

Cinema
Il magico mondo del Ditirammu
Quando il regista cinematografico Tim Burton, scrisse “Alice In Wonderland”, raccontò una favola in cui Alice esplorava un mondo fantastico. Probabilmente è necessario percorrere, via Torremuzza, al civico 6, dell’antico quartiere della Kalsa a Palermo, per immergersi nello stesso mondo magico e guardarlo con gli occhi puri della giovanissima protagonista, nata dal genio di Lewis Carroll nel 1865. Ti stordiscono i colori e gli odori; assapori la purezza, la stessa che aveva certamente percepito l’emiro e i suoi ministri, nel periodo della dominazione islamica, che scelsero proprio questo quartiere come cittadella fortificata per erigere la loro dimora e conservarne il nome:”Al Halisah”, l’eletta, la pura. Queste emozioni e sensazioni li provi davvero quando ritorni a immaginare nel libro e nel film la figura del cappellaio matto, che, nel racconto originale, si ispirava a Theophilius Carter, estroso e bizzarro inventore di orologi che portava sempre un cilindro in testa. Come non ricordare così lo straordinario artista Vito Parrinello, scomparso un mese fa, prematuramente, a 67 anni. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che ha fatto mettere la bandiera a mezz’asta a palazzo delle Aquile il giorno del funerale, lo ha definito “come uno dei più grandi interpreti della migliore tradizione culturale e artistica siciliana e palermitana”.
Lo ricordano come uomo buono e generoso; accoglieva tutti in quei pochi metri quadrati di baglio e soleva ripetere la frase “chista è a tò casa”. La sua famiglia ha avuto la grande capacità di colmare un vuoto nel periodo in cui a Palermo venivano scemando molte iniziative culturali, ecco che nel 1998 viene inaugurato questo piccolissimo teatro, di 50 posti, che diventa subito laboratorio. A trasmettere il sapere della cultura dal popolo per il popolo Vito e la moglie Rosa Mistretta, straordinaria cantante folk. Genitori e maestri di due giovanissimi talenti, Elisa e Giovanni. Un grande amico di Vito, giornalista di lungo corso, Daniele Billitteri, ha scritto: “basta andare a vedere il dna di Elisa e Giovanni, che un minuto fermi non sanno stare e sembrano “diavolicchi” dentro la bottiglia. Quanta arte ha consegnato a quei ragazzi? Vito, quando Rosa avvia i suoi ricami profumati di canto e poesia, semplicemente piange. Come un nutrico. Uno di quelli che aveva il segreto del pianto. Lui sapeva che si può piangere anche per una cosa bella, di felicità, di ammirazione. E piangeva per i figli e piangeva per le nipotine. Piangeva per Martorio o per Ninnarò o per le cento e cento bellezze che scovava nelle cantine dimenticate della tradizione popolare. Senza trulòallero truillallà, senza sberleffo volgare. Mai. Tutte lacrime belle”.
Pochi giorni prima della sua morte Rai storia ha trasmesso un documentario in cui Vito Parrinello parlava di “emozione antica, un sentimento che non ha niente a che vedere con il concerto, con lo spettacolo, ma riguarda la manifestazione più intima che esiste in ognuno di noi”. E’ bastato assistere ai suoi funerali per capire cosa ha rappresentato nella carriera di molti artisti, oggi anche di fama internazionale, Vito. La più grande manifestazione editoriale a Palermo “Una marina di libri” è stata dedicata in suo onore.
La “Lapa” con la quale si continuano a fare gli spettacoli folkloristici in strada, anche in quella occasione ha accolto i visitatori –lettori.
L’artista Mario Incudine lo ha definito “immenso e autentico depositario del canto popolare, quello che ha segnato il solco dentro al quale camminiamo tutti noi. Lui poeta mite e malinconico, incendio di anime e persone, lui, uomo con la chitarra emblema e simbolo di questa terra”.
“Papà, dice in lacrime Elisa, se ne è andato in silenzio lasciandoci una eredità immensa. Il suo amore si propagherà all’infinito. La forza di andare avanti io e mio fratello l’abbiamo trovata in questo meraviglioso mondo, fatto di piccoli e grandi artisti. Con loro abbiamo iniziato il viaggio nel teatro, fatto di spettacoli che ci fanno cavalcare il dolore quando c’è e ti offrono la possibilità di regalare emozioni quando sei felice”.
