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Martorio, poesia sacra e struggente!
Quando lo scenografo Fabrizio Lupo e il grande etnomusicologo Vito Parrinello, prematuramente scomparso, si misero a scrivere “Martorio, parti di la simana santa”, poesia sacra di tradizione orale in frammenti di cunti, canti e immagini, avvalendosi della consulenza drammaturgica e di certosine ricerche di Rosa Mistretta, forse non avrebbero immaginato di consegnare alla storia delle tradizioni popolari siciliane e palermitane in particolare, una delle ricostruzioni in siciliano più straordinarie e belle della passione e morte di Gesù Cristo. E’ toccato agli eredi Parrinello, Elisa e Giovanni conservarla e riproporla ogni anno durante i tre giorni che vanno dal venerdi santo alla pasqua. La rappresentazione sacra si mescola ai testi e ai canti popolari siciliani del Pitrè e di Vigo attingendo all’immenso patrimonio sulla pasqua in Sicilia lasciato dall’antropologo Nino Buttitta e di Albero Favara, quest’ultimo considerato ancora oggi uno dei maggiori etnomusicologi che ha favorito, nei primi del novecento, un processo di registrazione della musica popolare, con lo scopo di tramandarla alle generazioni future. Favara girando per la Sicilia e ascoltando i vari canti eseguiti dalla gente comune nei paesi, provò a trascriverli aggiungendo lo spartito corrispondente a melodia e parole. L’insieme di tutti questi canti popolari siciliani costituisce oggi un libro intitolato proprio “Corpus Favara”.
Martorio, prodotto ormai da quasi vent’anni, dal teatro Ditirammu, ha certamente due punti di forza eccezionali, Filippo Luna, che fin dall’inizio lo mise in scena e che oggi lo rende ancora straordinariamente attuale, grazie ad una intensità recitativa e un pathos che solo un attore di razza come lui riesce a esprimere e Elisa Parrinello, artista straordinaria e poliedrica, capace in alcuni momenti di sdoppiarsi e assumere in modo identico le movenze della madre Rosa Mistretta. La scena all’interno della quale i due protagonisti si muovono, vede disposti i musicisti Rosalia Raffa al flicorno, Massimo Vella al clarinetto, Giacco Pojero Fisarmonica, e il giovanissimo Giacomo Scinardo alla chitarra, è povera come il legno della croce di Cristo. Posati su uno sgabello, la troccola, la campanella e il campanaccio e un grande tamburo. Giovanni Parrinello, fa un cammeo con la maestria che gli appartiene al tamburello. I documenti sonori sono tratti dal repertorio dei canti degli orbi, ricercati e selezionati da folkstudio, da registrazioni e ricordi dell’immenso patrimonio familiare di Rosa e Vito Parrinello, gli antichi lamenti, le melodie della banda con le sue marce funebri, emozionano e incantano il pubblico. Il finale è con la tradizionale scena: “a calata da tila” con il bellissimo arazzo realizzato da Fabrizio Lupo, dove campeggia Cristo in croce.
Cinema
La lezione di Martin Scorsese

Oggi per fare film “c’è un’enorme ricchezza. Il vecchio cinema e l’andare a vedere un film sul grande schermo possono essere in via d’estinzione, come tutti sappiamo ma c’è anche un nuovo mondo aperto, e questo è entusiasmante, grazie alle nuove tecnologie.
Oggi tutti possono girare un film, ma proprio questa maggiore libertà può rendere per voi le cose più difficili”. Parola di Martin Scorsese, protagonista ieri in una masterclass con gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma (poi visto a ingresso libero in mattinata alla Casa del Cinema), uno degli appuntamenti del suo soggiorno romano, che comprende stasera un altro incontro alla Casa del Cinema per inaugurare con Mean Streets il programma della rassegna “Carta bianca” che il regista ha curato ad hoc.
