

In Evidenza
Mimì da sud a sud in memoria del grande Modugno
La presenza di Domenico Modugno la senti nell’aria, in quella platea del Teatro “Al Massimo” diretto da Aldo Morgante, che ha accolto l’unica tappa palermitana del tour. Un viaggio da Sud a Sud, ripercorrendo le più celebri e anche meno note canzoni del grande artista di Polignano a mare, in particolare quelle legate alla Sicilia, a una terra che lui ha adottato perché, come gli disse Frank Sinatra: “Fingiti siciliano! La Sicilia la conoscono tutti, tutti sanno dov’è e poi il dialetto è molto simile al tuo, al pugliese. Fingiti siciliano e conquisterai il mondo!
I registi dello spettacolo Moni Ovadia e Giuseppe Cutino, hanno sempre detto che se Modugno vedesse Incudine cantare e recitare, direbbe che canta meglio di lui.
I testi sono ad effetto, scritti dalla drammaturga Sabrina Petyx. E’ un viaggio nel tempo attraverso canzoni come “‘U pisci spada”, “La donna riccia”, “Cavaddu cecu de la minera”, “Lu sciccareddu m’briacu”, “Amara terra mia” e molti altri capolavori purtroppo ancora da scoprire. Lo stile originalissimo di Incudine fa di questo spettacolo un perla rara, con la straordinaria capacità di fare diventare i testi e le musiche di Modugno “teatro – canzone”. In tutte le sue performance artistiche non manca mai il pieno coinvolgimento del pubblico, che si diverte, canta, ride ma sa anche commuoversi.
C’è molta ricerca in questo spettacolo e Incudine come Modugno utilizza queste canzoni per raccontare un pezzo di storia d’Italia, di avere fatto cantare gli animali prima dei classici di Walt Disney alla maniera di Esopo, evidenziando vizi e virtù degli uomini; e quindi “U sciccareddu mbriacu, Cavaddu cieco di la miniera, il gatto nero con la più famosa “u pisci spada” dove, nel racconto in musica, la femmina muore e il maschio si uccide per lei, come la leggenda di Romeo e Giulietta. A Modugno va riconosciuto inoltre il merito di avere anticipato il musical moderno, già dalla messa in scena di “Rinaldo in campo”. Nello spettacolo spazio anche alle origini pugliesi con il brano “Pizzi ca pò”, che richiama la notte della taranta, quando la pizzica era ancora un fenomeno etnoantropologico. Divertimento in sala per la canzone dedicata allo scemo del paese “U fasulinu”. Da sud a sud è uno spettacolo che fa riflettere sui flussi migratori dove prima si partiva con la valigia di cartone e oggi con i cellulari. I musicisti si muovono con Incudine sulla scena e cambiano abito spesso. Antonio Vasta, pianforte, fisarmonica e organetto, Manfredi Tumminello chitarre e bouzouki, Antonio Putzu fiati, Pino Ricosta contrabbasso, Emanuele Rinella batteria. I costumi sono di Daniela Cernigliaro, il suono di Ferdinando Di Marco.
Poesia e lirismo quando assumono le sembianze dei pescatori, con i pantaloni arricciati e i piedi nudi. Suonano e raccontano la terra perché quando c’è un legame forte si vince sempre, quel legame con la terra che a volte non lascia scampo ma che ti fa intravedere una speranza.
Se c’è un brano che fa molto riflettere è quello che Incudine fa solo con la sua voce e il mandoloncello, “Cavaddu ciecu di la miniera”, la metafora del cavallo cieco che Modugno usò per denunciare lo sfruttamento dei bambini nelle miniere. In questo spettacolo straordinario Incudine, recita: “La musica è nell’aria, è nel raggio di sole quando vedi l’aria di piccole cose infinite. Poi noi passiamo con la chitarra come con una rete per pescare o per acchiappare le farfalle”. Modugno iniziò con il Centro Sperimentale di Cinematografia, perché sentiva un fuoco dentro; allo steso modo Mario Incudine iniziò dalla sua città Enna, dove ha scelto di risiedere, per volare in tutto il mondo. E a proposito di Volare tutto inizia con la stessa nota che si ripete per 9 volte, sempre uguale e sempre la stessa. La suona al pianoforte il maestro Antonio Vasta che con Incudine ha curato tutti gli arrangiamenti. E’ grazie all’intuizione che hanno avuto i due registi Ovadia e Cutino, che nel finale arriva la più celebre delle canzoni di Modugno, “Volare”, che Incudine canta a cappella, solo con l’eco della sua voce nuda, come se fosse un ricordo. A piedi nudi al centro del palco con la potenza di chi, come lui che in questi ultimi anni ha raggiunto un successo incredibile, ma che rimane ancorato a terra, fedele alle sue origini a dimostrazione che chiunque può mettere le ali e puntare sempre più in alto.
