince il premio per la miglior canzone

La migliore canzone a vincere il David di Donatello 2023 è Proiettili (ti mangio il cuore) di Joan Thiele, Elisa Toffoli ed Emanuele Triglia, scritta e interpretata da Elodie e Joan Thiele. «Sono felice io non vinco mai», ha detto la cantante romana che è anche interprete nel film Ti mangio il cuore del regista Pippo Mezzapesa.

Migliore regista esordiente: Giulia Louise Steigerwalt

Giulia Louise Steigerwalt vince la statuetta per la migliore regista esordiente per il film Settembre con Barbara Ronchi, Fabrizio Bentivoglio e Thony.

Fotografia a Impens per «Le otto Montagne» e montaggio a Calvelli per «Esterno Notte»

Miglior direttore della fotografia Rubén Impens per Le otto montagne diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Mentre il David di Donatello per il miglior montaggio va a Francesca Calvelli per Esterno notte con la collaborazione di Claudio Misantoni.

«Il Cerchio» miglior documentario

Il premio per il miglior documentario va a Il cerchio di Sophie Chiarello: «Lo dedico ai bambini che possano trovare il loro cerchio che li accoglie», ha detto la regista.

Andò, Chitine e Gaudiosi la miglior sceneggiatura per «La stranezza»

La statuetta per la miglior sceneggiatura va a Roberto Andò con Ugo Chitine e Massimo Gaudioso per La Stranezza, film con Ficarra e Picone e Toni Servillo nei ruolo di Luigi Pirandello.

Premio per la scenografia e i costumi

Entrambi i David di Donatello vanno al film di Roberto Andò, La stranezza. In particolare, Giada Calabria per l’arredamento e Loredana Raffi. Mentre Maria Rita Barbera vince la statuetta per i migliori costumi.

Bollani miglior compositore e Iacoponi vince per il miglior trucco

Il David come miglior compositore è di Stefano Bollani per il film Il pataffio di Francesco Lagi. «La mia prima candidatura, entro nella famiglia del cinema», ha detto. Enrico Iacoponi vince, invece, il miglior trucco per la pellicola di Marco Bellocchio, Esterno Notte.

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