Nella conversazione con gli studenti, Scorsese si è soffermato sulla sua formazione da regista e su come è nata la sua passione per il cinema passata per Hollywood, il neorealismo (“Il cinema che sentivo più vicino”) e le nouvelle vague degli anni ’60: “Per fare film devi capire dove sei nella vita e come ci sei arrivato. Il mondo per come è oggi ti obbliga a non vivere in un vuoto. Bisogna acquisire conoscenza e consapevolezza dei maestri e anche di quelli che non lo sono stati. Studiare attraverso loro elementi come la composizione, struttura, la lingua, il colore, o assenza di colore. I maestri ti aiutano a trovare te stesso ma questo non vuol dire imitarli, Spesso si impara dai maestri solo per metterli via. Bisogna trovare la propria voce. Poi più avanti magari quei maestri li vai a riscoprire. A me ad esempio è successo con Ozu”. Il cinema “nasce da quello che permetti di vedere allo spettatore nell’inquadratura che hai scelto, dal mostrare al pubblico cosa guardare e come”.
Come regista “non so se scoprire un personaggio è qualcosa che so fare o posso guidare un attore a farlo. Con De Niro ad esempio per Mean Streets parlavamo a stento, perché ci conosciamo da quando avevamo 16 anni, e lui conosceva come me il quartiere e le persone di cui parlavamo. E’ l’unico ancora in vita che conosce il mondo da cui vengo”. Anche per Taxi driver “è stato così. In quel personaggio, la solitudine, il senso di paranoia, il venire isolato era qualcosa che conoscevamo e provavamo, come quella rabbia che schiuma dentro. Non c’era granché di cui parlare”. Per Toro scatenato, “abbiamo chiesto a Paul Schrader di scrivere la sceneggiatura, poi De Niro mi ha portato su un’isola, anche se io da newyorchese odio la sabbia e le spiagge, mentre lui le ama. Ci siamo stati due settimane e mezzo e abbiamo costruito, mettendolo in scena, tutto il film”.
Il regista prova una sintonia simile anche con attori come Ellen Burstyn, Daniel Day Lewis e ora con Leonardo DiCaprio.
“Lavoro con lui perché ha lo stesso mio interesse nelle domande sulla condizione umana anche se ha 30 anni meno di me. Ho imparato da The aviator che non ha paura di andare (emotivamente) in certi posti, non ha la paura di essere respinto dagli spettatori”. Il lavoro con gli attori “è come un organismo vivo che cresce e si sviluppa ogni giorno e mi piace essere come il pubblico per i miei attori”.
Oggi, conclude Scorsese, “spero che il pubblico continui a vedere in me il tentativo di voler studiare cos’è un essere umano, mi auguro che questo arrivi e tocchi l’animo, da The Irishman a Hugo Cabret, un film che ho fatto per mia figlia Francesca quando aveva 10 anni”. In occasione della sua visita al Centro Sperimentale, c’è stata anche per alcuni allievi del corso di sceneggiatura, la possibilità offerta in esclusiva da Hollywood Reporter Roma, di raccontare l’incontro condotto dal presidente della Fondazione Cinema per Roma Gianluca Farinelli: il risultato è uno script, o meglio una chat di gruppo, pubblicata sulla testata, che ripercorre racconti e consigli, aneddoti e suggestioni. (ANSA).
Cinema
Ecco tutti i vincitori dei David di Donatello

Le otto montagne di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch è il miglior film della 68° edizione dei Premi David di Donatello. «Un viaggio incredibile. Perché due belgi fanno un film italiano in italiano sulle Alpi? Una storia e un libro incredibile», ha detto il regista dal palco degli studi Cinecittà Lumina. Ad annunciare il vincitore della statuetta più ambita è stata Piera Detassis, presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano. In programma nella scaletta c’erano 25 premi divisi per varie categorie, senza contare i David alla Carriera a Marina Cicogna e i David Speciali consegnati a Isabella Rossellini e Enrico Vanzina. Carlo Conti ha aperto la cerimonia citando le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Il cinema è tutti noi».
Marco Bellocchio miglior regista per «Esterno notte»
A vincere il David di Donatello 2023 come miglior regista è Marco Bellocchio per Esterno Notte. «Non me lo aspettavo, però lo accetto. Quando si diventa vecchi non bisogna fermarsi», ha detto sul palco.