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Cultura
Festa della Repubblica all’insegna della solidarietà

La solidarietà è “un valore iscritto anche tra i primi articoli della nostra Costituzione che, nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili della persona, richiama il dovere di solidarietà politica, economica, sociale”. “Un valore che riveste carattere universale, rivolto all’intera comunità umana, e che la nostra Carta fondativa ha fatto proprio”. Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio in occasione della Festa della Repubblica ricordando le popolazioni dell’ Emilia Romagna colpite dall’alluvione e dal fango.
Anche il Ministro della Protezione Civile e delle politiche del mare, Sen. Nello Musumeci, in Piazza Università, insieme al Prefetto, Maria Carmela Librizzi, ha ribadito il valore della Repubblica nel 77° anniversario e i principi sanciti dalla Carta Costituzionale che compie 75 anni dall’entrata in vigore.
Con una spiccata sensibilità pedagogica il Prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi, ha voluto rendere gli studenti protagonisti dell’evento.
Giorno 1 giugno gli studenti del Conservatorio musicale hanno eseguito un saggio musicale ed hanno consegnato le Onorificenze dell’Ordine al Merito della Repubblica a 2 neo Insigniti del titolo di “Ufficiale” e a 10 nuovi “Cavalieri della Repubblica”.
Giorno 2 giugno, la cerimonia della Festa della Repubblica si è svolta in piazza Università e dopo il Messaggio del Presidente della Repubblica, il saluto del Prefetto e del Ministro Sen. Nello Musumeci, gli studenti del Liceo “Secusio” di Caltagirone hanno presentato un lodevole progetto premiato al Senato il 30 maggio sulle “Madri della Costituzione” ricordando anche le due donne siciliane che hanno fatto parte dell’Assemblea Costituente: Ottavia Penna Buscemi di Caltagirone e Maria Nicotra Fiorini di Catania.
Come già lo scorso, sono stati protagonisti 25 “Ragazzi sindaci” della provincia etnea e alcuni di loro hanno consegnato ai 10 familiari dei deportati e internati nei campi di lavoro durante il secondo conflitto mondiale le medaglie di riconoscimento.
Al termine della cerimonia i Ragazzi Sindaci si sono incontrati con l’Arcivescovo Mons Luigi Renna e con il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale, Emilio Grasso, i quali hanno molto apprezzato l’impegno civico dei ragazzi nell’esercizio della democrazia e della partecipazione attiva nella scuola- piccola città.
Giuseppe Adernò
Cinema
La lezione di Martin Scorsese

Oggi per fare film “c’è un’enorme ricchezza. Il vecchio cinema e l’andare a vedere un film sul grande schermo possono essere in via d’estinzione, come tutti sappiamo ma c’è anche un nuovo mondo aperto, e questo è entusiasmante, grazie alle nuove tecnologie.
Oggi tutti possono girare un film, ma proprio questa maggiore libertà può rendere per voi le cose più difficili”. Parola di Martin Scorsese, protagonista ieri in una masterclass con gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma (poi visto a ingresso libero in mattinata alla Casa del Cinema), uno degli appuntamenti del suo soggiorno romano, che comprende stasera un altro incontro alla Casa del Cinema per inaugurare con Mean Streets il programma della rassegna “Carta bianca” che il regista ha curato ad hoc.
