

Teatro
Un viaggio…D’amore, grande successo al Teatro Al Massimo
Spettacolo originale con un grandioso cast artistico. Una sfida vinta quella di sostituire, a poche settimane dal debutto, l’operetta “La principessa della Czardas” con lo spettacolo: “Un viaggio…D’amore”. D’altronde non ci si poteva aspettare di meglio dai produttori del Teatro Al Massimo, Aldo Morgante e Maria Teresa Augugliaro, se non l’ennesimo successo in musica attraverso le più diverse nature dell’Amore. Metti un giorno a pranzo, davanti cannoli alla ricotta e cassate siciliane, il re delle operette, Umberto Scida, Aldo Morgante e Marco Giacomazzi, che ha scritto i testi, e vengono fuori tanti stimoli per dare vita a questo spettacolo, vero proprio inno all’amore. Il cast è strepitoso, Umberto Scida è la conferma del professionista di calibro internazionale. Tiene la scena per oltre due ore e mezza, entrando e uscendo dalle quinte quasi venti volte; nel suo ruolo di mattatore, ballerino, narratore, affabulatore e voce in Strangers in the night, Hello Dolly, Swanee, lega magistralmente momenti musicali, a sketch, e fantasie coreografie del corpo di ballo di Stefania Cotroneo. C’è il soprano Isadora Agrifoglio che incanta il pubblico con arie indimenticabili: “Torna a Surrient”, Il tango della gelosia, Non ti scordare di me; brava nel duetto con Scida in “Cin Cin là”, e ne: “L’ora d’amor” con il tenore Leonardo Alaimo. Lui è una perla preziosa nella compagnia; voce possente, piena nel timbro e intensa nel volume; i brani che esegue sono capolavori, dove spazia nella zona centrale del registro fino a raggiungere accenti forti come nell’indimenticabile “Granada” scritta da Augustin Lada. Completa il trio dei lirici il soprano Federica Neglia, voce morbida e luminosa, capace di penetrare in una tessitura medio-acuta, con punte sonore eleganti e decise. Assieme ad Alaimo, la Neglia catapulta il pubblico negli anni venti, quando uscì una delle romanze destinate a rimanere nell’eterno repertorio delle musiche popolari: “Tu che mi hai preso il cor”. I due sono straordinari nell’interpretazione del brano dell’indimenticabile operetta “Il paese del sorriso”, musicata da Franz Lehàr, restituendo appieno il senso del sentimento amoroso che unisce i protagonisti, facendo di questo brano uno dei classici delle canzoni per innamorati. Rivelazione dell’anno è Cesare Biondolillo, (Cecè). La scena è ormai sua; tiene testa a Umberto Scida, che gli ha insegnato tanto dell’arte del musical e della recitazione; strepitosi insieme nei dialoghi tratti dalla “Vedova allegra”. L’assolo di “Che bambola” e poi “Eri piccola così” del mitico Fred Buscagnone, incorniciano Cecè Biondolillo fra gli attori emergenti più interessanti del panorama palermitano. Due ore e mezza di divertimento puro per una formula sperimentale che va oltre il varietà e il musical. Applausi a scena aperta sulle note finali di “Funiculì funiculà”, anche per la sempre brava Giorgia Migliore, sul palco Micaela De Grandi, Nando Chifari, Luciano Falletta, Riccado Isgrò e Giuseppe Montaperto. Bellisime e coloratissime negli abiti di scena cuciti, sulle ballerine e su Giovanni Zappia; sono: Eliana Pirrello, Noemi Crocilla, Maria Celeste Sammarco, Giulia Tartamella, Maria Giulia Augugliaro, Natalie Chifari, Viviana Buzzotta, Martina Petrigno. Lo spettacolo, ha una potenza sonora in sala notevole, grazie al maestro Giancarlo Canali, al mixer. Fonico Antonio Guarneri, light designer Tiziano La Marca, sarta Angela Compagno. Un medley di alto livello che merita di essere visto, in replica fino al 20 maggio.
In Evidenza
Un giorno la formica

