InSalute (Dott.E.Alagna)
Promuoviamo la campagna social #IoRestoACasa
Sono un giovane medico al quarto ed ultimo anno di formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva presso l’Università degli Studi di Palermo.
Questo è il messaggio che va fatto arrivare ai disobbedienti, a coloro i quali hanno smarrito il senso di collettività e mettono in campo atteggiamenti egoistici tesi a premiare le loro normali abitudini: spieghiamo così l’IMPORTANZA del RESTARE A CASA.
Visto (da alcune immagini che circolano in rete) che ad alcuni nostri conterranei non è perfettamente chiaro il contenuto del Dpcm, firmato qualche ora fa dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, provo a spiegarvelo in maniera più elementare, attraverso l’utilizzo di un grafico importantissimo (pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases e condiviso dai Centers for Disease Control and Prevention statunitensi) che disegna l’ANDAMENTO DI UNA POSSIBILE EPIDEMIA in due condizioni.
Il grafico in sostanza mostra l’efficacia delle misure di isolamento sociale sul contenimento dell’epidemia. La curva arancione rappresenta il numero di contagi nel tempo che si avrebbero se il virus fosse lasciato libero di circolare, senza che prendessimo nessuna precauzione: Sars-Cov-2, per esempio, si diffonderebbe molto velocemente contagiando in poco tempo un grandissimo numero di persone.
La curva azzurra, invece, rappresenta l’ipotetico andamento dell’epidemia in presenza di misure di contenimento dell’infezione, misure come quelle che sono state attuate a Wuhan e in parte anche qui in Italia. In queste condizioni l’epidemia rallenta: il numero di contagi si distribuisce su un arco di tempo più lungo e il picco epidemico rimane molto più basso rispetto alla condizione senza misure di contenimento.
La differenza, insomma, è notevole;
Lo scenario della curva azzurra per gli esperti è senza dubbio più auspicabile. Ma perché prolungare l’epidemia sarebbe meglio? Non sarebbe più conveniente lasciarsela alle spalle prima? Non si rischia altrimenti di far ammalare più persone?
Le risposte stanno tutte in quella linea rossa tratteggiata sul grafico, che indica la capacità di risposta dei sistemi sanitari nazionali e cioè la disponibilità di posti letto (soprattutto nelle terapie intensive, che in Italia sono circa 5mila) e di personale sanitario.
Non si tratta del numero assoluto dei contagi nell’arco di tutta l’epidemia, ma della loro distribuzione nel tempo.
Se tantissime persone si ammalassero e avessero bisogno di assistenza medica contemporaneamente, il sistema sanitario non ce la farebbe ad assistere tutti (finirebbero i posti letto, non ci sarebbero operatori sufficienti a prendersi cura dei pazienti) e ci sarebbero potenzialmente più morti.
Attuando, dunque, con buon senso e responsabilità le raccomandazioni ministeriali, evitando CATEGORICAMENTE gli assembramenti, è possibile rallentare la diffusione del virus dando a chi inevitabilmente si ammalerà maggiori chance di essere curato al meglio.
Il quadro italiano che immagino, dipinto su di una tela, lo vedo come uno Stato-paziente intubato, attaccato al respiratore, sinonimo di una società dispnoica, in evidente insufficienza respiratoria, la cui causa primaria è il virus della strafottenza.
Ciascuno ha l’obbligo civico di assumersi la propria responsabilità: decisori politici, cittadini, TUTTI!
OGNUNO E’ CHIAMATO A FARE LA SUA PARTE!
VI PREGHIAMO DI RESTARE A CASA
(Fonte: CDC – Gimbe)
Eventi
Uno spazio amico per le simultaneous care
Uno spazio amico per le simultaneous care, domani congneo Samot a Catania
Si terrà domani mattina 21 Maggio 2022, a partire dalle ore 08:30 presso la Sala Convegni “CAST” dell’Azienda Ospedaliero–Universitaria “Policlinico G. Rodolico – San Marco” di Catania in Via S. Sofia n.78 (Edificio 8), la presentazione del progetto dell’Associazione S.A.M.O.T. Catania ONLUS dal titolo “Uno Spazio Amico per le Simultaneous Care”; finanziato dall’Avviso Pubblico n.1/2021 del Ministero del Lavoro e delle Poli0che Sociali in relazione alle attività di assistenza psicologica, psicosociologica o sanitaria in tutte le forme a favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie.
I saluti
Dopo i saluti istituzionali, aprirà i lavori del Convegno – moderato dal Giornalista Nuccio Sciacca – il Dott. Giulio Mellini con l’intervento dal titolo “Il modello delle cure palliative domiciliari della S.A.M.O.T. Catania Onlus”, al quale seguirà la presentazione generale dell’iniziativa progettuale da parte del Dott. William Di Noto.
Seguiranno gli interventi del Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Onco–ematologia Pediatrica del Policlinico di Catania la Prof.ssa Giovanna Russo (Il bambino con malattia emato– oncologica: una complessa realtà assistenziale) e del Dirigente Medico Pediatra Dott.ssa Milena La Spina (La continuità assistenziale e il miglioramento della qualità̀ di vita nel bambino con malattia emato–oncologica).
Il progetto
Il progetto formativo e l’impianto di ricerca saranno illustrati dal Dirigente dell’Unità Operativa Complessa “Servizio di Psicologia” dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, Dott. Angelo Bonaventura; durante il Convegno, saranno letti alcuni brani dalla Direttrice Elisa Di Dio dell’Associazione Culturale l’Arpa di Enna.