Barbara Ronchi e Fabrizio Gifuni migliori attori protagonisti
Il premio come migliore attrice protagonista è invece andato a Barbara Ronchi per Settembre, che ha battuto Margherita Buy per Effetto notte e Penelope Cruz con L’immensità. «Non so se ridere o piangere. Dedico il premio a due uomini che illuminano la mia vita, se brillo è grazie a loro: Alessandro e Giovanni, che è a casa. Amore, mamma ha vinto il David!», ha detto Ronchi. Miglior attore protagonista anche Fabrizio Gifuni per Esterno notte di Marco Bellocchio in cui interpreta Aldo Moro. «Ringrazio la mia lentezza e la mia fragilità in questi tempi così decadenti», ha affermato dagli studi Cinecittà Lumina.
Emanuela Fanelli miglior attrice non protagonista
Il David di Donatello 2023 per la miglior attrice non protagonista è andato a Emanuela Fanelli per il film Siccità di Paolo Virzì. L’attrice incredula è salita sul palco per i ringraziamenti di rito: «Grazie a Paolo perché mi ha guardato e in questa mestiere bellissimo bisogna essere visti. Non so come abbia fatto a vedere lo sketch in cui prendevo in giro la periferia romana». Classe 1986, romana e comica amatissima, Fanelli ha dedicato il premio alle «persone che amo: mamma e papà, mia sorella gli amici che stanno sul divano e hanno fatto le magliette Fanelli di Donatello. Sembro il prete di Viaggi di nozze, ora me ne vado». Poi la battuta: «Mi è sembrato di esordire in Champions League con voi, non so perché ho usato questa metafora visto che non capisco di calcio», ha detto l’attrice riferendosi alla semifinale disputata questa sera, mercoledì 10 maggio, tra Milan e Inter e conclusasi con la vittoria dei neroazzurri per 0 a 2. A vincere tra gli attori non protagonisti, anche Francesco Di Leva per il film Nostalgia di Mario Martone. «Non sapete ma qui ne state premiando due: non avrei vinto senza Pierfrancesco Favino», ha detto Di Leva.
Elodie vince il premio per la miglior canzone
La migliore canzone a vincere il David di Donatello 2023 è Proiettili (ti mangio il cuore) di Joan Thiele, Elisa Toffoli ed Emanuele Triglia, scritta e interpretata da Elodie e Joan Thiele. «Sono felice io non vinco mai», ha detto la cantante romana che è anche interprete nel film Ti mangio il cuore del regista Pippo Mezzapesa.
Migliore regista esordiente: Giulia Louise Steigerwalt
Giulia Louise Steigerwalt vince la statuetta per la migliore regista esordiente per il film Settembre con Barbara Ronchi, Fabrizio Bentivoglio e Thony.
Fotografia a Impens per «Le otto Montagne» e montaggio a Calvelli per «Esterno Notte»
Miglior direttore della fotografia Rubén Impens per Le otto montagne diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Mentre il David di Donatello per il miglior montaggio va a Francesca Calvelli per Esterno notte con la collaborazione di Claudio Misantoni.
«Il Cerchio» miglior documentario
Il premio per il miglior documentario va a Il cerchio di Sophie Chiarello: «Lo dedico ai bambini che possano trovare il loro cerchio che li accoglie», ha detto la regista.
Andò, Chitine e Gaudiosi la miglior sceneggiatura per «La stranezza»
La statuetta per la miglior sceneggiatura va a Roberto Andò con Ugo Chitine e Massimo Gaudioso per La Stranezza, film con Ficarra e Picone e Toni Servillo nei ruolo di Luigi Pirandello.
Premio per la scenografia e i costumi
Entrambi i David di Donatello vanno al film di Roberto Andò, La stranezza. In particolare, Giada Calabria per l’arredamento e Loredana Raffi. Mentre Maria Rita Barbera vince la statuetta per i migliori costumi.
Bollani miglior compositore e Iacoponi vince per il miglior trucco
Il David come miglior compositore è di Stefano Bollani per il film Il pataffio di Francesco Lagi. «La mia prima candidatura, entro nella famiglia del cinema», ha detto. Enrico Iacoponi vince, invece, il miglior trucco per la pellicola di Marco Bellocchio, Esterno Notte.