Favola farsesca in musica
Fino a che punto è consentito spingersi alla ricerca del progresso, sfidando e spesso disprezzando la natura? La superiorità dell’essere umano sull’animale è così scontata? Parte da queste domande l’avventura surreale di uno scrittore alle prese con una formica e con le sue logiche disarmanti.
I toni della commedia
Alternando i toni della commedia con quelli dell’introspezione psicologica, lo spettacolo si sviluppa come un gioco teatrale divertente e tuttavia profondo, affidato alla forza scenica degli attori, alla musica e alle canzoni originali di Mario Incudine e alla ricerca di una verità che forse non esiste. Alla fine, è probabile che agli spettatori rimanga il dubbio se siamo davvero gli esseri più evoluti del pianeta.
In una dimensione sospesa tra la fiaba e la realtà, si incontrano uno scrittore una formica gigante; è lei la coscienza che rimprovera l’uomo di essersi preso arbitrariamente lo scettro di “essere superiore” senza interpellare gli altri abitanti del pianeta.
Un’avventura surreale scritta dalla penna di Marco Pomar che si identifica in uno scrittore in crisi di ispirazione, alle prese con una formica e le sue logiche disarmanti. Un quadro fa da sgondo con all’interno un improbabile grillo parlante, Mario Incudine.
I protagonisti
Paride Benassai, Eugenio Mastrandrea e Mario Incudine sono i protagonisti di Un giorno la formica, una divertente commedia che tratta temi serissimi come la crisi ambientale e l’antropizzazione senza freni del nostro pianeta. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Biondo di Palermo ha debuttato in Sala Strehler il 7 maggio e si concluderà il 18 maggio.
Le luci sono di Antonio Sposito, le scene e i costumi sono stati realizzati dagli Allievi dell’Accademia di Belle Arti di Palermo coordinati da Valentina Console.
Scritto da Benassai e Mastrandrea insieme a Marco Pomar, lo spettacolo si dipana tra realtà e immaginazione immaginando un improbabile ma realistico incontro tra una formica e uno scrittore in crisi di ispirazione. La formica rimprovera allo scrittore la tracotanza (e la stupidità) con la quale gli esseri umani hanno “colonizzato” il pianeta senza interpellare gli altri esseri viventi, ritenendosi la specie più evoluta.
Guarda l’intervista in Open day cinema a Radio In
Un giorno la formica – Favola farsesca in musica
da un’idea di Paride Benassai ed Eugenio Mastrandrea
drammaturgia di Paride Benassai, Eugenio Mastrandrea, Marco Pomar
regia Paride Benassai
con Paride Benassai, Eugenio Mastrandrea, Mario Incudine
musiche Mario Incudine
luci Antonio Sposito
scene e costumi degli Allievi dell’Accademia di Belle Arti di Palermo coordinati da Valentina Console
aiuto regia Marco Pomar
direttrice di scena Valentina Enea
coordinatore dei servizi tecnici Giuseppe Baiamonte
capo reparto fonica Giuseppe Alterno
macchinista Gaetano Presti
capo sarta Erina Agnello
produzione Teatro Biondo Palermo
durata: 1 ora e 30 minuti
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Quel male oscuro, malessere di vivere!

Non è forse casuale che, a distanza di un mese, il Teatro Biondo celebri due capolavori della letteratura del novecento. A dicembre, Alessandro Haber ha portato in scena il romanzo psicoanalitico di Italo Svevo, La coscienza di Zeno, in questo giorni, il regista Giuseppe Dipasquale, dirige una straordinaria compagnia di attori, capitanata da Alessio Vassallo, ne “Il male oscuro” di Giuseppe Berto. E’ proprio quest’ultimo, nella stesura del testo, dapprima rifiutato da più di un editore e poi pubblicato nel 1964 da Rizzoli, ispirò anche l’indimenticabile Mario Monicelli, che nel 1990, nel film omonimo, affidò il ruolo da protagonista a Giancarlo Giannini. Il male oscuro celebra l’antieroe sveviano, diviso tra senso del dovere e desideri frustrati.
I costumi di Dora Argento, le scene di Antonio Fiorentino (Dipasquale le definisce una sorta di placenta cerebrale, un luogo altro), i movimenti coreografici di Rebecca Murgi e le musiche di Germano Mazzocchetti fanno da corollario ad un affiatato gruppo di attori, Cesare Biondolillo, Lucia Fossi, Luca Iacono, Viviana Lombardo, Consuelo Lupo, Ginevra Pisani, che si muovono sul palco a piedi nudi, cambiando abiti e personaggi di continuo, avvitandosi intorno a storie di profonda natura psicologica, non abbandonando mai la scena. Il protagonista è Bepi, nei panni di un elegante Alessio Vassallo, che nel cinema come nella fiction televisiva, ma soprattutto in teatro, restituisce al pubblico una interpretazione magistrale. Quasi due ore ininterrotte di recitazione, senza un minimo cedimento, con una forza espressiva a metà tra il malinconico, vivendo la paura di avere un cancro, e l’euforia finale che passa ancora a malessere di vivere.
La psicoanalisi, per stessa ammissione dell’analista, un immenso Ninni Bruschetta, gli permettere di fare un viaggio, che ci richiama all’Interpretazione dei sogni, capolavoro del 1899 di Sigmund Freud. Dipasquale fa uno straordinario lavoro intellettuale sui personaggi, sospesi tra l’onirico e il reale, cercando di fare comprendere allo spettatore le patologie psichiche, attraverso l’utilizzo della narrazione, che diventa prezioso materiale affettivo e mentale, in risposta a quel super – io, più volte ricordato dagli attori, che la coscienza, a volte tende, ad occultare.
E’ affascinante la storia di questo scrittore di cui si ha l’impressione che la vita gli sfugga continuamente di mano, che non riesce a elaborare il lutto della perdita di un padre autoritario, che vive in bilico fra una moglie e un’amante troppo giovane; le loro storie scivolano nel grottesco, alimentando nel protagonista quel male oscuro, che è la depressione. Ecco dunque che il lettino diventa catarsi, medium di purificazione tra Es, Io e Super – Io. “Il teatro come specchio della natura”, lo afferma, attraverso questa opera, il regista, richiamandosi a Shakespeare.
Dopo Palermo, la tournee va in giro in Italia grazie alla co-produzione dei Teatri Biondo, Marche e Stabile di Catania.
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