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Cinema

Quell’Ora “legale”, che tutti vorremmo

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Li avevamo lasciati alla loro quarta regia in “Andiamo a quel paese” con quella immagine immobile del politico defunto al quale rivolgevano l’indimenticabile frase: “La vera politica non muore mai”.

Li troviamo adesso sulla scala a modificare le lancette dell’orologio del loro chiosco abusivo. Per 8 settimane a Termini Imerese, tra una pausa e l’altra, al microfono di Salvo Toscano, Ficarra disse, parlando del film in preparazione: “la storia inizia quando entra l’ora legale e finisce quando torna l’ora solare”.

Ne “L’ora legale” adesso in sala, si ride e ci si diverte nella perfetta tradizione del duo comico palermitano; ma spesso si sorride nelle scene in cui vi è una sorta di retrogusto amaro nei dialoghi e nelle immagini intrise di tristi verità sul quotidiano malessere di quei cittadini del sud che vivono nella precarietà e spesso nell’illegalità.

E così non mancano scene di vita quotidiana come le macchine in doppia fila, gli irremovibili parcheggiatori abusivi, i cassonetti dell’immondizia stracolma e i rifiuti sparsi per strada. Ma su tutti l’assenza di controlli e legalità in cui Ficarra e Picone, già dall’esordio con “Nati stanchi” incarnavano il cittadino medio che ricorre spesso all’arma della lamentela per sopravvivere e non lavorare.

In questo film i due ci comunicano a chiare lettere quel vecchio detto: “Megghiu ù tintu canusciutu ca u bonu à canusciri; (È meglio un cattivo conosciuto, piuttosto che un buono sconosciuto). Salvo Ficarra e Valentino Picone ormai da vent’anni insieme, puoi incontrarli per strada o in un ristorante con le loro famiglie, perchè prima sono amici veri e poi colleghi e compagni di lavoro.

Si affrettano a fare uscire nelle sale italiane il loro quinto film da autori; Antonio Ricci, il patron del più famoso tg satirico, con uno share che oscilla, con i golden boy siciliani, tra il 28 e il 30%, dal 6 febbraio li vuole ancora una volta a Striscia la Notizia. Nel film il paese è Pietrammare, qui arriva puntuale, come l’ora legale, il momento delle elezioni per eleggere il nuovo sindaco. Si fronteggiano Gaetano Patanè, l’uscente, machiavellico e spietato pur di avere consensi, e, per la prima volta Pierpaolo Natoli, un professore cinquantenne, sostenuto da una lista civica e da uno sparuto gruppo di attivisti, tra questi Valentino. Al di là della rivalità, però, entrambi mirano allo stesso obiettivo che cambierebbe la loro vita: un gazebo diverso per aumentare gli incassi di quel misero chiosco di bibite nella piazza principale del paese.

Pierpaolo Natoli verrà eletto e con lui verrà arriverà un’ondata di legalità. Ma gli abitanti del paese saranno pronti? Ficarra e Picone giurano di non avere fatto un film politico, ma i riferimenti alla situazione attuale del nostro paese sono tanti. Il duo, si sa, batte il ciak solo quando c’è una storia da raccontare, e qui in realtà ce ne sono tante; va in scena una Italia che si alza la mattina presto per andare a lavorare e cercare di sbarcare il lunario.

Nei loro film la figura del prete è sempre presente. C’è un strepitoso Leo Gullotta che veste i panni del parroco di Petrammare, convinto sostenitore del cambiamento e poi grande oppositore del sindaco nel momento in cui gli impone di pagare l’IMU sulla canonica trasformata in albergo.

C’è la rivolta dei vigili urbani, quelli più interessati dall’onda della legalità. Con un Antonio Catania, che “copre” i suoi colleghi assenteisti e dice la frase “io in vita mia le multe non le ho mai fatte , le ho sempre tolte”. E quando il popolo di quel paese è turbato da quella ventata di onestà, arriva l’inaspettata visita di un inviato del ministro da Roma, lui è Alessandro Roja, che dice: “li capi miei stanno a sbroccà”, nel vano tentativo di ristabilire un ordine/disordine precostituito.