Nella conversazione con gli studenti, Scorsese si è soffermato sulla sua formazione da regista e su come è nata la sua passione per il cinema passata per Hollywood, il neorealismo (“Il cinema che sentivo più vicino”) e le nouvelle vague degli anni ’60: “Per fare film devi capire dove sei nella vita e come ci sei arrivato. Il mondo per come è oggi ti obbliga a non vivere in un vuoto. Bisogna acquisire conoscenza e consapevolezza dei maestri e anche di quelli che non lo sono stati. Studiare attraverso loro elementi come la composizione, struttura, la lingua, il colore, o assenza di colore. I maestri ti aiutano a trovare te stesso ma questo non vuol dire imitarli, Spesso si impara dai maestri solo per metterli via. Bisogna trovare la propria voce. Poi più avanti magari quei maestri li vai a riscoprire. A me ad esempio è successo con Ozu”. Il cinema “nasce da quello che permetti di vedere allo spettatore nell’inquadratura che hai scelto, dal mostrare al pubblico cosa guardare e come”.
Come regista “non so se scoprire un personaggio è qualcosa che so fare o posso guidare un attore a farlo. Con De Niro ad esempio per Mean Streets parlavamo a stento, perché ci conosciamo da quando avevamo 16 anni, e lui conosceva come me il quartiere e le persone di cui parlavamo. E’ l’unico ancora in vita che conosce il mondo da cui vengo”. Anche per Taxi driver “è stato così. In quel personaggio, la solitudine, il senso di paranoia, il venire isolato era qualcosa che conoscevamo e provavamo, come quella rabbia che schiuma dentro. Non c’era granché di cui parlare”. Per Toro scatenato, “abbiamo chiesto a Paul Schrader di scrivere la sceneggiatura, poi De Niro mi ha portato su un’isola, anche se io da newyorchese odio la sabbia e le spiagge, mentre lui le ama. Ci siamo stati due settimane e mezzo e abbiamo costruito, mettendolo in scena, tutto il film”.
Il regista prova una sintonia simile anche con attori come Ellen Burstyn, Daniel Day Lewis e ora con Leonardo DiCaprio.
“Lavoro con lui perché ha lo stesso mio interesse nelle domande sulla condizione umana anche se ha 30 anni meno di me. Ho imparato da The aviator che non ha paura di andare (emotivamente) in certi posti, non ha la paura di essere respinto dagli spettatori”. Il lavoro con gli attori “è come un organismo vivo che cresce e si sviluppa ogni giorno e mi piace essere come il pubblico per i miei attori”.
Oggi, conclude Scorsese, “spero che il pubblico continui a vedere in me il tentativo di voler studiare cos’è un essere umano, mi auguro che questo arrivi e tocchi l’animo, da The Irishman a Hugo Cabret, un film che ho fatto per mia figlia Francesca quando aveva 10 anni”. In occasione della sua visita al Centro Sperimentale, c’è stata anche per alcuni allievi del corso di sceneggiatura, la possibilità offerta in esclusiva da Hollywood Reporter Roma, di raccontare l’incontro condotto dal presidente della Fondazione Cinema per Roma Gianluca Farinelli: il risultato è uno script, o meglio una chat di gruppo, pubblicata sulla testata, che ripercorre racconti e consigli, aneddoti e suggestioni. (ANSA).
Cinema
Ecco tutti i vincitori dei David di Donatello

Le otto montagne di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch è il miglior film della 68° edizione dei Premi David di Donatello. «Un viaggio incredibile. Perché due belgi fanno un film italiano in italiano sulle Alpi? Una storia e un libro incredibile», ha detto il regista dal palco degli studi Cinecittà Lumina. Ad annunciare il vincitore della statuetta più ambita è stata Piera Detassis, presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano. In programma nella scaletta c’erano 25 premi divisi per varie categorie, senza contare i David alla Carriera a Marina Cicogna e i David Speciali consegnati a Isabella Rossellini e Enrico Vanzina. Carlo Conti ha aperto la cerimonia citando le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Il cinema è tutti noi».
Marco Bellocchio miglior regista per «Esterno notte»
A vincere il David di Donatello 2023 come miglior regista è Marco Bellocchio per Esterno Notte. «Non me lo aspettavo, però lo accetto. Quando si diventa vecchi non bisogna fermarsi», ha detto sul palco.