Le attività del Ditirammu
140 gli allievi delle classi della Piccola Scuola Teatrale Ditirammu Lab, ai quali si aggiungono quelli del corso di percussioni “Bum Bum” di Giovanni Parrinello, uno dei fondatori dei Tamuna”, il gruppo che ha vinto il premio De Andrè. Questi gli spettacoli che in questi giorni vanno in scena: “Cosa Farò da grande? storie di chi ha fatto la storia..” 21 bambini in età compresa fra i 9 e i 13 anni, rappresentano personaggi che hanno fatto la storia in epoche diverse. Favoleggiati dai Video Mapping, ognuno di loro col proprio desiderio, quel desiderio che li incoraggerà e li spingerà ad andare avanti, con purezza d’animo . i “Il Vestito dell’Imperatore” performance di fine lavoro, di 35 minuti con la classe degli “Illuminati”, (età 13/17 anni) composta da allievi con più esperienza, insieme alle nuove reclute accompagnati dal vivo da due giovanissimi musicisti Mattia Di Vita e Giacomo Scinardo. “Sabir di mare” una performance tradizionale della scuola del Ditirammu Lab per le classi emergenti del primo e secondo anno. Spettacolo nel quale il racconto delle memorie, viene scandito dalle melodie per le quattro stagioni, secondo un antico almanacco di usi, costumi e ritualità popolari, un’ampia raccolta di brani tratti dal repertorio di antichi canti, frutto di catalogazioni effettuate tra l’800 e il ‘900. “Gli S’Kalsini dello Scuolabus, Centouno fermata a richiesta; “Ci fù Pitrè…Capitolo secondo“ in cui viene valorizzato l’immenso patrimonio della nostra tradizione, “Il verbo degli Uccelli” regia Patrizia D’Antona e “La Terra e il Cielo” regia di Gigi Borruso. (pubblicato su I Love Sicilia di Luglio)

Elisa Parrinello
Cinema
La lezione di Martin Scorsese

Oggi per fare film “c’è un’enorme ricchezza. Il vecchio cinema e l’andare a vedere un film sul grande schermo possono essere in via d’estinzione, come tutti sappiamo ma c’è anche un nuovo mondo aperto, e questo è entusiasmante, grazie alle nuove tecnologie.
Oggi tutti possono girare un film, ma proprio questa maggiore libertà può rendere per voi le cose più difficili”. Parola di Martin Scorsese, protagonista ieri in una masterclass con gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma (poi visto a ingresso libero in mattinata alla Casa del Cinema), uno degli appuntamenti del suo soggiorno romano, che comprende stasera un altro incontro alla Casa del Cinema per inaugurare con Mean Streets il programma della rassegna “Carta bianca” che il regista ha curato ad hoc.
Nella conversazione con gli studenti, Scorsese si è soffermato sulla sua formazione da regista e su come è nata la sua passione per il cinema passata per Hollywood, il neorealismo (“Il cinema che sentivo più vicino”) e le nouvelle vague degli anni ’60: “Per fare film devi capire dove sei nella vita e come ci sei arrivato. Il mondo per come è oggi ti obbliga a non vivere in un vuoto. Bisogna acquisire conoscenza e consapevolezza dei maestri e anche di quelli che non lo sono stati. Studiare attraverso loro elementi come la composizione, struttura, la lingua, il colore, o assenza di colore. I maestri ti aiutano a trovare te stesso ma questo non vuol dire imitarli, Spesso si impara dai maestri solo per metterli via. Bisogna trovare la propria voce. Poi più avanti magari quei maestri li vai a riscoprire. A me ad esempio è successo con Ozu”. Il cinema “nasce da quello che permetti di vedere allo spettatore nell’inquadratura che hai scelto, dal mostrare al pubblico cosa guardare e come”.