Ficarra e Picone dunque si riconfermano giusti eredi di una comicità passata, che affonda le origini in quel duo straordinario che fu Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, o Olio e Stanlio. E’ bello ammirarli per le diverse iniziative sul fronte della legalità; è loro una delle storie contenute nell’ app NOma, che sta per Nomafia o sui gesti di solidarietà a favore dell’ospedale dei bambini di Palermo.

E poi c’è la la coralità di artisti coinvolti nel film: Leo Gullotta, Sergio Friscia, Tony Sperandeo, Antonio Catania, Vincenzo Amato, Eleonora De Luca, Francesco Benigno, Ersilia Bonanno, Alessia D’anna, Paride Benassai, Gaetano Bruno. (Pubblicato su I Love Sicilia – Anno 14 n. 125 – 2017.

Cinema

La lezione di Martin Scorsese

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Oggi per fare film “c’è un’enorme ricchezza. Il vecchio cinema e l’andare a vedere un film sul grande schermo possono essere in via d’estinzione, come tutti sappiamo ma c’è anche un nuovo mondo aperto, e questo è entusiasmante, grazie alle nuove tecnologie.

Oggi tutti possono girare un film, ma proprio questa maggiore libertà può rendere per voi le cose più difficili”. Parola di Martin Scorsese, protagonista ieri in una masterclass con gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma (poi visto a ingresso libero in mattinata alla Casa del Cinema), uno degli appuntamenti del suo soggiorno romano, che comprende stasera un altro incontro alla Casa del Cinema per inaugurare con Mean Streets il programma della rassegna “Carta bianca” che il regista ha curato ad hoc.

    Nella conversazione con gli studenti, Scorsese si è soffermato sulla sua formazione da regista e su come è nata la sua passione per il cinema passata per Hollywood, il neorealismo (“Il cinema che sentivo più vicino”) e le nouvelle vague degli anni ’60: “Per fare film devi capire dove sei nella vita e come ci sei arrivato. Il mondo per come è oggi ti obbliga a non vivere in un vuoto. Bisogna acquisire conoscenza e consapevolezza dei maestri e anche di quelli che non lo sono stati. Studiare attraverso loro elementi come la composizione, struttura, la lingua, il colore, o assenza di colore. I maestri ti aiutano a trovare te stesso ma questo non vuol dire imitarli, Spesso si impara dai maestri solo per metterli via. Bisogna trovare la propria voce. Poi più avanti magari quei maestri li vai a riscoprire. A me ad esempio è successo con Ozu”. Il cinema “nasce da quello che permetti di vedere allo spettatore nell’inquadratura che hai scelto, dal mostrare al pubblico cosa guardare e come”.
Come regista “non so se scoprire un personaggio è qualcosa che so fare o posso guidare un attore a farlo. Con De Niro ad esempio per Mean Streets parlavamo a stento, perché ci conosciamo da quando avevamo 16 anni, e lui conosceva come me il quartiere e le persone di cui parlavamo. E’ l’unico ancora in vita che conosce il mondo da cui vengo”. Anche per Taxi driver “è stato così. In quel personaggio, la solitudine, il senso di paranoia, il venire isolato era qualcosa che conoscevamo e provavamo, come quella rabbia che schiuma dentro. Non c’era granché di cui parlare”. Per Toro scatenato, “abbiamo chiesto a Paul Schrader di scrivere la sceneggiatura, poi De Niro mi ha portato su un’isola, anche se io da newyorchese odio la sabbia e le spiagge, mentre lui le ama. Ci siamo stati due settimane e mezzo e abbiamo costruito, mettendolo in scena, tutto il film”.
  Il regista prova una sintonia simile anche con attori come Ellen Burstyn, Daniel Day Lewis e ora con Leonardo DiCaprio.
“Lavoro con lui perché ha lo stesso mio interesse nelle domande sulla condizione umana anche se ha 30 anni meno di me. Ho imparato da The aviator che non ha paura di andare (emotivamente) in certi posti, non ha la paura di essere respinto dagli spettatori”. Il lavoro con gli attori “è come un organismo vivo che cresce e si sviluppa ogni giorno e mi piace essere come il pubblico per i miei attori”.
Oggi, conclude Scorsese, “spero che il pubblico continui a vedere in me il tentativo di voler studiare cos’è un essere umano, mi auguro che questo arrivi e tocchi l’animo, da The Irishman a Hugo Cabret, un film che ho fatto per mia figlia Francesca quando aveva 10 anni”. In occasione della sua visita al Centro Sperimentale, c’è stata anche per alcuni allievi del corso di sceneggiatura, la possibilità offerta in esclusiva da Hollywood Reporter Roma, di raccontare l’incontro condotto dal presidente della Fondazione Cinema per Roma Gianluca Farinelli: il risultato è uno script, o meglio una chat di gruppo, pubblicata sulla testata, che ripercorre racconti e consigli, aneddoti e suggestioni. (ANSA).