Barbara Ronchi e Fabrizio Gifuni migliori attori protagonisti
Il premio come migliore attrice protagonista è invece andato a Barbara Ronchi per Settembre, che ha battuto Margherita Buy per Effetto notte e Penelope Cruz con L’immensità. «Non so se ridere o piangere. Dedico il premio a due uomini che illuminano la mia vita, se brillo è grazie a loro: Alessandro e Giovanni, che è a casa. Amore, mamma ha vinto il David!», ha detto Ronchi. Miglior attore protagonista anche Fabrizio Gifuni per Esterno notte di Marco Bellocchio in cui interpreta Aldo Moro. «Ringrazio la mia lentezza e la mia fragilità in questi tempi così decadenti», ha affermato dagli studi Cinecittà Lumina.
Emanuela Fanelli miglior attrice non protagonista
Il David di Donatello 2023 per la miglior attrice non protagonista è andato a Emanuela Fanelli per il film Siccità di Paolo Virzì. L’attrice incredula è salita sul palco per i ringraziamenti di rito: «Grazie a Paolo perché mi ha guardato e in questa mestiere bellissimo bisogna essere visti. Non so come abbia fatto a vedere lo sketch in cui prendevo in giro la periferia romana». Classe 1986, romana e comica amatissima, Fanelli ha dedicato il premio alle «persone che amo: mamma e papà, mia sorella gli amici che stanno sul divano e hanno fatto le magliette Fanelli di Donatello. Sembro il prete di Viaggi di nozze, ora me ne vado». Poi la battuta: «Mi è sembrato di esordire in Champions League con voi, non so perché ho usato questa metafora visto che non capisco di calcio», ha detto l’attrice riferendosi alla semifinale disputata questa sera, mercoledì 10 maggio, tra Milan e Inter e conclusasi con la vittoria dei neroazzurri per 0 a 2. A vincere tra gli attori non protagonisti, anche Francesco Di Leva per il film Nostalgia di Mario Martone. «Non sapete ma qui ne state premiando due: non avrei vinto senza Pierfrancesco Favino», ha detto Di Leva.
Elodie vince il premio per la miglior canzone
La migliore canzone a vincere il David di Donatello 2023 è Proiettili (ti mangio il cuore) di Joan Thiele, Elisa Toffoli ed Emanuele Triglia, scritta e interpretata da Elodie e Joan Thiele. «Sono felice io non vinco mai», ha detto la cantante romana che è anche interprete nel film Ti mangio il cuore del regista Pippo Mezzapesa.
Migliore regista esordiente: Giulia Louise Steigerwalt
Giulia Louise Steigerwalt vince la statuetta per la migliore regista esordiente per il film Settembre con Barbara Ronchi, Fabrizio Bentivoglio e Thony.
Fotografia a Impens per «Le otto Montagne» e montaggio a Calvelli per «Esterno Notte»
Miglior direttore della fotografia Rubén Impens per Le otto montagne diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Mentre il David di Donatello per il miglior montaggio va a Francesca Calvelli per Esterno notte con la collaborazione di Claudio Misantoni.
«Il Cerchio» miglior documentario
Il premio per il miglior documentario va a Il cerchio di Sophie Chiarello: «Lo dedico ai bambini che possano trovare il loro cerchio che li accoglie», ha detto la regista.
Andò, Chitine e Gaudiosi la miglior sceneggiatura per «La stranezza»
La statuetta per la miglior sceneggiatura va a Roberto Andò con Ugo Chitine e Massimo Gaudioso per La Stranezza, film con Ficarra e Picone e Toni Servillo nei ruolo di Luigi Pirandello.
Premio per la scenografia e i costumi
Entrambi i David di Donatello vanno al film di Roberto Andò, La stranezza. In particolare, Giada Calabria per l’arredamento e Loredana Raffi. Mentre Maria Rita Barbera vince la statuetta per i migliori costumi.
Bollani miglior compositore e Iacoponi vince per il miglior trucco
Il David come miglior compositore è di Stefano Bollani per il film Il pataffio di Francesco Lagi. «La mia prima candidatura, entro nella famiglia del cinema», ha detto. Enrico Iacoponi vince, invece, il miglior trucco per la pellicola di Marco Bellocchio, Esterno Notte.
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