Come regista “non so se scoprire un personaggio è qualcosa che so fare o posso guidare un attore a farlo. Con De Niro ad esempio per Mean Streets parlavamo a stento, perché ci conosciamo da quando avevamo 16 anni, e lui conosceva come me il quartiere e le persone di cui parlavamo. E’ l’unico ancora in vita che conosce il mondo da cui vengo”. Anche per Taxi driver “è stato così. In quel personaggio, la solitudine, il senso di paranoia, il venire isolato era qualcosa che conoscevamo e provavamo, come quella rabbia che schiuma dentro. Non c’era granché di cui parlare”. Per Toro scatenato, “abbiamo chiesto a Paul Schrader di scrivere la sceneggiatura, poi De Niro mi ha portato su un’isola, anche se io da newyorchese odio la sabbia e le spiagge, mentre lui le ama. Ci siamo stati due settimane e mezzo e abbiamo costruito, mettendolo in scena, tutto il film”.
Il regista prova una sintonia simile anche con attori come Ellen Burstyn, Daniel Day Lewis e ora con Leonardo DiCaprio.
“Lavoro con lui perché ha lo stesso mio interesse nelle domande sulla condizione umana anche se ha 30 anni meno di me. Ho imparato da The aviator che non ha paura di andare (emotivamente) in certi posti, non ha la paura di essere respinto dagli spettatori”. Il lavoro con gli attori “è come un organismo vivo che cresce e si sviluppa ogni giorno e mi piace essere come il pubblico per i miei attori”.
Oggi, conclude Scorsese, “spero che il pubblico continui a vedere in me il tentativo di voler studiare cos’è un essere umano, mi auguro che questo arrivi e tocchi l’animo, da The Irishman a Hugo Cabret, un film che ho fatto per mia figlia Francesca quando aveva 10 anni”. In occasione della sua visita al Centro Sperimentale, c’è stata anche per alcuni allievi del corso di sceneggiatura, la possibilità offerta in esclusiva da Hollywood Reporter Roma, di raccontare l’incontro condotto dal presidente della Fondazione Cinema per Roma Gianluca Farinelli: il risultato è uno script, o meglio una chat di gruppo, pubblicata sulla testata, che ripercorre racconti e consigli, aneddoti e suggestioni. (ANSA).
Cinema
Ecco tutti i vincitori dei David di Donatello

Le otto montagne di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch è il miglior film della 68° edizione dei Premi David di Donatello. «Un viaggio incredibile. Perché due belgi fanno un film italiano in italiano sulle Alpi? Una storia e un libro incredibile», ha detto il regista dal palco degli studi Cinecittà Lumina. Ad annunciare il vincitore della statuetta più ambita è stata Piera Detassis, presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano. In programma nella scaletta c’erano 25 premi divisi per varie categorie, senza contare i David alla Carriera a Marina Cicogna e i David Speciali consegnati a Isabella Rossellini e Enrico Vanzina. Carlo Conti ha aperto la cerimonia citando le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Il cinema è tutti noi».
Marco Bellocchio miglior regista per «Esterno notte»
A vincere il David di Donatello 2023 come miglior regista è Marco Bellocchio per Esterno Notte. «Non me lo aspettavo, però lo accetto. Quando si diventa vecchi non bisogna fermarsi», ha detto sul palco.
Barbara Ronchi e Fabrizio Gifuni migliori attori protagonisti
Il premio come migliore attrice protagonista è invece andato a Barbara Ronchi per Settembre, che ha battuto Margherita Buy per Effetto notte e Penelope Cruz con L’immensità. «Non so se ridere o piangere. Dedico il premio a due uomini che illuminano la mia vita, se brillo è grazie a loro: Alessandro e Giovanni, che è a casa. Amore, mamma ha vinto il David!», ha detto Ronchi. Miglior attore protagonista anche Fabrizio Gifuni per Esterno notte di Marco Bellocchio in cui interpreta Aldo Moro. «Ringrazio la mia lentezza e la mia fragilità in questi tempi così decadenti», ha affermato dagli studi Cinecittà Lumina.
Emanuela Fanelli miglior attrice non protagonista
Il David di Donatello 2023 per la miglior attrice non protagonista è andato a Emanuela Fanelli per il film Siccità di Paolo Virzì. L’attrice incredula è salita sul palco per i ringraziamenti di rito: «Grazie a Paolo perché mi ha guardato e in questa mestiere bellissimo bisogna essere visti. Non so come abbia fatto a vedere lo sketch in cui prendevo in giro la periferia romana». Classe 1986, romana e comica amatissima, Fanelli ha dedicato il premio alle «persone che amo: mamma e papà, mia sorella gli amici che stanno sul divano e hanno fatto le magliette Fanelli di Donatello. Sembro il prete di Viaggi di nozze, ora me ne vado». Poi la battuta: «Mi è sembrato di esordire in Champions League con voi, non so perché ho usato questa metafora visto che non capisco di calcio», ha detto l’attrice riferendosi alla semifinale disputata questa sera, mercoledì 10 maggio, tra Milan e Inter e conclusasi con la vittoria dei neroazzurri per 0 a 2. A vincere tra gli attori non protagonisti, anche Francesco Di Leva per il film Nostalgia di Mario Martone. «Non sapete ma qui ne state premiando due: non avrei vinto senza Pierfrancesco Favino», ha detto Di Leva.