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Cinema

Ecco tutti i vincitori dei David di Donatello

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Le otto montagne di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch è il miglior film della 68° edizione dei Premi David di Donatello. «Un viaggio incredibile. Perché due belgi fanno un film italiano in italiano sulle Alpi? Una storia e un libro incredibile», ha detto il regista dal palco degli studi Cinecittà Lumina. Ad annunciare il vincitore della statuetta più ambita è stata Piera Detassis, presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano. In programma nella scaletta c’erano 25 premi divisi per varie categorie, senza contare i David alla Carriera a Marina Cicogna e i David Speciali consegnati a Isabella Rossellini e Enrico Vanzina. Carlo Conti ha aperto la cerimonia citando le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Il cinema è tutti noi».

Marco Bellocchio miglior regista per «Esterno notte»

A vincere il David di Donatello 2023 come miglior regista è Marco Bellocchio per Esterno Notte. «Non me lo aspettavo, però lo accetto. Quando si diventa vecchi non bisogna fermarsi», ha detto sul palco.

Barbara Ronchi e Fabrizio Gifuni migliori attori protagonisti

Il premio come migliore attrice protagonista è invece andato a Barbara Ronchi per Settembre, che ha battuto Margherita Buy per Effetto notte e Penelope Cruz con L’immensità. «Non so se ridere o piangere. Dedico il premio a due uomini che illuminano la mia vita, se brillo è grazie a loro: Alessandro e Giovanni, che è a casa. Amore, mamma ha vinto il David!», ha detto Ronchi. Miglior attore protagonista anche Fabrizio Gifuni per Esterno notte di Marco Bellocchio in cui interpreta Aldo Moro. «Ringrazio la mia lentezza e la mia fragilità in questi tempi così decadenti», ha affermato dagli studi Cinecittà Lumina.

Emanuela Fanelli miglior attrice non protagonista

Il David di Donatello 2023 per la miglior attrice non protagonista è andato a Emanuela Fanelli per il film Siccità di Paolo Virzì. L’attrice incredula è salita sul palco per i ringraziamenti di rito: «Grazie a Paolo perché mi ha guardato e in questa mestiere bellissimo bisogna essere visti. Non so come abbia fatto a vedere lo sketch in cui prendevo in giro la periferia romana». Classe 1986, romana e comica amatissima, Fanelli ha dedicato il premio alle «persone che amo: mamma e papà, mia sorella gli amici che stanno sul divano e hanno fatto le magliette Fanelli di Donatello. Sembro il prete di Viaggi di nozze, ora me ne vado». Poi la battuta: «Mi è sembrato di esordire in Champions League con voi, non so perché ho usato questa metafora visto che non capisco di calcio», ha detto l’attrice riferendosi alla semifinale disputata questa sera, mercoledì 10 maggio, tra Milan e Inter e conclusasi con la vittoria dei neroazzurri per 0 a 2. A vincere tra gli attori non protagonisti, anche Francesco Di Leva per il film Nostalgia di Mario Martone. «Non sapete ma qui ne state premiando due: non avrei vinto senza Pierfrancesco Favino», ha detto Di Leva.