Cultura
L’urgenza di ricostruire, il libro di Barbagallo-Cucuzza

Mons Renna, Vescovo e Cittadino dialoga con i candidati alle elezioni amministrative della Città di Catania
In occasione della presentazione del libro-intervista: “L’urgenza di ricostruire” – edizioni “Il Pozzo di Giacobbe” – gli autori giornalisti Adelaide Barbagallo e Michele Cucuzza, presso l’auditorium del Palazzo della Cultura, hanno dialogato con Mons. Luigi Renna, il quale ha parlato da “vescovo” e da “cittadino catanese”. E’ questo un segno di “carità politica”, essendo “vocazione del cristiano” e compito di ogni cittadino occuparsi della polis, leggere e “prendersi cura dei bisogni della gente, ascoltare i silenzi, sollecitare la partecipazione”.
“Dialogare” è il verbo che connota la Chiesa sinodale del XXI secolo e lo stesso Papa Francesco, in occasione della prima assemblea della CEI, dieci anni fa , all’inizio del suo pontificato, il 24 maggio del 1913, presso la Basilica di San Pietro, nel dare l’avvio al cammino di riforma di una “chiesa aperta all’uomo di oggi” ha raccomandato ai Vescovi di “tornare alla freschezza delle origini” e poi, con un messaggio diretto ha detto: “Avete tanti compiti in Italia; attivate un dialogo con le istituzioni culturali, sociali e politiche” “E’ compito vostro e… non è facile”.
Mons. Renna, arrivato a Catania, ha dato concretezza a questo intenso “dialogo sociale” nella specificità dei compiti e dei ruoli, qualificandosi come “vescovo”, che tratta la realtà del mondo orientandola a Dio nella fedeltà ai valori etici e come “cittadino” che ama la sua Città e la indirizza ad una “visione” di benessere e di sviluppo.
I documenti dell’Ufficio per la pastorale sociale diocesana: “Non possiamo tacere”; “Cantieri per Catania” ed ora il libro intervista “L’urgenza di ricostruire” costituiscono i tasselli funzionali al futuro di una “buona amministrazione”.
La partecipazione all’incontro dei candidati a sindaco per le prossime elezioni amministrative e l’esposizione sintetica dei programmi elettorali dei singoli schieramenti hanno evidenziato i valori della legalità, della dignità della persona, specie nei casi di povertà, della partecipazione attiva dei cittadini, dell’attenzione ai quartieri della periferia, del passaggio dalla rassegnazione agli interventi concreti, del “saper osare” a partire dalle piccole cose concrete del quotidiano, ha consentito al pubblico di ampliare il campo di osservazione in vista di una scelta responsabile e di una partecipazione democratica orientata ad una cittadinanza attiva.
Dal Vescovo-Cittadino, che riporta nello stemma vescovile il motto “ Edificare nella carità” non vengono fornite indicazioni di nomi o di partiti, ma vengono richiamati “principi e valori “, tracciando le linee di indirizzo per superare le emergenze della dispersione scolastica, della disoccupazione, dalla diffusa microcriminalità, del degrado delle periferie e poi ancora per limitare la fuga dei talenti, di tanti giovani che con il borsone, com’era un tempo la valigia di cartone, migrano al Nord in cerca di lavoro e vivono in piccoli alloggi a Milano per realizzare i loro sogni e mettere a frutto i loro talenti.
Augurando un “buon cammino nel dialogo con la città” sono programmati incontri di ascolto dei programmi elettorali e l’Arcivescovo consegnerà il testo della Lettera pastorale di Papa Francesco: “Fratelli tutti” nella quale sono ben definiti i compiti di coloro che operano da amministratori della Città nella costante ricerca del bene comune di tutti i cittadini, nella coerenza e fedeltà ai valori etici della persona , immagine e segno della “gloria del Dio vivente”.
L’appello alla partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica, tema della prossima Settimana sociale che sarà celebrata a Trento, rimane costante monito per ridurre il fenomeno dell’astensionismo e rendere ogni cittadino attivo e responsabile.
Giuseppe Adernò
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