Elodie vince il premio per la miglior canzone
La migliore canzone a vincere il David di Donatello 2023 è Proiettili (ti mangio il cuore) di Joan Thiele, Elisa Toffoli ed Emanuele Triglia, scritta e interpretata da Elodie e Joan Thiele. «Sono felice io non vinco mai», ha detto la cantante romana che è anche interprete nel film Ti mangio il cuore del regista Pippo Mezzapesa.
Migliore regista esordiente: Giulia Louise Steigerwalt
Giulia Louise Steigerwalt vince la statuetta per la migliore regista esordiente per il film Settembre con Barbara Ronchi, Fabrizio Bentivoglio e Thony.
Fotografia a Impens per «Le otto Montagne» e montaggio a Calvelli per «Esterno Notte»
Miglior direttore della fotografia Rubén Impens per Le otto montagne diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Mentre il David di Donatello per il miglior montaggio va a Francesca Calvelli per Esterno notte con la collaborazione di Claudio Misantoni.
«Il Cerchio» miglior documentario
Il premio per il miglior documentario va a Il cerchio di Sophie Chiarello: «Lo dedico ai bambini che possano trovare il loro cerchio che li accoglie», ha detto la regista.
Andò, Chitine e Gaudiosi la miglior sceneggiatura per «La stranezza»
La statuetta per la miglior sceneggiatura va a Roberto Andò con Ugo Chitine e Massimo Gaudioso per La Stranezza, film con Ficarra e Picone e Toni Servillo nei ruolo di Luigi Pirandello.
Premio per la scenografia e i costumi
Entrambi i David di Donatello vanno al film di Roberto Andò, La stranezza. In particolare, Giada Calabria per l’arredamento e Loredana Raffi. Mentre Maria Rita Barbera vince la statuetta per i migliori costumi.
Bollani miglior compositore e Iacoponi vince per il miglior trucco
Il David come miglior compositore è di Stefano Bollani per il film Il pataffio di Francesco Lagi. «La mia prima candidatura, entro nella famiglia del cinema», ha detto. Enrico Iacoponi vince, invece, il miglior trucco per la pellicola di Marco Bellocchio, Esterno Notte.
Cinema
Debutta in prima serata il film: “Favolacce”

La grottesca meschinità degli adulti, egoisti e disattenti e la visione del mondo più ordinata e complessa dei loro figli: due mondi contigui destinati a incontrarsi solo in maniera deflagrante e terribile.
È il film “Favolacce”, di Damiano e Fabio D’Innocenzo, in onda lunedì 17 aprile 2023 alle 21.15 su Rai5. Nel cast Elio Germano, Tommaso Di Cola, Lino Musella, Ileana D’Ambra, Cristina Pellegrino, Giulia Melillo, Laura Borgioli, Enrico Pittari, Federico Majorana, Giulia Galiani.
In un comprensorio della periferia romana vivono diverse famiglie di estrazione popolare, legate fra loro anche dall’amicizia dei loro figli che frequentano la stessa scuola. Ma i rapporti fra gli adulti, al di là di una esile convenienza, sono intrisi di invidia e livore.
Favolacce e i ragazzi
Proprio a scuola i ragazzi apprendono come fabbricare una bomba artigianale, grazie a un insegnante che trasmette loro, involontariamente, le nozioni necessarie a mettere insieme l’ordigno. La reazione delle famiglie, pur stordite e disattente, provoca il licenziamento del docente che, prima di lasciare l’istituto, indurrà i suoi alunni a un’atroce vendetta.
Al Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2020, il film – prodotto da Pepito Produzioni, Rai Cinema, Vision Distribution, Amka Film Production, Qmi – ha vinto l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura.
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