Elodie vince il premio per la miglior canzone

La migliore canzone a vincere il David di Donatello 2023 è Proiettili (ti mangio il cuore) di Joan Thiele, Elisa Toffoli ed Emanuele Triglia, scritta e interpretata da Elodie e Joan Thiele. «Sono felice io non vinco mai», ha detto la cantante romana che è anche interprete nel film Ti mangio il cuore del regista Pippo Mezzapesa.

Migliore regista esordiente: Giulia Louise Steigerwalt

Giulia Louise Steigerwalt vince la statuetta per la migliore regista esordiente per il film Settembre con Barbara Ronchi, Fabrizio Bentivoglio e Thony.

Fotografia a Impens per «Le otto Montagne» e montaggio a Calvelli per «Esterno Notte»

Miglior direttore della fotografia Rubén Impens per Le otto montagne diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Mentre il David di Donatello per il miglior montaggio va a Francesca Calvelli per Esterno notte con la collaborazione di Claudio Misantoni.

«Il Cerchio» miglior documentario

Il premio per il miglior documentario va a Il cerchio di Sophie Chiarello: «Lo dedico ai bambini che possano trovare il loro cerchio che li accoglie», ha detto la regista.

Andò, Chitine e Gaudiosi la miglior sceneggiatura per «La stranezza»

La statuetta per la miglior sceneggiatura va a Roberto Andò con Ugo Chitine e Massimo Gaudioso per La Stranezza, film con Ficarra e Picone e Toni Servillo nei ruolo di Luigi Pirandello.

Premio per la scenografia e i costumi

Entrambi i David di Donatello vanno al film di Roberto Andò, La stranezza. In particolare, Giada Calabria per l’arredamento e Loredana Raffi. Mentre Maria Rita Barbera vince la statuetta per i migliori costumi.

Bollani miglior compositore e Iacoponi vince per il miglior trucco

Il David come miglior compositore è di Stefano Bollani per il film Il pataffio di Francesco Lagi. «La mia prima candidatura, entro nella famiglia del cinema», ha detto. Enrico Iacoponi vince, invece, il miglior trucco per la pellicola di Marco Bellocchio, Esterno Notte.

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Debutta in prima serata il film: “Favolacce”

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La grottesca meschinità degli adulti, egoisti e disattenti e la visione del mondo più ordinata e complessa dei loro figli: due mondi contigui destinati a incontrarsi solo in maniera deflagrante e terribile.

È il film “Favolacce”, di Damiano e Fabio D’Innocenzo, in onda lunedì 17 aprile 2023 alle 21.15 su Rai5. Nel cast Elio Germano, Tommaso Di Cola, Lino Musella, Ileana D’Ambra, Cristina Pellegrino, Giulia Melillo, Laura Borgioli, Enrico Pittari, Federico Majorana, Giulia Galiani.

In un comprensorio della periferia romana vivono diverse famiglie di estrazione popolare, legate fra loro anche dall’amicizia dei loro figli che frequentano la stessa scuola. Ma i rapporti fra gli adulti, al di là di una esile convenienza, sono intrisi di invidia e livore.

Favolacce e i ragazzi

Proprio a scuola i ragazzi apprendono come fabbricare una bomba artigianale, grazie a un insegnante che trasmette loro, involontariamente, le nozioni necessarie a mettere insieme l’ordigno. La reazione delle famiglie, pur stordite e disattente, provoca il licenziamento del docente che, prima di lasciare l’istituto, indurrà i suoi alunni a un’atroce vendetta.

Al Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2020, il film – prodotto da Pepito Produzioni, Rai Cinema, Vision Distribution, Amka Film Production, Qmi – ha vinto l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura.

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