I lavori
I lavori del Convegno si concluderanno con la Tavola rotonda con il confronto fra i partner del progetto allo scopo di approfondire le modalità di miglioramento delle condizioni di tutela della salute dei bambini affetti da malattia oncologica residen0 nel territorio regionale siciliano ed il benessere dei loro nuclei familiari e con l’obiettivo di rafforzare le competenze is0tuzionali delle strutture che operano in ambito oncologico–pediatrico, sviluppando specifiche e coerenti attività di cura, trattamento e riabilitazione secondo l’approccio metodologico innovativo delle Simultaneous Care
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7000 litri di benzina necessari per affrontare la transoceanica Atlantica
In Evidenza
Politica rispetto a gestione Covid-19 ha tempi anacronistici
E’ arrivato il momento di fare un’analisi, e di tirare un pò le somme sull’emergenza sanitaria in atto, non tralasciando gli errori commessi all’inizio della pandemia, provando a tracciare le linee guida per gli scenari futuri.
“Numeri alla mano, il numero dei ricoverati in terapia intensiva in Italia sembrerebbe essersi stabilizzato rispetto a due settimane fa”. Lo ha affermato l’infettivologo genovese Matteo Bassetti; un dato che deve far ben sperare. Sugli ospedali italiani, ed in particolare sulle terapie intensive c’è meno pressione e anche se continuano in qualche modo a crescere i contagi, noi dobbiamo pensare alla variante Omicron in maniera diversa. Perché tanti casi non portano oggi a tanti ricoveri come accadeva con la variante Delta e le precedenti, che hanno asfaltato la popolazione italiana e sfibrato i camici bianchi.
Come detto in precedenza stiamo entrando in una nuova fase: altri Paesi, come l’Inghilterra, gli Stati Uniti e il nord Europa, hanno già vissuto la fase che ci prepariamo ad affrontare. È arrivato il momento di convivere con questo virus, di provare a cambiare le regole di convivenza che non possono essere quelle che avevamo un anno fa. E’ arrivato il momento di cambiare passo, oggi la situazione è molto diversa non solo perché abbiamo una variante nuova, ma soprattutto perché abbiamo una popolazione protetta al 90% da questo virus. L’Italia rientra tra le popolazioni più vaccinate al mondo; dobbiamo affrontare l’epidemia in modo diverso.
Oggi abbiamo una popolazione ampiamente vaccinata, e quindi protetta dalle forme gravi. Dobbiamo considerare diverse anche le “morti di covid”; ovvero se uno entra in ospedale perché, per esempio, si è rotto una gamba, perché ha un problema al cuore, perché deve fare una dialisi, e lo si trovasse positivo e per l’evoluzione della sua malattia muore, in realtà il decesso non può e non deve essere associato al Covid. Oggi ci troviamo in una fase diversa in cui dobbiamo mutare le modalità con cui classifichiamo le persone con il Covid.
Sottolineamo ancora di più l’importanza della vaccinazione, in quasi tutte le regioni dello stivale, i dati dei ricoveri nelle terapie intensive ci dicono che il 95% riguardano soggetti non vaccinati: i veri malati con la polmonite da Covid, sono soggetti non vaccinati. E soprattutto sono nella fascia che va dai 50 ai 60 anni d’età. Sono soggetti che arrivano in ospedale con una forma molto grave e purtroppo possono finire in terapia intensiva. La vaccinazione che piaccia o no dà una protezione nei confronti della malattia grave e ci mette con le tre dosi praticamente al sicuro.
In molti mi chiedono quanto tempo ancora ci resta di questo periodo emergenziale e quanto manca, soprattutto, alla fine dell’incubo.
Nessuno ha la sfera di cristallo, ed è difficile anche fare una proiezione nel tempo di come il virus possa evolvere; di certo non va dimenticato che si tratta di un virus ad RNA e per questo è mutevole più degli altri. Dobbiamo però fare in modo che si arrivi quanto prima alla fase endemica cambiando procedure e regole del gioco; Francia, Spagna e Inghilterra hanno già messo in atto quel cambio di passo che li farà giungere, probabilmente, alla fase endemica. Penso che le regole erano forse adeguate un anno fa, oggi sono anacronistiche. Basti pensare alle quarantene, che non hanno saputo adeguarsi ai tempi e alla nuova variante, ai disastri della scuola, del mondo del lavoro. La politica, la politica sanitaria in particolare, è lontana anni luce dalla vita reale. Qui le decisioni andrebbero prese da un giorno all’altro se le cose cambiano. E invece noi oggi vediamo un immobilismo, una ingessatura di regole, di norme, che oltretutto non servono a nulla.
“Tenere a casa i ragazzi perché hanno avuto forse un contatto con un positivo asintomatico è una cosa demenziale, afferma infatti Matteo Bassetti. Su questo bisognava essere più dinamici e dire smettiamola di fare tamponi agli asintomatici e, soprattutto a scuola, concentriamoci su chi ha sintomi e teniamoli a casa come si faceva una volta”.
Nella gestione di un problema virale, non possiamo avere i tempi della politica. La politica ha dei tempi che oggi sono anacronistici rispetto alla gestione del Covid. Urge un cambio di passo.
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